Mi chiamo...
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La bella e maledetta storia di Mia Martini
Questo libro non mi è piaciuto. Mi dispiace ma, leggendolo, al di là della bella e sensibile persona che è stata Mia Martini, non c'è stata da parte mia alcuna empatia anzi il libro mi ha fatto provare una sensazione di estraneità a quella storia, a quella vita.
Io leggo molte biografie (romanzate e non) e di solito, andando avanti nella lettura, sembra che quella vita un po' ti appartenga, c'è immedesimazione, curiosità per come il personaggio in questione si è posto rispetto agli accadimenti della propria esistenza. Ecco, questa partecipazione manca del tutto in questo piccolo libro scritto sotto la forma di monologo-poesia, sincopato come una canzone.
Mancano degli interi periodi di vita come il rapporto che Mia ebbe con Ivano Fossati che ha segnato, nel bene e nel male, il suo percorso umano e professionale: anche il troppo amore può distruggerti come può farlo l'estrema sensibilità che infatti la condusse sulla strada degli stupefacenti.
Questo monologo delle ultime ore, della solitudine, è troppo incentrato solo sulla vicenda della "portatrice di jella" che, pur decretando la sua emarginazione, non è la sola ad averla portata alla fine in quella camera da letto in provincia di Varese.
Mi è sembrato infine un mero esercizio di stile poetico, c'è troppo dell'autore (talentuoso per carità, a me piace Aldo Nove) e poco del personaggio.
Non credo che la poesia si addica alla forma letteraria della biografia, si tralascia troppo di tutto. Non c'è nemmeno la musicale poetica di un tributo come lo è stato "Candle in the wind" per Marilyn Monroe ma questa è un'altra storia.
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"Sai la gente e' strana
cambia idea improvvisamente,
prima la verita' poi mentira' lui,
senza serieta' come fosse niente."
Biografia e' un genere letterario che nulla ha a che vedere con questo delizioso volumetto. Perche' se normalmente la categoria si propone di scavare nella vita di una persona in maniera approfondita e documentata, Aldo Nove ci offre un manoscritto del tutto originale in questo senso.
Leggendo il libro ho vissuto infatti non la biografia di una donna, ma di un'anima.
L'autore cammina a ritroso nel tempo rivisitando con piccoli aneddoti la vita di Domenica Berte' bambina , poi procedendo con lo scorrere degli anni e degli eventi egli ricostruisce stati d'animo , sogni e ambizioni, disperazione e solitudine di una creatura che voleva una cosa sola : cantare.
Mia sapeva farlo molto bene, un sogno che aveva fin da piccola e che divenne una necessita' molto comune : desiderare di condividere la propria arte, trasmettere gioia e dolore attraverso le canzoni ad un pubblico.
La gente e' strana, prima ti ama e poi ti odia.
Dopo il successo giunsero le malelingue, Mia isolata, lasciata sola, innominata fino al tragico epilogo .
"Gli uomini ti cambiano
E tu piangi mille notti di perché
Invece, gli uomini ti uccidono
E con gli amici vanno a ridere di te. "
Per nulla richiama all'epitaffio lo scritto di Nove, anzi con prosa poetica e talvolta poesia vera e propria, esso non e' altro che un inno alla vita, un inno alla memoria di una cantante infelice cui la morte non ha imposto il silenzio ma ha restituito il meritato splendore . Ed il suo canto torna e ritorna, con quel timbro indimenticabile, con quelle note e quei testi che emozionano sempre come fosse la prima volta.
Delizioso, buona lettura e grazie mille Bruno Elpis, difficilmente avrei scovato il titolo senza di te.
Ps. Il voto striminzito allo stile e' per Skira, piu' che per l'autore.
Perche' se gli errori grammaticali- qui assenti- sono cellule maligne, i refusi sono comunque cicatrici. Il libro non merita quel paio che ho trovato ed i 14 euro spesi valgon bene un editing impeccabile.
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Commento di Bruno E.
Aldo Nove compone con “Mi chiamo …” un’opera poetica incentrata sulla figura tragica di una cantante dalla voce unica: Mia Martini.
Più che una biografia romanzata, l’opera di Aldo Nove ripercorre pensieri e sentimenti di un’artista sensibile, distrutta dall’invidia, dalla maldicenza e dalla superstizione.
La narrazione è disseminata anche di richiami alle liriche dell’artista:
“La gente è strana.
La gente è matta. A volte sparisce.”
E di episodi che ripercorrono alcune tappe di una vita troppo breve e minata dalla maledizione:
“Se c’è una cosa che fa male è quando dicono che sei troppo brava … è una maledizione”.
Oltre che dal malessere:
“Non è nulla. Sto bene. E’ soltanto un attacco di panico …”
Nonostante la passione per la musica e per i suoi versi:
“Le piccole parole del nostro cuore io le ho amate tutte”.
Gli inizi promettenti sono colorati dall’epoca hippy:
“Il pubblico era tutto un ondeggiare di mani alzate, un corpo solo attraversato da un immenso entusiasmo.
Quello era essere hippy”.
Poi arriva il successo internazionale, la collaborazione con Aznavour, l’Olympia di Parigi.
Ma la scure dell’invidia e l’accetta dell’ignoranza si abbattono troppo presto su una delle cantanti più amate di ogni tempo, attribuendole il ruolo di iettatrice e stroncandone la carriera.
Un piccolo libro carico di poesia, ricco di riferimenti culturali e di struggimento per l’indimenticabile voce che ha cantato un drammatico destino, regalando a tutti noi sensazioni uniche.
Bruno Elpis