Nelle mani giuste
Letteratura italiana
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Il volto cupo e terribile di un'Italia al bivio
De Cataldo non delude. Dopo "Romanzo criminale", "Nelle mani giuste" svela, attraverso una narrazione incalzante, a volte spiazzante, il volto cupo e terribile di un'Italia al giro di boa. E' finita l'epoca del boom, del terrorismo, della strategia della tensione, dei palazzinari e dei gangster della Magliana. L'Italia sta cambiando pelle. Il muro è caduto, la sinistra è in crisi, il craxismo e la partitocrazia stanno per diventare roba da museo. E' la stagione delle bombe "made in mafia", la stagione di svolta in cui si deve decidere a chi consegnare le chiavi del potere. Chi è l'uomo, o chi sono gli uomini giusti per lo scopo? Giusti, ecco il termine esatto e pungente che non ha nulla di positivo né di negativo: come in un passo di Barry Lyndon, uomini "giusti" non significa i più virtuosi o i meno virtuosi: semplicemente "giusti". Giusti per quello scopo, senza implicazioni etiche.
E allora, per pacificare l'Italia privata del vecchio sistema; per guidare la transizione; per dare uno status al Bel Paese, bisogna trattare, bisogna scendere a compromessi e patti faustiani. Ecco allora personaggi spietati e spesso fumosi al tempo stesso che si muovono in un disegno scelleratamente preciso e funzionale. Trame politiche, americani, forze dell'ordine, servizi segreti tutti in movimento per trovare infine una stasi che convenga a tutti, ivi incluso il popolo che si illuderà che vada tutto bene, con la sua dose di zuppa quotidiana. E finché si ha la zuppa, nessuno si lamenta.
Seguito di Romanzo criminale, dunque? Sì e no: certo, troviamo una vecchia conoscenza, Scialoja che da quella che fu la scrivania del Vecchio, osserva e decide il da farsi. E, ancora una volta, Patrizia/Cinzia. Ma qui è diverso: De Cataldo rispetto a Romanzo criminale, si trova nelle mani una storia più sfuggente, magmatica e meno omogenea: è il caos del cambiamento che rispetto a prima apre scenari più confusi e incerti. C'è senza dubbio una continuità, come sempre, nel cambio di staffetta: finita la Magliana, il braccio armato per svolgere determinati compiti diventa un altro e così via. Ma qui la materia è diversa, meno malleabile e più ardua, se possibile. Allora anche la narrazione si fa più "rocciosa", più spezzettata e a volte si ha l'impressione di non seguire il filo della trama. Ma questo aspetto, da molti giudicato un difetto e motivo di critica, è per me una parte integrante del libro. Un racconto a volte disturbante, che mette il lettore di fronte a scenari spaventosi a fargli comprendere cosa si muove sotto i nostri passi quotidiani e la violenza anonima (e per questo ancor più spaventosa) del divenire politico.
Forse non il primo libro di De Cataldo da leggere, non il più adatto per iniziare. Per apprezzare a pieno questo romanzo, prima andrebbe letto "Romanzo criminale".
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In quali mani consegnare l'Italia?
E’ la storia romanzata dell’Italia nell’ultimo decennio del secolo scorso, una storia senza troppe censure, con personaggi e fatti, come di consueto, di fantasia ma facilmente riconducibili a persone ed eventi reali. Le “mani giuste” sono solo un auspicio, una vaga speranza, poiché quelle narrate sono quelle che negli anni si sono date da fare con qualsiasi mezzo per impadronirsi del potere. Basta solo nominare le vicende legate alla mafia, alla massoneria, ai servizi segreti deviati, a Gladio e alla P2 per rendersi conto di quale sia stata l’influenza di alcuni protagonisti ben noti sulla vita del Paese.
Uno dei temi principali trattati dall’autore è costituito dai rapporti tra Stato e Mafia: le inchieste dei coraggiosi giudici Falcone e Borsellino inaspriscono tali rapporti, ed ecco che interviene uno dei protagonisti, il commissario Scialoja, che tenta di reimpostare nuovi accordi con uno dei più importanti boss mafiosi, Angelino Lo Mastro: emergono carteggi segreti, si tratta per una tregua, con benefici per entrambe le parti in causa. Ma c’è un'altra forza in campo, la cosiddetta Catena: forze paramilitari ben addestrate e senza scrupoli, che mirano ad impossessarsi dei dossier segreti per aumentare la strategia della tensione alleandosi con la Mafia in chiave anticomunista, anche se con la caduta del muro di Berlino i “rossi” non hanno più la forza d’urto di un tempo. Anche i grandi imprenditori di quegli anni hanno trattative da nascondere: rapporti con mafiosi per attività nel Sud, protezioni, patti segreti, che la famosa operazione Mani Pulite cercherà di scardinare, causando crisi aziendali importanti. La Mafia non potrà che ricorrere a tentativi estremi per riemergere: stragi e azioni dimostrative a Firenze, Milano e Roma, compreso l’attentato a Maurizio Costanzo. L’entrata in politica di Berlusconi sembra calmare gli animi, un nuovo movimento liberaldemocratico, auspicato a suon di grancassa da un giornalista amico e schierato a destra, Emanuele Carù (facilmente individuabile), invita a tenui speranze e, forse, a tentativi di pacificazione nazionale.
In estrema sintesi la storia è questa. Alcuni personaggi coinvolti sono di fantasia, molti altri hanno un riscontro nella realtà (per saperne di più, sono ben esplicitati su Wikipedia). Non mancano importanti figure femminili, tra le quali spiccano Cinzia Vallesi, detta Patrizia, e Maya, moglie e figlia di grandi industriali del Nord (facilmente individuabili): la prima, passionale ed alla ricerca disperata di un amore duraturo, è la moglie del capo della Catena, che la fa uccidere scoprendo che è l’amante del commissario Scialoja, la seconda sembra estranea al mondo corrotto che la circonda e cerca di aiutare sbandati e perseguitati.
La storia di De Cataldo è rivelatrice di molte verità, in primis l’infiltrazione massiva della Mafia in ogni ganglio del potere, al punto da rendere indispensabili accordi segreti e carceri meno dure per evitare pericolosi ricatti. Del resto, scrive l’autore, in quali “mani giuste” potrebbero finire gli italiani, che “… un bel giorno si sarebbero svegliati con in testa un mucchietto di idee ben precise sul loro presente e sul loro Paese. Gli zingari rompono i coglioni, i negri puzzano, Le donne sono tutte puttane, e quelle che abortiscono lo sono più di tutte. I carcerati devono starsene in galera. Tutti hanno diritto di armarsi per difendere la proprietà privata … si tratta solo di estrarre il peggio che gli italiani si portano dentro da sempre” ?
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In cerca di un padrone
“La zona grigia ha questo di bello, pensava Stalin Rossetti: quando ci sei dentro, sei al centro del mondo, e nulla di ciò che di veramente interessante, di potenzialmente conveniente accade, nulla può sfuggirti. Ma basta un piccolo momento di distrazione ed ecco che sei fuori. E allora la Storia ti passa accanto, ti inquadra con i suoi occhietti maligni e in men che non si dica ti scarta.”
La banda della Magliana non c'è più... è già un fatto passato, storia minore: tutti morti (come il Dandi e il Libanese) o ectoplasmi incapaci di ricostruire un sodalizio criminale che possa tenere in pugno la città.
A Roma è di nuovo il caos. In tutta Italia il caos è ancora una volta protagonista. Come in una congiunzione astrale, dove tanti episodi si incrociano, per dar vita ad una nuova era. Nel mondo, la caduta del comunismo. In Italia, i giudici. Sono loro, inconsapevoli, a scoperchiare il vaso dei mali, a creare il vuoto che deve essere necessariamente riempito, nella lotta impari tra uno Stato messo male e le molteplici trame occulte. Personaggi di tutti i generi – politici di opposte fazioni, agenti dei servizi, mafiosi di vecchia e nuova generazione – cospirano affinché l'Italia, al termine di questo intermezzo di anarchia, finisca “Nelle mani giuste”. Ed ognuno ha una sua opinione su quali siano quelle giuste...
Questo volume, datato, 2007 dovrebbe rappresentare l'ideale sequel di “Romanzo criminale”. Inizia esattamente dove finisce il primo (cioè agli albori degli anni '90), ha tra i protagonisti un protagonista del precedente romanzo (il poliziotto Nicola Scialoja), è scritto con lo stesso stile.
In realtà, a fronte di un precedente così importante, “Nelle mani giuste” fallisce miserevolmente.
Lo stile asciutto, rapido, guizzante di De Cataldo è perfetto per raccontare una concatenazione continua di fatti, che danno contenuto immediato e progressivo ad una storia; quando si prova ad applicare lo stesso stile a sequenze di supposizioni, ragionamenti, teorie che convivono con i fatti e spesso li sostituiscono, l'architettura del racconto è la prima a crollare. La lettura diventa davvero faticosa.
In secondo luogo, la prosecuzione della vicenda di Scialoja rovina il bel ricordo che di questo personaggio ci si era costruiti con “Romanzo criminale”. In verità già nel finale di quel volume si aveva l'impressione di un'accelerata evoluzione (in realtà, involuzione) della figura del poliziotto; una evoluzione che in questo libro si completa, facendo “cappottare” il personaggio su se stesso (fino ad evocare lo strano caso del Dr. Jekyll e di Mr. Hyde, che però aveva tutt'altro intento). E' un peccato: la figura di Scialoja, così complessa nel precedente romanzo, diventa adesso inverosimile.
In definitiva, De Cataldo avrebbe voluto rendere la sensazione del vuoto di potere di anni bui attraverso il racconto di personaggi del “sottobosco”, mantenendo costantemente a vista la storia d'Italia che culminerà con la “discesa in campo” di Silvio Berlusconi (eccole, le mani giuste). Invece realizza un volume sfilacciato, senza mordente, continuamente diviso tra Storia e storie, in un andamento schizofrenico e deludente.
Alla luce di quanto fatto vedere in “Romanzo criminale”, senza dubbio un libro sbagliato.