Nei mari estremi
Letteratura italiana
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FRAGMENTA
“Vorrei dire questo: il suo stile, cioè il suo linguaggio, era simile al mio nella scrittura:concreto per le sensazioni, reticente sui fatti, segreto ma non ipocrita nei sentimenti.”
Lui è Innocenzo Monti, il marito, e lei ne parla con infinito rispetto e con grande senso estetico, gli occhi di una pittrice, nell’intimo una donna libera e selvaggia. La lettura di questi scritti sparpagliati, di questi appunti, di queste sensazioni fermate su carta restituisce un ritratto femminile che rimane impresso. Colpisce l’estrema indipendenza intellettuale dentro un matrimonio durato cinquantadue anni, fa riflettere la sua sincerità tagliente nel raffigurarsi anche nei tratti meno edificanti del carattere. Una sincerità che apprezzo moltissimo e trovo rara nelle persone, nella vita. Lo scritto vive di questa intima organicità che la struttura in brevi bozzetti divisi e insieme racchiusi in due parti intitolate “Quattro anni”(quelli del periodo precedente il matrimonio) e “Quattro mesi”( quelli della malattia che prepara al distacco finale) sembra voler negare.
Si tratta di riflessioni, pensieri rincorrenti, immagini che costellano l’universo pensato e siglano l’universo vissuto di Lalla Romano. Un paesaggio, un quadro, una lettura, una musica, un gesto, un modo di essere precisamente associati a un evento, a un’occasione, a una prova d’amore e di vita. Colpisce ancora l’ambivalenza del sentimento amoroso così efficacemente vissuto e rappresentato :la profonda conoscenza e accettazione dei pregi e dei limiti dell’essere amato (restituita qui secondo il punto di vista del marito; l’oggetto è dunque Lalla), la condivisione dell’esistenza, la consapevolezza dell’individualità fatta di egoismo e di incapacità riversati nel rapporto di coppia.
Tratti decadenti maggiormente presenti o da me avvertiti nella prima sezione e rara e fine poesia nella seconda dove il racconto di morte e amore, di malattia e vecchiaia, e con essa lo spettro della solitudine, possono portare alla commozione, rendendo partecipe il lettore del sentimento dell’esistenza pur nelle vicissitudini individuali .
Quando le pagine di uno scritto restituiscono in maniera così efficace l’universalità del sentire, del patire, del gioire umano, non posso che ritrovarmi d’accordo con chi annovera l’autrice nell’Olimpo delle grandi scrittrici oltreché delle grandi donne secondo una mia personale convinzione di cosa significhi esserlo.
Indicazioni utili
Una grande testimonianza umana
Questo libro di Lalla Romano è un memoir amoroso, e non può che parlare (anche) di morte. Non ci sono cadute macabre né compiacimenti sentimentali. Consta di due parti: la prima, "Quattro anni", relativa alla conoscenza col futuro marito Innocenzo Monti; la seconda, "Quattro mesi", resoconto della malattia di lui, "diminutio" e progressivo allontanamento che lo condurrà alla Fine (ma l'Eterno, come si dice nella postfazione, è tempesta). Un'opera di altissima testimonianza umana, di sentimenti grandi, senza pose né allusioni monumentali, in cui riverbera con spaventosa purezza il mito di Eros e Thanatos. L'amore, nella maggior parte dei casi, implica un addio tragico, e il dilemma: meglio morire prima o dopo dell'altro? Il "destino biologico" non si può decidere, va da sé, e il libro lo racconta affidandosi a una prosa asciutta, levigata. Gli affetti, l'amicizia, i ricordi dell'infanzia, tutto converge in questa storia a due, tra libertà e possesso, spirito e carnalità. C'è Lei, l'artista coi suoi egoismi e slanci, l'intemperanza, la pretesa di vita selvaggia; e c'è Lui, Innocenzo, l'uomo di banca che fa carriera, poeta che non scrive, ma erudito, fruitore d'arte - superiore in tutto poiché senza atteggiamenti, senza vanità d'autore. "Nei mari estremi" è una sorta di omaggio, l'ultimo, all'uomo meraviglioso, il compagno, il maestro di pietà di Lalla Romano - degno dell'amore che li ha uniti in vita, questo sentimento è rivissuto pagina dopo pagina con onestà e, in una certa misura, con sconcerto: perché è assurdo che sia finito (in due tombe sovrapposte, come stavano nel vagone letto; lui sotto, lei sopra).
In termini letterari il romanzo è formidabile, aggira l'autoreferenzialità per osservare con distacco perfino la disperazione - senza urlarla, senza gettarla addosso al lettore. Tutto è sobrio, se non addirittura austero - una bellezza senza ornamenti, di pensiero filosofico che amoreggia, di astrazioni che si fanno corpo, e talamo. Ancor più di un libro stupendo, una lezione, una vera e propria "stilistica" dell'Amor Profano.