Marina bellezza
Letteratura italiana
Editore
Recensione della Redazione QLibri
Le scelte di Marina
Dopo avere esordito con “Acciaio” nel 2010, Silvia Avallone è alla sua seconda prova con il romanzo di recente pubblicazione “Marina Bellezza”.
Anche questo è un romanzo dedicato ai giovani, evidenziando l'intento dell'autrice di fotografare la generazione dei ventenni e trentenni di oggi.
Marina è la giovane protagonista del racconto, fragile e forte, determinata e insicura, figlia di una situazione familiare complessa, attratta come una falena dallo sfavillante mondo dello spettacolo.
Marina sembra essere il paradigma di tutte le contraddizioni; sembra anelare ad un affetto profondo e saldo, sembra essere mossa talora da sentimenti sinceri, sembra voler credere nell'amore e nell'amicizia, ma quando giunge il momento della scelta e dell'affidabilità, crollano le certezze e prevale la fuga dagli impegni e dalle responsabilità.
In antitesi alla figura della protagonista, l'autrice propone due giovani capaci di scegliere la propria strada con dedizione ed impegno, forse due sognatori, attaccati alla propria terra natale, tanto da progettare un ritorno ad antichi mestieri, ripopolando territori abbandonati a favore degli assembramenti urbani.
Le figure che popolano il romanzo sono ben delineate nei loro ruoli e vivaci sotto il profilo psicologico, donando all'autrice una discreta dote nella costruzione del personaggio.
Sull'elaborazione del contenuto proposto, l'autrice scivola su temi già sviscerati in letteratura nell'ultimo decennio, rappresentando l'idea del mitico e vagheggiato ambito televisivo, mondo che calamita l'attenzione delle ragazzine come un “El Dorado” cui bramare per ottenere fama, denaro e successo. Sicuramente si tratta di una realtà sociale che si è consolidata negli ultimi tempi, creando falsi miti e sconvolgendo i valori e la morale, ma la narrazione pecca di originalità e di spunti genuini che riescano ad evadere da rappresentazioni ovvie.
Silvia Avallone è una penna ancora giovane, cui concediamo la possibilità di crescere sotto il profilo contenutistico e stilistico, affinando le sue doti e limando certe incompletezze e nebulosità, lavorando su un registro linguistico che possa associare modernità a bellezza e forza espressiva.
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Opinioni inserite: 7
Una Beautiful tutta italiana
L’italianità esce da ogni riga e da ogni angolo di pagina e questo è forse l’aspetto più bello di un libro che però, nel suo complesso, mi ha un po’ stancato ed annoiato. Sembra un po’ una telenovela alla “Beautiful” all’italiana, noioso e ricorsivo, con due giovani, conosciutisi direi poco più che bambini, che si ritrovano…tutto sommato dopo molti pochi anni…quindi non un fatto così sconvolgente…e si riscoprono innamorati…ognuno a modo suo…forse comunque più di se stessi che non l’uno dell’altro. Marina Bellezza è il prototipo della ragazzina italiana che punta al successo facile, una cantante che potremmo definire una velina dei nostri tempi ed il suo personaggio porta a riflettere sul mito della bellezza, così come viene inteso e vissuto dai giovani d’oggi, un mito fine a se stesso. Marina non è un personaggio positivo, è piena di stereotipi e falsità. Il personaggio più bello è la madre di Marina, personaggio sempre sullo sfondo, sempre tenue. Peccato proprio per la storia, perché il modo di scrivere di quest’autrice secondo me nasconde grandi potenzialità.
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L'anima della natura, a Marina non basta
Silvia Avallone ama stupire. O meglio, turbare.
Dopo la lettura di "Acciaio", in cui le tensioni e i drammi dell'adolescenza si mescolano a quasi ogni possibile forma di violenza, mentale e fisica, ecco "Marina Bellezza", a integrare con nuovi e (a mio parere) gratuiti "strappi" emozionali il romanzo precedente. L'autrice, pare di capire, ama i contesti sociali estremi: non solo per quanto attiene alle condizioni di vita dei protagonisti, ma anche per i luoghi in cui le vicende si svolgono, chiusi e quasi estranei alla globalità che li circonda.
Là, tutto raccolto nella Piombino sorta presso l'acciaieria, in cui vi è solo rozzezza e ignoranza, e l'unica dolce luce, l'amore di Francesca, si disincanta e affievolisce, perché nessuno sa comprenderla; qui, i personaggi racchiusi tra le cime delle montagne, le storie di ognuno intrecciate alle altre, in pochi ettari di terreno, nell'aria rarefatta. È proprio il paesaggio desolato e scosceso della Valle Cervo, sembrerebbe, a farla da padrone... Andrea che vi sogna un'azienda tutta sua, la comparsa Elsa che spera in un ritorno del popolo alle origini, su quei monti solitari... Ma ogni cosa è fagocitata dalla mole enorme dell'ego della protagonista, quella Marina il cui nome è già un programma, e deduco anche per questo svetti sulla copertina del libro in questione. E tutto passa in secondo piano rispetto ai suoi dolori passati, alle sue ambizioni presenti, alle strafottenze giustificate dal fatto che "ci può stare"... Perché Marina è brava, è bella, è audace... E al fascino e a delle lunghe gambe nude tutto è concesso. Così saremmo portati a pensare che i boschi impervi del Piemonte facciano solo da pretesto narrativo, tanta è l'avversione della ragazza nei loro confronti, tanto il desiderio di spiccare il volo altrove, nonostante sia proprio quella valle, coi suoi pochi e ingenui abitanti, a concederle il carburante per il decollo... E allora perché inserire, a trama già notevolmente avviata, uno stralcio di vita montanara, a cui Andrea si vota per dimenticare lei e pure se stesso? Nonostante nella sua tenerezza e verità rappresenti per me forse il passo più bello di tutto il romanzo, esso è inadeguato nel contesto generale, dove i respiri delle vacche e il vento che soffia forte non trovano senso in maniera soddisfacente... Dunque, chissà che non siano proprio questi, il contrasto tra moderno/sbagliato e atavico/giusto, e più in generale le antinomie, la chiave della storia... Beh, può darsi: ma io li recepisco stonati, e soprattutto sterili... Poiché da tali scontri di personalità e prospettiva è come se non scaturisse nulla; e i personaggi proprio non sanno scrollarsi di dosso, in tutto ciò, la loro aura... Così i "cattivi", come il signor Caucino, non appena corrono il rischio di umanizzarsi vengono prontamente ricondotti sulla via della malvagità... E lo stesso accade ai "buoni", peraltro orchestrati secondo il principio che vede i figli non colpevoli degli errori dei padri. E se ciò è sacrosantissimamente vero, non lo è il fatto che questo spieghi anche tutte le colpe loro proprie... Sarebbe come dire che per tutti i bimbi cresciuti in famiglie ben distanti da quella del Mulino Bianco, fosse normale divenire criminali, pervertiti, alcolizzati... No: le responsabilità si smezzano, tra prole e genitori, nella vita reale... Ma non qui, dove la veridicità è fin da subito labile, anche per la bellezza che Marina, suo malgrado, porta scritta pure sulla carta d'identità. La stessa avvenenza, spudorata e incredibile, delle due protagoniste di "Acciaio", che ce le fa avvertire tutte come distanti, e irreali... E che ci apporta disagio : perché ogni volta va messa in mostra, ribadita, sottolineata da trucco e vestiti volgari, tanto che finisce per esserne deturpata. Dunque, a mio parere, "Marina Bellezza" dipinge un quadro tanto, troppo eccessivo rispetto a quella realtà tutto sommato quotidiana che si prefigge di raccontare. La Avallone smuove, è innegabile, le corde della nostra sensibilità: ma in modo così tragico (esempio lampante la scena iniziale), confuso e ricorrente, che alla fine ci perdiamo straniti, in questo mare di disgrazie... E non sappiamo più a quali scogli appigliarci, perché ciascuno di essi, ciascuno dei personaggi, risulta alla fine spiacevole e oscuro.
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Marina Bellezza, ma la grande bellezza è altrove
La copertina mi è subito sembrata brutta, banale, anacronistica, con colori innaturali e discordanti, e immagini da fotoromanzo. Il titolo, insopportabile.
Quando, oltretutto, ho scoperto che la protagonista è bella, e fa della bellezza uno dei suoi punti di forza, mi sono detta: no, Bellezza come cognome non ci può proprio stare.
Mi chiedo come abbia fatto una grande casa editrice come Rizzoli a sfornare la suddetta copertina, e come abbia potuto avallare il cognome che ha scelto la Avallone (scusate il bisticcio di parole). Qualcuno glielo dica che non siamo più ai tempi di Marcellino pane e vino, please!
Va beh, fin qui ho elencato le pecche dell’editore, di cui l’autrice potrebbe non avere alcuna responsabilità,
ma del contenuto è sicuramente corresponsabile, la prima responsabile direi.
Il racconto comincia bene, in maniera originale, con la morte di un cervo, investito da tre amici tra le montagne del biellese. Ed è anche ben scritto, tanto che all’inizio mi sono detta “ha talento, la ragazza” e mi sono rammaricata di non aver ancora letto Acciaio, il suo primo, pluripremiato, libro.
Proseguendo la lettura mi sono però accorta di qualche ripetizione di troppo nella descrizione del paesaggio e nel tratteggio del carattere dei personaggi, di stereotipi a ripetizione, di una certa ingenuità ed eccessiva semplificazione nella genesi dei problemi caratteriali dei protagonisti, e comunque un buon lavoro di limatura potrebbe snellire il libro di un centinaio di pagine, senza che la trama ne abbia a soffrire.
Volendo semplificare la storia, tutto ruota intorno all’amore tra due ragazzi, e alla loro crescita umana e professionale ai tempi della grande crisi: quella del nostro tempo, purtroppo.
Sono queste le strade che Avallone indica nel libro come via d’uscita dal difficile momento economico, o perlomeno queste sono le scelte dei suoi protagonisti:
-il ritorno al buon selvaggio secondo Rousseau, ovvero il riappropriarsi delle terre abbandonate dai padri (Andrea);
-la scalata allo sfavillante mondo dello spettacolo in qualità di cantante, con tanto di esibizione canora in bikini per mettere in mostra un fisico da paura, possibilmente dopo aver abbandonato gli studi (Marina);
-l’emigrazione intellettuale (Ermanno);
-l’entrata in politica (Elsa).
Tralasciamo pure le considerazioni sociologiche su queste e altre opportunità, che sarebbe troppo complicato, anzi, impossibile, trattare qui e forse anche altrove, ma voglio comunque dire due parole sui rapporti tra genitori e figli. Non possono essere semplificati come fa l’autrice: da una parte i cattivi, i genitori naturalmente, che parteggiano spudoratamente per uno dei due figli o bevono, o giocano d’azzardo e, a un certo punto, si permettono pure di “abbandonare” i figli alla tenera età di ventidue e ventisette anni, lasciandoli soli ad affrontare un mondo prosciugato di qualsiasi risorsa, che tra l’altro è stata dilapidata proprio da loro.
Capisco la rabbia generazionale per il momento storico che stiamo vivendo, ma sinceramente tutto questo mi sembra un po’ troppo superficiale, e poi è molto comodo addossare tutta la colpa delle proprie scelte agli altri, qualsiasi cosa abbiano fatto.
Alcuni episodi di questo romanzo mi hanno abbastanza sconcertata, essendo incomprensibili alla luce di quanto sappiamo del modo di agire dei protagonisti, ma forse non ho capito io le ragioni per cui la Avallone se li è inventata.
A un certo punto, verso la fine della storia, Andrea va a Tucson, U.S.A, con Marina, per cercare di sciogliere i nodi del suo rapporto conflittuale con il fratello Ermanno.
Quando arrivano a destinazione lascia la moglie a grande distanza dalla casa del fratello, perché “ era una cosa che doveva fare da solo”(?!), poi , quando lo vede, dapprima si nasconde, infine lo chiama per nome, e, dopo essersi guardati a lungo senza muovere un passo l’uno in direzione dell’altro , Ermanno gli risponde. Andrea, a questo punto, che fa? Se la dà a gambe levate, tornando indietro senza neanche salutarlo.
E Marina Bellezza? Marina, dopo aver capito che la fama, il successo, non servono a niente, torna dal suo amato, lo sposa, va con lui in America, scorrazzano d’amore e d’accordo su un suv che è un transatlantico, e, nel capitolo successivo, di punto in bianco si trova al bar del paese, chiama il suo improbabile agente Donatello, e pensa di correre immediatamente da lui per riprendere la scalata alla classifica discografica, senza una frase di ripensamento verso ciò che lascerà, forse per sempre.
Ho però apprezzato, nella parte finale, l’immagine del cervo che, come Marina, fugge lontano. Perché è vero, non si possono addomesticare i lupi e le volpi, e neanche i cervi. E Marina è una figlia di quella natura bellissima e selvaggia, proprio come quel cervo.
Questa immagine chiude il cerchio con quell’altro cervide, quello involontariamente ucciso da Andrea e compagni all’inizio del libro.
Perché l’ho letto, vi chiederete a questo punto, e soprattutto: perché ho speso diciotto euro e cinquanta? Perché è nella terna dei finalisti al premio Città di Vigevano 2014, e l’ho acquistato presumendo che il candidato a un premio letterario abbia comunque qualcosa di buono.
Beh, sì, la trovata del cervo mi è proprio piaciuta. Anche il personaggio di Andrea non è male, nel complesso, e qualche frase, qua e là.
Insomma...
Premetto che vado sempre molto cauta sugli scrittori contemporanei ma non sempre ci sono rimasta così male. Piccola parentesi biografica: l'autrice è la giovane Silvia Avallone, nata l'11 aprile 1984 a Biella, costei si è laureata a Bologna in filosofia e si è specializzata in lettere. Nel 2007 ha vinto il premio Alfonso Gatto nella sezione giovani con la raccolta di poesie "Il libro dei vent'anni" e ha scritto, successivamente, per Il Corriere della Sera e per Vanity Fair. Pare che "Acciaio", il suo primo romanzo, abbia vinto quasi tutto quello che c'era da vincere e con una premessa del genere, mi sarei aspettata un "Marina Bellezza" più interessante.
Invece, già molto prima della metà, lo avrei gettato dalla finestra. Vi starete chiedendo perché mai un libro mi dovrebbe fare imbestialire a questa maniera. Ve lo spiegherò a breve, ma prima un po' di trama:
Siamo nel Biellese, per la precisione in Valle Cervo, in un periodo che va dall'estate 2012 alla primavera 2013. I due protagonisti quasi assoluti sono Andrea Caucino (figlio dell'ex sindaco di Biella) e Marina Bellezza (con madre alcolista e padre che gioca d'azzardo), ogni tanto appare Elsa Buratti [possiamo definirla coprotagonista], ex compagna di scuola di Andrea e follemente innamorata di quest'ultimo da una vita. Andrea ha un fratello, Ermanno. Tra di loro c'è sempre stato un rapporto di amore/odio, scatenato dalla spudorata preferenza dei genitori per il figlio maggiore (Ermanno), il più disciplinato e intelligente dei due. Durante il romanzo apprenderemo che è professore in una Università americana e vive a Tucson.
Andrea e Marina sono legati da una forte storia d'amore che sarà tutto un tira e molla per buona parte del romanzo. Intanto Andrea sogna di diventare margaro come suo nonno e di rilevare una vecchia cascina sulle Alpi biellesi per dedicarsi all'allevamento e alla produzione di formaggi. Marina invece, sogna una carriera come cantante internazionale per riscattarsi da una vita di sofferenze familiari. Questo è il quadro complessivo del romanzo e ora ci terrei a giustificare le mie due stelline.
I personaggi:
Marina Bellezza mi risulta odiosa, dipinta come la strafiga di questa Terra, è il personaggio supercostruito per eccellenza. Tragedia familiare strappalacrime: un padre che la tratta da cani chiamandola solo quando ha bisogno, con lei che lo adora come un Dio dopotutto che ha sempre cornificato la su' mamma portandola all'alcolismo. Quest'ultima è la tipica figura della donna debole che si sfonda il fegato di alcool, si devasta anima e corpo e, ovviamente, la figliola la tratta da zerbino per quasi tutto il tempo. Oltretutto, è l'arroganza fatta persona, infantile e subdola ma allo stesso tempo Miss Mondo con una voce da sirena che abbaglia anche chi non ci vede. Assetata di successo, venderebbe anche il suo nonno per fare carriera e, ovviamente, ogni volta che appare è vestita come una prostituta appena uscita da una bettola. Non riesco bene a capire se questo personaggio è nato così come stereotipo oppure se l'autrice ha scelto di sua spontanea volontà di crearlo con queste caratteristiche. Il narratore esterno mi ha lasciato presagire, in alcuni nìmomenti, che Marina fosse un po' troppo "lodata" anche nei suoi difetti, quindi non so come interpretarla.
Ma non è tanto il personaggio in sé che mi ha turbato il sistema nervoso. Più che altro è il fatto che ogni volta che appare lei e si parla di lei, la nostra Silvia, ci ricorda con premura tutte le sue qualità e i suoi difetti sopra citati. Dico io, ma quando ce l'hai descritta una volta, non bastava?! Ragazzi, giuro che all'ennesima descrizione di quanto fosse figa e brava, stavo per mangiarmi le pagine del libro. Ma basta, cazzo! Una roba intollerabile.
Cambiamo personaggio: Andrea Caucino. Anche lui personaggio fatto ad hoc: famiglia riccona, fratello intelligentone e prediletto da tutti, lui il reietto disgraziato che odia il mondo e odia la sua famiglia. Non finisce manco l'università, in compenso dimostra al mondo di essere un duro stabilendosi nel mezzo al niente e mettendo su un'azienda agricola. Very impressive.
Inutile dire che lui muore dietro a Marina che puntualmente lo tratta come l'ultimo degli stronzi con il risultato che alla fine riesce pure a farsi sposare.
C'è da dire che, al di là dei personaggi che non mi sono rimasti troppo simpatici (mancanza mia molto probabilmente), sono apprezzabili le tematiche affrontate dall' autrice, se pur in secondo piano rispetto alla storia d'amore tra i due protagonisti. Questo romanzo tratta appunto del rapporto padri-figli (in due diverse situazioni contrapposte, quella di Andrea che odia il padre e quella di Marina che lo adora) ma soprattutto della crisi economica che stringe l'Italia in una morsa da almeno tre anni. Sono rappresentati due ragazzi che tentano di tutto pur di farsi una vita e una famiglia, se non altro, l'unico filo che lega tutto il romanzo dall'inizio alla fine.
A proposito di fine. Io la eleggo a peggior parte del libro perché condotta male, ti piomba addosso dal nulla e ti lascia col libro aperto in mano e una domanda fissa in testa: "Perché?!"
Non voglio dire molto sulla trama degli ultimi capitoli, dico solo che poco prima Andrea e Marina erano in America ed un capitolo dopo, senza troppe spiegazioni, Marina prende e se ne va, di nuovo. La cosa che mi ha lasciato turbata è stata proprio la maniera in cui siamo arrivati all'epilogo. Ok che Marina è lunatica e pure stronza (concedetemelo), ma senza avvertirmi ne darmi troppe spiegazioni non puoi farmela ripartire all'inseguimento del successo dopo un capitolo infinito sulla sua maturazione interiore. No dai. Mi stai a dire che finalmente si è resa conto che la sua vita è tra le montagne con il suo amato Andrea e alla fine questa mi ritorna alle frivolezze della notorietà senza quasi un perché?! Andrea poi? Che fine ha fatto? Manco una parentesina per dirci che diamine stia facendo mentre lei se la dà a gambe. Via, ci son rimasta male davvero, non me l'aspettavo.
Complessivamente sono queste le ragioni per cui non ho trovato il libro all'altezza delle mie aspettative.
Io non lo consiglio sinceramente, non lo trovo necessario da leggere e nemmeno troppo piacevole. In alcuni punti scorre proprio poco ed è ridondante per quanto riguarda questa necessità continua di rimarcare i caratteri dei due protagonisti. Uno arriva al punto di stufarsi proprio, troppo noioso.
Per qualsiasi critica o commento, chiunque è libero di esprimersi liberamente perché a me potrebbe essermi sfuggito qualcosa oppure potrei essermi semplicemente sbagliata a giudicarlo così pessimo. :)
Alla prossima.
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Marina, bellezza ribelle
Marina è di una bellezza da togliere il fiato: alta, bionda, occhi azzurri, seno procace, gambe da urlo e voce da usignolo. Una visione celestiale che cela, nell’intimo, un vulcano pronto ad esplodere, il suo carattere è fuoco puro, alimentato da rabbia e vendetta. Una ragazza così bella in grado di conquistare il prossimo e, al contempo, fare terra bruciata attorno a sé.
Fin dall’adolescenza frequenta un ragazzo del paese, Andrea, mancato filosofo e agronomo. Lui è determinato a realizzare il sogno di una vita, fare il pastore come l’adorato nonno, stare a stretto contatto con la natura e gli animali, immolarsi al silenzio e alle montagne. Un sogno che vorrebbe condividere con la ragione del suo esistere, Marina Bellezza. Ma la ragazza aspira al successo e al riscatto, sfruttando il proprio talento canoro e la naturale bellezza.
Due persone più diverse non esistono, il giorno e la notte. Cosa le unisce? Il passato infelice e delle problematiche famigliari irrisolte; infatti, Marina ha un padre assente ed una madre alcolizzata, Andrea, invece, un fratello maggiore involontariamente beniamino dei genitori imperfetti. Soffrono entrambi moltissimo per queste situazioni, tanto da non riuscire a vivere una vita normale, rapportarsi con gli altri in modo civile ed umano risulta essere un compito gravoso. Si cercano, si amano alla follia, si lasciano, si riprendono ed ancora i cuori e le anime si infiammano, sembra una questione chimica, separati non sono nulla, insieme ardono. Riusciranno a trovare un equilibrio interiore? Tutto volgerà al meglio?
La storia d’amore e d’odio tra i due giovani ha come sfondo le alpi piemontesi ai giorni nostri, tutto inizia e finisce lì. Oltre all’amore malato vengono affrontate altre tematiche, come l’amicizia, i rapporti famigliari, i sentimenti non corrisposti e l’odierna crisi economica. La prima metà del libro si divora, è densa di pensieri profondi, parole preziose, riflessioni commoventi ed incisive; il tutto è scritto bene, curato e pesato. In questo romanzo si nota il salto di qualità dell’autrice, non ci sono volgarità (in Acciaio il contesto, la storia e i personaggi richiedevano un linguaggio più scurrile e giovanile), troviamo studio, intelligenza, cultura, sensibilità, insomma, il talento non manca e gli ingredienti per una buona storia ci sono tutti.
La seconda metà è ripetitiva ed inconcludente, un tira e molla tra fidanzati che non appassiona; il finale aperto e lasciato in pasto alla fantasia del lettore non è azzeccato, ci sono ancora questioni da chiudere, avrei preferito sapere e mettere la parola fine.
I paesaggi, le situazioni e i personaggi sono ben delineati, sia fisicamente che caratterialmente; non ci sono figure positive, è quasi sconfortante pensare di poter incappare per strada in uno di loro, sono capaci di ferire e tirare dritto, in modo particolare Marina, nulla del suo passato può giustificare il suo comportamento attuale, la cattiveria gratuita non è scusabile.
Concludendo, una lettura piacevole, una gita sulle montagne piemontesi.
“ Le parole pronunciate, non erano mai come quelle che restano in silenzio, allo stato di pura intenzione, nella propria testa. Era come se, una volta reali condivise con gli altri, franassero travolgendo tutto il loro significato, trasformandosi nel loro contrario, impoverendo il loro vasto mondo interiore.”
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Marina e Andrea, un amore d'altri tempi
Una storia d'amore d'altri tempi, ambientata nel 2013!!
Marina(Bellezza è il cognome)sicuramente è il faro della storia e della trama, ma Andrea , il suo compagno poi marito, a mio avviso la surclassa per spessore morale, comportamento, capacità di affrontare problemi di qualsiasi natura e soprattutto per profondità d'animo e forza di volontà. La location del romanzo è molto suggestiva, cioè i paesi della Valle del Cervo nel biellese, l'autrice è abile a miscelare storie personali con tematiche sociali attuali, come la crisi economica che ha costretto tante fabbriche a chiudere, nel caso specifico del libro i lanifici. I personaggi principali Marina e Andrea vengono ben descritti sotto tutti i punti di vista, sono ottimamente illustrati e delineati i familiari di entrambi, l'estrazione sociale(figlia di un playboy di provincia e di una mamma succube una e del sindaco del paese l'altro) le amicizie, ed in particolar modo spiccano le peculiarità dei due ragazzi. Marina rappresenta la vendetta, una furia, incarna la voglia di arrivare al successo a tutti i costi e riscattare anni di patimenti e sofferenze, tutto questo con la musica e il canto. Andrea in eterna combutta col fratello Ermanno, sempre misurato e pacato, realizzato nella vita, e collaboratore addirittura della Nasa negli USA, dopo aver cambiato diverse facoltà decide di realizzare il suo sogno: cioè emulare il nonno che era un allevatore di mucche . L'idea di fare il vaccaro fa sì che Andrea entri in rotta in collisione prima con gli amici, poi con la famiglia e per molto tempo anche con Marina. Io personalmente ho trovato molto toccanti e commoventi le pagine in cui vengono narrate le vicissitudini che Andrea, da solo e in mezzo a una bufera di neve, deve affrontare per aiutare una mucca a partorire quello che sarà il primo vitellino del nuovo allevamento. Il libro si sviluppa e narra soprattutto dell'ascesa al successo di Marina come cantante, da diva di provincia a star di livello nazionale, nel frattempo vengono ben delineate le peripezie e le difficoltà di Andrea , il cambio di facoltà universitaria, la forte amicizia con Emma , la coinquilina di Marina e in special modo, tra una digressione e l'altra, spiccano le descrizioni dei luoghi descritti e l'attaccamento ai valori che appartenevano agli italiani di due generazioni fa,come la capacità di aspettare, e la voglia di cose semplici.
Libro che ho trovato molto particolare e che suggerisco
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Piacevole
Forse mi aspettavo qualcosa di più da questo nuovo romanzo di Silvia Avallone, che per diversi aspetti mi ha ricordato "Come Dio Comanda" di Ammaniti, scrittore che peraltro mi piace molto.
Trovo che il punto di forza di questa giovane autrice stia nel riuscire a caratterizzare molto bene i suoi personaggi, a dare loro una voce forte e accattivante; più debole la trama in sè , tanto che fino a quasi metà del libro non sono riuscita a capire dove si volesse andare a parare.
Ambientare un romanzo sulla società contemporanea evidenziandone gli aspetti critici mi sembra un espediente un pò furbetto per coinvolgere i lettori, e a mio avviso, rivela una lacuna, quella di non riuscire a creare un contenuto abbastanza forte e originale.
Comunque rimane una lettura piacevole. :)