Memoriale Memoriale

Memoriale

Letteratura italiana

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Prigioniero in Germania nell'ultima fase della Seconda guerra mondiale, vittima in prigionia di tubercolosi polmonare e tormentato fin dall'infanzia dalla inguaribile malattia della solitudine, quando viene assunto da una grande fabbrica del Nord, Albino Saluggia si illude di poter cambiare vita e finalmente di guarire da tutti i suoi mali. Ma l'ingresso nel mondo del lavoro si rivela per lui ben presto un guaio peggiore della disoccupazione e da questo momento l'esistenza di Saluggia si complica diventando un nodo di inestricabile follia. "Memoriale" (1962) è il capolavoro che sbaragliò le discussioni degli anni Sessanta sui rapporti tra letteratura e industria. La storia dell'operaio Saluggia si sottrae a qualsiasi modello ideologico e diventa, a distanza di anni, un capitolo della nostra storia.



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Memoriale 2022-08-19 12:58:46 LuigiF
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LuigiF Opinione inserita da LuigiF    19 Agosto, 2022
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Una sofferenza insostenibile

Raramente un'opera letteraria riesce a comunicare la sofferenza umana con tale intensità.
Parte della critica, ai tempi fortemente ideologizzata, volle vedere in questo primo romanzo di uno scrittore tanto bravo quanto oggi dimenticato, una denuncia al processo d'industrializzazione e alla disumanizzazione del lavoro di fabbrica in una Italia che emergeva dalla guerra e si avviava verso il vertiginoso miracolo economico. L' impegno politico del militante Volponi ha certo influenzato tale percezione, eppure questa lettura mi pare assai riduttiva e non coglie il reale valore dell'opera. Il cupo contesto industriale fa in realtà soltanto da sfondo a un racconto incentrato sulla sofferenza individuale piuttosto che su di una generica denuncia sociale. Il valore letterario del romanzo risiede nella sorprendente capacità dell'autore nel rendere l'angoscia dell'individuo di fronte a solitudine e malattia in un processo irreversibile di crescente disagio esistenziale. Nel farlo, Volponi utilizza uno stile originale e autentico reso assai efficace dal racconto in prima persona.

Albino Saluggia, questo il nome del protagonista, è un reduce di guerra. Durante la permanenza in un campo di prigionia tedesco, ha contratto la tubercolosi, malattia ignominiosa che la sua psiche debole sempre rifiuterà di accettare. Nella casa sul lago di Candia, Albino convive con la vecchia madre alcolizzata e depressa. Il loro rapporto è caratterizzato da una incomunicabilità astiosa in cui i due sembrano rinfacciarsi a vicenda la miseria della propria vita. Due macchie sul muro, l'indiano e lo scarpone, sono gli unici compagni cui rivolgere amare riflessioni di una mente malata.
Trova lavoro in fabbrica e su di esso Saluggia riversa tutte le proprie speranze di cambiamento nonché il sofferto desiderio di essere accettato dalla comunità. Tali speranze svaniranno ben presto e il processo di progressiva alienazione troverà anzi nuova linfa. Non sono tanto gli aspetti del ripetitivo lavoro materiale a opprimerlo. Albino si sente perseguitato dai medici della fabbrica che lo sottopongono a visite continue. L'impersonale automatismo con cui viene additato come malato cronico e, come tale, necessitante di cure mediche, finisce per logorarlo psicologicamente. Paradossalmente la parte "buona" della fabbrica, quella deputata a curare e prendersi cura degli operai, diviene ai suoi occhi strumento di tortura. Albino è ossessionato da manie di persecuzione e ovunque intravede complotti ai suoi danni.
Comincia un fuori e dentro dai sanatori dove gli è negata ogni forma di solidarietà umana e dove gli altri pazienti deridono le sue inibizioni sessuali e le sue molteplici stranezze. Finisce nelle mani di maghi e guaritori descritti in alcune delle pagine più potenti del romanzo. Questi lo truffano e derubano crudelmente sfruttandone la debolezza psichica, il desiderio di affetto e l'irrazionale volontà di dimostrarsi sano. Si invaghisce di donne facili, vive amori che non si concretizzano mai, ma che lo lasciano nella prostrazione di uomo tradito negli affetti.
Infine, ristabilitosi dopo un lungo periodo di convalescenza forzata, ritorna in fabbrica dove gli viene assegnato un lavoro di custode più consono al suo precario stato di salute. Verrà coinvolto in proteste operaie che sfoceranno in uno sciopero e, seppure volgendovi un ruolo attivo, la sua adesione alla causa resterà individuale e mai realmente condivisa.

"Memoriale" è romanzo di difficile collocazione, ma che senz'altro appartiene alla migliore letteratura del nostro dopoguerra. Racchiude elementi di modernità e una acuta sensibilità verso tematiche quali l'emarginazione sociale e i processi di estraneamento dell'uomo contemporaneo. Non stupisce che l'opera abbia trovato grande apprezzamento in scrittori come Pasolini.
La sofferenza di Albino Saluggia è prima di tutto esperienza individuale e il collettivismo esasperato che, con le sue distorsioni, caratterizzava quel periodo storico, pare accentuarne gli aspetti dolorosi piuttosto che portare un qualsivoglia sollievo.

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Memoriale 2019-10-14 09:48:07 Mario Inisi
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Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    14 Ottobre, 2019
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Nostra madre fabbrica

Memoriale è uno dei libri più interessanti di Volponi, scrittore urbinate dallo stile impeccabile, a volte un po’ ostico per il contenuto (non in questo romanzo). Memoriale coniuga l’originalità del protagonista, Albino Saluggia, operaio strappato come tanti alla vita dei campi, al modo originale dell’autore di guardare l’esperienza della fabbrica. La fabbrica in cui lavora Albino ha un aspetto insolitamente materno, come doveva essere la Olivetti di cui Volponi è stato consulente. Non una fabbrica qualsiasi dunque, ma la fabbrica ideale. Agli operai sono concesse visite mediche, sussidi alla famiglia se in difficoltà, vacanze di un mese in montagna in albergo a spese della ditta, soggiorni di cura, visite da luminari (più di uno). C’è anche amore dell’operaio per il suo lavoro, non solo alienazione. D’altra parte proprio l'aspetto materno della fabbrica la rende subdola, lega ancora di più l’operaio suscitando in lui una feroce ribellione. L’aspetto ordinato, sacrale, la sicurezza economica, la tutela della salute e i sussidi alla famiglia rispetto al rischio del lavoro dei campi legato alle bizzarrie del tempo e alla salute del lavoratore sono una catena psicologica. La fabbrica assomiglia alla madre del protagonista che solo verso la fine del romanzo rivela il suo volto più squallido. Tra Albino e la fabbrica c’è un braccio di ferro silenzioso, sempre più pressante, simile a quello che si stabilisce in casa tra lui e la madre.
Nonostante la disponibilità del datore di lavoro, c’è una enorme difficoltà di comunicazione tra l’operaio e la fabbrica, ( e tra Albino e la madre), una impossibilità di aiutarsi reciprocamente quasi fosse inevitabile stare ai due lati di una barricata. Albino, malato di TBC, è anche affetto da una malattia nervosa, soffre di manie di persecuzione. Ma il suo atteggiamento patologico, la sua incapacità di comprendere la realtà rientra in una modalità diffusa dell’operaio di guardare le cose cogliendone il marcio dove c’è e dove non c’è. Probabilmente Albino cova la stessa divisione nell’animo- una oscillazione tra amore e odio- che nutre l’autore nei confronti della fabbrica. Da una parte, da comunista è portato ideologicamente alla lotta di classe, dall’altra è consulente della Olivetti che, con le sue materne aperture ai lavoratori, è disarmante. Tuttavia, resta questa incomunicabilità reciproca, che rende inevitabile la lotta e impossibile una sana collaborazione. La disponibilità del datore di lavoro suscita essa stessa ribellione anziché gratitudine come fosse una catena nascosta, per imbrogliare e catturare meglio la sua preda con l’inganno, anziché con un onesto scontro.

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