Museo d'ombre
Letteratura italiana
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Fermare il tempo
Fermare il tempo è un desiderio che abbiamo tutti, ma se non ci è possibile farlo con quello corrente, è invece fattibile con quello trascorso, soprattutto da molti anni. È con la memoria che si ripercorrono fatti ed eventi del passato che per noi, consapevoli o no, hanno avuto un significato. Gesualdo Bufalino, quasi naufrago in una Comiso moderna, ha deciso di fissare il ricordo di quello che era la sua città molti anni addietro, possibilmente coincidenti con la sua giovinezza, un percorso storico indispensabile non solo all’autore, ma anche ai posteri, affinchè abbiano conoscenza da dove vennero. Il suo è un lavoro schematico, tanto che ha diviso questo libriccino in sei capitoletti, dedicati rispettivamente a Mestieri scomparsi, Luoghi d’una volta, Antiche locuzioni illustrate, Motti e proverbi neri, Piccole stampe degli anni Trenta, Facce lontane. A ognuno di questi titoli corrisponde qualche cosa di specifico che c’era un tempo e che adesso non esiste più, in una dimensione che porta a rivivere all’autore un’epoca lontana, con la capacità di incuriosire il lettore odierno, a volte spaesato per certi modi di vivere, certi mestieri che possono sembrare frutto di fantasia, ma che non lo sono. Preceduti da una breve, ma assai interessante introduzione, i capitoletti tematici, così come svolti, si fanno apprezzare per l’acume dell’estensore e la capacità di non scivolare nella tristezza che spesso s’accompagna alla memoria, anzi non sono rari gli spunti ironici, che riescono a strappare più di un sorriso, pur in una dolce atmosfera malinconica a cui è piacevole abbandonarsi.
Bufalino dimostra ancora una volta di più la sua grande capacità di attrarre il lettore con una scrittura apparentemente semplice, ma che spicca per il ricorso a un italiano perfetto e per un periodare non di rado lungo, ma che non stanca. In questi libro, che, a scanso d’equivoci, pur buono non può essere considerato fra i migliori dell’autore, la curiosità funziona alla perfezione ed è proprio questa scoperta di un mondo che ignoravamo la chiave di volta per comprendere le finalità del narratore. Più ci è dato di sapere del passato, di un tempo in cui magari non eravamo ancora nati, più ci sarà possibile percorrere con consapevolezza l’impervia strada della vita. E il passato può essere tante cose, il maniscalco che ferrava asini e cavalli, il venditore di lupini, il bindolo con l’asino incappucciato che traeva l’acqua, un mondo che non è l’invenzione di uno spirito artistico, ma è quella realtà ormai tramontata che in fin dei conti è un po’ parte di noi, solo che non lo sapevamo. Noi siamo, perché altri c’erano prima e i nostri posteri vivranno solo perché noi siamo stati.
Da leggere.