Matrigna
Letteratura italiana
Editore
Recensione della Redazione QLibri
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Le piccole mani
“Dove sono andato, Noemi?” - una vocetta nei sogni - “Vuoi veramente saperlo? Preparati che sto per dirti una cosa bella: è successo una mattina, sentivo le ali forti forti, così ho provato ad alzarmi in volo. E ho volato, io volavo! E sono volato su, più su, nel cielo dove riuscivo a vedere il giardino, il tetto, la strada, le cave. E dall’alto, io vi guardo sempre dall’alto Noemi, continuo a guardarvi, non dimenticarlo, quella mattina io vedevo voi, piccoli, che mi cercavate.”
Noemi, 9 anni, mani troppo piccole per stringerne altre ancor più piccole, mentre la calca aumenta, mentre mamma è più avanti, impegnata ad inseguire fotografi cui esibire il suo bambino. E’ così che Andrea perde la stretta della piccola sorella. O forse è Noemi a non essere capace di tenerlo a sé.
Passano i giorni, tra le ricerche della polizia, le domande dei giornalisti, i falsi avvistamenti, i gesti di solidarietà, le chiacchiere malevole, l’affievolirsi dell’interesse… Passano gli anni di Noemi, tra la fragilità di sua madre, l’adolescenza, la voglia di fuggire in città, la morte di suo padre, infarto fulminante, l’università, l’incontro con Davide.
Noemi è matura. Determinata a non subire alcun senso di colpa. E’ forte, a suo modo, Noemi. E così non dimentica, non rimuove: non si assopisce, in lei, il desiderio di sapere, e quello – diverso – di comprendere, attraverso i ricordi della bambina e le capacità della donna.
Comprendere, prima di ogni cosa, chi sono – realmente e senza finzioni – i familiari attorno ai quali si è dipanato l’infelice evento, e quel che è venuto dopo…
Ci sono romanzi nei quali il come (raccontare una vicenda) rappresenta, per l’autore, una sfida più affascinante rispetto al cosa, alla vicenda stessa.
“Matrigna”, di Teresa Ciabatti, gira secondo il moto di gravitazione di un pianeta sul proprio asse: in modo regolare, progressivo, immodificabile, alcune zone del racconto vengono alla luce, mentre altre tornano in ombra. Zone che corrispondono ad altrettanti personaggi. Sono, fino agli ultimi capitoli del libro, quasi esclusivamente personaggi femminili – Noemi, sua madre, sua zia –, mentre quelli maschili restano in disparte, esistenti più che altro nei ricordi (tristi), nelle preghiere, nelle invocazioni, nei rimpianti. Se ne distaccano Davide e Luca, figure in certo modo parallele: punti di riferimento, il primo per Noemi, il secondo per sua madre. Ma la ragazza, grata a Davide, non può esserlo a Luca, del quale comincia a diffidare: troppo giovane (rispetto alla madre), troppo sfuggente… E’ da qui, da qualcosa che succede molto tempo dopo la scomparsa del fratello, che imprevedibilmente nascono i presupposti per “risolvere” il mistero.
Non il racconto di un evento-limite dunque, ma qualcosa di più complesso: lo sguardo soggettivo su un evento-limite e sul modo in cui le vite scorrono attorno a (ed in memoria di) esso.
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La figlia "meno amata"
È il primo libro che leggo della Ciabatti, non ho letto (ancora) "La più amata" perché troppo influenzata dai tanti commenti (per lo più negativi) che imperversavano in quel periodo...(quando c'è di mezzo lo Strega poi, è tutto un delirio).
E non mi piace leggere quando non mi sento mentalmente libera...
Così eccomi qui, scevra da ogni pregiudizio, a parlare di "Matrigna".
Giocando un po' sui titoli (gioco facile) viene da dire che questo romanzo racconti di una figlia "meno amata".
Noemi ha nove anni quando stringe la manina di suo fratello Andrea, di sei anni, per le vie del paese durante una festa di Carnevale, mentre la loro mamma è impegnata a parlare con dei fotografi.
Ma tra i coriandoli e la confusione quella manina, chiusa in una manina di poco più grande, le sfugge...e Andrea scompare.
Da quel momento la sua vita si spezza, si ferma....passano gli anni ma tutto resta immutato, lei è condannata ad avere sempre nove anni, ad essere per sempre la "sorella di", quella testa castana inquadrata per sbaglio dalle telecamere del telegiornale...
È stata la prima ad essere sospettata, ma l'ultima di cui preoccuparsi.
Andrea era quello bello bellissimo, biondo biondissimo, amato amatissimo, quello più fragile, quello da proteggere, l'amore della mamma.
Lei dovrà farcela da sola, capirà che l'unico modo per salvarsi, per non impazzire, sarà quello di "mettere distanza" fra se stessa e quel che rimane della sua famiglia, soprattutto da quella madre che l'aveva sempre messa in secondo piano, prima ancora di essere una madre ferita e quindi "giustificata" nel suo immenso dolore.
Crescerà lontano, studierà, si innamorerà...ma continuerà a sognare il fratellino nascosto in una scatola in cantina.
Il passato torna sempre.
Ma questo non è un libro sulla scomparsa, qui la Ciabatti esplora il rapporto madre/figli, scoperchiando il tabù delle "preferenze", spauracchio di ogni madre che si rispetti.
Nessuna vuole essere sbilanciata, creare scompensi, diventare "matrigna", non nel senso di nuova moglie del papà, ma "cattiva madre".
Ci riusciamo davvero? Sono madre, mi ci metto anch'io.
Riusciamo ad amare i figli, tutti allo stesso modo?
Gli unici a cui poterlo chiedere davvero sono proprio loro, i figli.
Ma un po' per amore, un po' per pudore...non ce lo diranno mai.
(A meno che, un giorno, non diventino scrittori...)
La scrittura della Ciabatti mi ha tenuta sospesa per tutta la narrazione, spesso mi ha confusa, spiazzata...è una scrittura dal ritmo sincopato, discontinuo, il flusso di parole a volte si interrompe bruscamente, poi riprende con ritmi diversi.
Insomma, una volta iniziato non ho potuto sospenderne la lettura...non so se ciò sia dovuto ad una reale bellezza dello stile oppure per la tensione che è riuscita a provocare in me.
In ogni caso, per me è un sí.
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La famiglia
Teresa Ciabatti ha, sicuramente, un tema che le è particolarmente caro: quello della famiglia e dei meccanismi che instaurano tra fratelli. E’ questo il tema precipuo del suo ultimo romanzo dal titolo un po’ scarno: Matrigna.
La storia è quella della scomparsa di Andrea. Andrea è un bambino bellissimo e ha una sorella Noemi:
“al momento della sparizione Andrea aveva sei anni. Che bambino bellissimo, si fermavano le persone per strada. Da chi avrà preso gli occhi azzurri? E perché, la padronanza di linguaggio? Si vede che è un bambino speciale. Mettendogli una mano sulla testa, la mamma replicava: sì. Lo pettinava, capelli d’oro, mormorava spazzolandolo di fronte allo specchio che rimandava l’immagine di un angelo, un putto, e io in un angolo. Seduta sul bordo della vasca, sulla tazza del water. “
Questa scomparsa segna per sempre il percorso di vita di Noemi, che, comunque, cresce, va a scuola, all’Università a Roma. Si fidanza con Davide, fa la traduttrice. Ma un giorno il padre muore e la madre le chiede di tornare al paesello. Pensa di trovare una madre in preda ad un dolore immenso. Trova una donna molto curata, che frequenta Luca, un giovane. Non riconosce più la genitrice e inizia a porsi domande insistenti, soprattutto sul ruolo e la figura di Luca, un uomo su cui pesa una vecchia indagine, ormai archiviata, su di un suo possibile ruolo legato alla scomparsa di un bambino. Chi è veramente costui? Cosa vuole da sua madre?
Un romanzo duro, sofferente, dove:
“La famiglia dispiega tutte le sue ossessioni, manifestandosi prima come rifugio, e poi come condanna.”
Una vicenda torbida ed angosciante, che esplora in profondità il difficile equilibrio che intesse i rapporti familiari, l’essere madre, l’essere figlia e i loro significati differenti. Un linguaggio crudo ed ironico per una lettura che induce ad una riflessione complicata e complessa, come la natura umana e i suoi meccanismi, qui narrate. Una lettura che non mi ha entusiasmato per una prosa scarna e una vicenda che attrae poco.
Indicazioni utili
- sì
- no