Mandami tanta vita
Letteratura italiana
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Mandami tanta vita
“Mandami tanta vita” non è un romanzo storico né tantomeno una biografia: si tratta di un’opera romanzesca – un’elegia potremmo definirla – che viene solo ispirata dalla figura storica di Piero Gobetti, anche se costanti e fedeli sono i riferimenti all’intellettuale antifascista. Il giovane editore torinese diventa semplicemente un personaggio: non è più Gobetti ma solamente Piero, di cui si raccontano gli ultimi quindici giorni di vita.
Piero, a 24 anni, ha una vita già piena: ha sposato la fidanzata dei tempi del liceo, Ada, che lo ha reso padre da poco tempo. Ha inoltre fondato delle riviste da lui dirette, a cui ha affiancato una casa editrice che segue in ogni singolo aspetto e che lo impegna, quattordici ore al giorno, in un’attività febbrile. La narrazione si apre con la decisione di Piero di abbandonare la sua Torino per muovere alla volta di Parigi, ma il suo è un esilio forzatamente volontario: in Italia – dove il regime fascista ha eliminato ogni forma di libertà d’espressione – non può più proseguire con la sua attività di editore e giornalista.
Moraldo – coetaneo di Piero – arriva dalla provincia al capoluogo sabaudo per una sessione d’esami alla facoltà di Lettere. Si accorge d’aver inavvertitamente scambiato la propria valigia con quella di uno sconosciuto. All’interno vi trova una copia di ”Illustrazione”, una macchina fotografica e una boccetta di profumo: immagina che la valigia appartenga ad un fotografo e che il profumo sia un pegno d’amore ricevuto dalla propria amata. Sarà invece sorpreso quando – grazie ad un annuncio su un quotidiano – scoprirà che la valigia appartiene a Carlotta, giovane fotografa di strada e donna fortemente emancipata e libera, di cui resta affascinato.
Si tratta di un libro di ricerca: il giovane Moraldo insegue il grande Piero e la speranza di individuare la propria strada, mentre Piero rincorre il desiderio di realizzare un grande progetto culturale. Il sogno di entrambi si infrange di fronte al tribunale della Storia: l’antifascismo di Piero sarà la sua condanna, mentre pene inesorabili per Moraldo saranno la propria fragilità e l’incapacità per timidezza di slanci eroici.
La giovinezza – sembra dirci il romanzo – diventa età dai contorni incerti, ma è anche il tempo in cui è lecito “sprecare tempo”: sprecarlo per provare a leggersi dentro e per individuare la propria strada. La giovinezza, infine, evapora per schiudere l’età matura: si cessa di essere giovani quando si smette di guardare lontano, verso un divenire che – nell’istante della giovinezza – è ancora verosimile e possibile.
Un romanzo sicuramente ben riuscito e che consente anche un parallelismo con il presente e con l’incertezza che interessa i giovani di oggi: Gobetti viene presentato alle nuove generazioni come figura su cui riflettere e da tenere come riferimento. L’attualità la ritroviamo anche nel personaggio di Moraldo, che sta sempre un passo indietro a Piero e in questo è come i giovani contemporanei: totalmente bloccato dall’incertezza perché sente le prospettive che gli si chiudono addosso. Piero, al contrario, ce la fa – nonostante la sua sia una breve esistenza – perché è acceso dalla passione.
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Giovani di ieri
Una buona prova di scrittura quella che ci offre il giovane Paolo Di Paolo con il suo ultimo romanzo.
Originale la scelta adoperata da Di Paolo per parlare di gioventù e di storia del secolo scorso, affidando il ruolo di protagonista del suo racconto al giovane Piero Gobetti.
Gobetti è una figura di cui, forse, pochi conoscono la vita e l'impegno sociale, culturale e politico prestato negli anni Venti; una vita brevissima ma intensa, una mente brillante, un uomo che col suo impegno editoriale e giornalistico lottava per i propri ideali onestamente e con vigore fino al sacrificio. Un uomo scomodo al regime dell'epoca, un elemento pericoloso da isolare e mettere a tacere.
L'autore ripercorre i momenti salienti dei venticinque anni di vita del protagonista, eleggendolo simbolo di vitalità della gioventù; infatti Piero oltre agli impegni sociali è un ragazzo innamorato, un ragazzo che crede nel futuro e vuole un futuro per sé e per la propria famiglia.
Si snocciola tra queste pagine una serie di immagini in bianco nero che fotografano volti, usi e situazioni del passato; si respira un'aria rarefatta che porta con sé sentori di amore, di tragedia, di rivolta, di speranza.
Questo non vuole essere un romanzo storico, ma un lavoro che parte da uno spunto storico per rielaborarlo e trasmettere al pubblico emozioni e sentimenti; qua non ci sono date e cronologie di eventi ma c'è il cuore, la passione, la vita.
La piena riuscita del romanzo è dovuta all'estrema maturità stilistica dimostrata dalla penna di Di Paolo; la sua capacità narrativa si innesta su una vena lirica onnipresente, donando leggerezza e profondità, mettendo in luce gli stati d'animo dei suoi personaggi come priorità assoluta.
La lettura coinvolge e obbliga alla riflessione a tal punto che qualche pagina in più avrebbe conferito maggior completezza al lavoro, tuttavia è impossibile non fare tifare per il giovane Piero e domandarsi se la gioventù di ieri e di oggi possano ancora avere punti di comunione.
Un autore promettente da cui ci attendiamo molto altro.
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Oh vita!
Finalista al premio Strega 2013, “Mandami tanta vita” di Paolo Di Paolo è un’opera particolare sia per contenuti sia per stile.
“E’ appena cominciato, questo 1926, senza promettere nulla di buono” e a Torino idealmente s’incrociano due coetanei. Il primo è Moraldo, che lì giunge per sostenere una sessione di esami universitari: è pieno d’incertezze e alla ricerca di un’identità (“Studio lettere, amo la filosofia, so anche disegnare ritratti e caricature …”). Complice uno scambio di valigia (“L’idea che la sconosciuta abbia messo gli occhi sul suo disordine lo agita”), Moraldo vivrà l’amore per Carlotta, fotografa conosciuta per caso, e la seguirà a Parigi.
Il secondo è Piero Gobetti, che da Torino parte per un esilio imposto dal potere fascista.
LA FIGURA DI PIERO GOBETTI
Intellettuale precoce (“A tredici anni, aprire Alfieri era stato come spalancare il cranio a un’invasione di gabbiani, aggressivi, sbruffoni: nei loro gridi acuti leggeva ideali che un giorno avrebbe forse potuto conquistare, nella geometria del volo l’aria immisurabile della libertà”), contrappone la forza delle idee alle coercizioni di un regime che vorrebbe incatenare pensiero e libertà di espressione e di stampa: “Questo è il bello di fare l’editore, il compito grande delle tipografie: fare esistere le parole, le idee”.
Di fronte al giovane esile e occhialuto, il questurino incaricato di una notifica esclama: “Ma questo è solo un ragazzino...” “E porge alla moglie la diffida della Questura di Torino a cessare da qualsiasi attività editoriale”.
A questo evento Piero è preparato: “E’ dalla fine dell’estate che Piero ragiona su Parigi, andare a Parigi come l’unica soluzione per resistere”.
L’esilio però giunge in un momento particolare: la convivente Ada ha appena dato alla luce il figlio (“Lei gli sorride, pallida, spossata, dolce – una vecchissima ragazza appena tornata da luoghi estremi”).
A Parigi. Gobetti pagherà le conseguenze di una violenza subita: “Un anno e mezzo fa, si era ritrovato sotto casa una decina di squadristi, gli avevano chiesto se era lui il signor editore, aveva risposto Sì, sono io, e allora avevano cominciato a scuoterlo, a picchiarlo …”
L’ATMOSFERA DEL CARNEVALE
Soprattutto nelle descrizioni delle atmosfere si rivelano le doti narrative dell’autore. Il periodo – a Torino (“Il nome è Giacometta, la consorte di Gianduia, nel suo abito di velluto rosso”) come a Parigi – è quello del Carnevale: “Il tempaccio dà a questo carnevale l’aria di un sortilegio triste: sembrano maschere anche le facce sorridenti, Moraldo ha l’impressione che, afferrate per un lembo sotto il mento, si potrebbe strapparle via a una a una, lasciando ricomparire la verità quasi funerea di occhi spenti, orbite fonde, bocche simili a tagli sulla carne”.
A Parigi “i bambini in maschera lasciano dietro di loro una scia di coriandoli. Una banda musicale, poco dopo, lascia la sua scia di note”.
“Scolpite contro il cielo trasparente ci sono cinque o sei lacrime rosse che, invece di scendere, salgono. Mongolfiere, come in un romanzo di Verne. Fanno alzare i nasi verso l’alto. L’alleanza di stoffa e gas sfida la forza di gravità e la vince”.
L’INCONTRO AL BOIS DE BOULOGNE
I tentativi che Moraldo compie a Torino per conoscere Gobetti sono vani.
Ciò che la volontà non riesce a perseguire, il caso – a volte – ce lo regala: Moraldo incontra Gobetti su una panchina, e lì “ragiona su quanto siano diverse, da vicino, le persone che abbiamo idealizzato. Le abbiamo astratte dalla realtà sino a farne i nostri feticci, i nostri fantasmi”.
Ma ormai l’editore è “fragile al punto che da un momento all’altro potrebbe svanire, dissolversi, lasciando vuoto e inerte sulla panchina, come un guscio, il cappotto spesso”.
LA MIA VALUTAZIONE
L’opera ha un registro originale, condensato e rarefatto al tempo stesso, che rende il romanzo irrituale e intellettualmente sorprendente.
Dell’originalità stilistica ho già fatto cenno, così l’autore descrive il distacco dopo l’amore: “Si riapre una distanza fra corpi più ordinaria: come si fossero rapidamente smagnetizzati”.
I contenuti sono nobili, perché si parla di idee e della lotta per difenderle dai soprusi, sino a formulare un disperato interrogativo: “Le idee, almeno le idee, ci sopravvivono? Forse anche i sentimenti”.
Bruno Elpis
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Per essere liberi bisogna andarsene?
Piero Gobetti è un uomo che a 25 anni ha già fondato una rivista ed una casa editrice,è sposato con Ada dalla quale ha avuto un figlio,è insomma un uomo felice? Probabilmente si, se non fosse per le sue idee antifasciste che nella Torino del 1926 non erano ben accette , ( quella del Ventennio,era un'Italia dove un pensiero indipendente, non allineato non trovava cittadinanza ,ma è pur vero che il fascismo e l'antifascismo rendevano la politica qualcosa di vivo, non come oggi dove non esiste più alcuna differenza tra pensiero di destra e di sinistra),così il giovane editore è costretto a lasciare moglie e figlio per Parigi, città che in quegli anni garantiva agli intellettuali italiani, che non volevano piegarsi alla dittatura, la libertà di parola e di pensiero.Moraldo, invece, l'altro protagonista di questo romanzo, è uno studente universitario, affitta una camera dai Bovis, una vecchia coppia di pensionati, quando viene a Torino per sostenere gli esami, ha un'ammirazione segreta per Gobetti che cerca di conoscere personalmente senza successo. Un giorno, tornato dai Bovis, scopre che alla stazione c'è stato uno scambio di valigie, a lui è capitata quella , scoprirà dopo un annuncio sui giornali, di Carlotta, una giovane fotografa con la quale avrà una liaison intensa che lo condurrà a Parigi. Un romanzo quello di Paolo di Paolo ricco di spunti sull'amore, sugli ideali che dovrebbero muovere l'azione politica, sul senso della vita, su un' Italia lontana da noi solo nelle date. Un romanzo sul coraggio e sulla vigliaccheria, un romanzo sulle emozioni, quelle che ci mandano tanta vita , quelle della giovinezza che se coltivate, durano il sempre delle donne e degli uomini che non dimenticheremo.