Lo scurnuso
Letteratura italiana
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Lo scurnuso
Leggere questo breve romanzo della Cibrario significa immergersi nella storia di Napoli dal '700 ad oggi.
Pennellate rapide ma incisive, ci regalano colori e odori della città di un tempo e di quella odierna.
Passeggiare per i suoi vicoli, ammirare scorci cittadini, respirare le fragranze che sprigiona l'aria, ascoltare il vocio degli abitanti, osservare costumi ed abitudini.
Oltre alla bellezza e alla poeticità descrittiva dei luoghi, il romanzo palpita di sentimenti e commozione.
La storia di una antica statuina del presepe, porta alla luce una storia di abbandono, di solitudine, di miseria, di dolore.
Una storia di altri tempi, dove la povertà e la malattia costringono gli uomini a scelte difficili, sacrificando ciò che hanno di più caro.
Un giovane orfano, negletto ma con un talento innato nelle mani ed un uomo derubato di tutto dalla vita, sono i protagonisti della prima parte romanzo, cui l'autrice riesce ad infondere cuore e anima; due figure incredibili capaci di coinvolgere il lettore in una galleria di immagini tenere e tristi, dove la durezza della vita sembra avere il sopravvento sulla fragilità umana.
Leggendo questo romanzo è percepibile quanto la penna della Cibrario sia cresciuta in intensità rispetto ai tempi del suo esordio letterario.
L'autrice elabora una trama in cui si intrecciano una serie di storie di ottima fattura, studiate ed equilibrate nel contenuto, ponendo un'attenzione particolare sui personaggi.
Personaggi che si stagliano vividi agli occhi del lettore, ritratti ciascuno nella quotidianità imposta dal ruolo sociale e dall'epoca, mossi da passioni o da necessità impellenti, vincitori sulle traversie della vita oppure vinti dalla forza di un destino avverso.
Ne nasce un romanzo in grado di trasmettere emozioni e di mantenere alto il coinvolgimento fino all'epilogo della storia.
Un ottimo tributo a Napoli e alle sue tradizioni, espresso da una penna legata a questa terra da un affetto profondo e percepibile.
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Lo scurnuso di Benedetta Cibrario - Il commento di
Da Benedetta Cibrario, autrice di “Rossovermiglio” (premio Campiello 2008) e di “Sotto cieli noncuranti” (premio Rapallo Carige 2010), una bella fiaba neo-realista per riflettere sul valore dell’arte.
La parte prima è ambientata a Napoli intorno al 1792.
La parte seconda si sviluppa tra Napoli, Montecalvario e Chiaia nel periodo 1939-1943, in anni funestati dalla seconda guerra mondiale.
La parte terza si svolge ai giorni nostri: nella penisola sorrentina, estate del 2009.
L’autrice narra la storia di alcuni prodotti d’arte, creati dalle sapienti mani di un figuraro napoletano di grande talento. Queste creazioni sono il risultato di un’abilità che è sintesi di artigianato, inventiva e originalità sensitiva. Di questi manufatti sono romanzate sia l’origine, sia le successive vicende.
Lo scurnuso, in particolare, è la statuetta del presepe che raffigura uno storpio, vergognoso di come la malattia l'ha ridotto: ed è l’omaggio d’amore che il figlio adottivo rivolge al padre putativo, immortalando la sua condizione di disagio fisico in una rappresentazione espressiva di straordinaria efficacia plastica.
“Tommaso Iannacone, il miglior figuraro del vicolo, l’ultimo di una dinastia” “a differenza del padre, scultore e architetto scenografo, aveva solo doti di modellatore”. Il presepe “lui si limitava a modellarlo nella creta perché – a differenza di suo padre – sapeva copiare, non inventare.”
Non così il figlioccio Sebastiano, soprannominato Purtuale, che sin dai primi approcci al mestiere dimostra un originale spirito creativo.
“Purtuale era entrato nella vita di Tommaso Iannacone … una mattina di fine giugno del 1972.”
Tommaso ha già perso l’amata figlioletta per una malattia; a seguito di questa prematura scomparsa, la moglie è impazzita e fuggita. Sebastiano, orfano, rappresenta il risarcimento per un lavoro non pagato e giunge nella vita del figuraro quando questi è già afflitto da una malattia progressiva.
Tommaso, pur necessitando di assistenza, rinuncia alla compagnia del figlio per il suo bene, avendone intravisto l’inclinazione artistica, e lo accompagna a Capodimonte nel laboratorio di Gaspare Riccio, perché lì eserciti e affini la propria arte:
“In città si era sparsa la voce che nella bottega dei Riccio lavorava un figuraro di grande talento – un tipo strano …”
Nella seconda parte, le creazioni di Sebastiano vanno ad arricchire la collezione di un mecenate: “Da mezzo secolo il duca di Albaneta si faceva vanto di allestire il presepe più bello di Napoli.” E, nella collezione, c’è sempre quel pezzo, il migliore: “Io lo chiamo lo Scornuso. Vedete come vi guarda? Quello si vergogna di com’è diventato.”
Le opere passano di mano per un duplice atto d’amore del duca: assicurarle alla custodia del cardinale Belmonte – mentre è tempo di bombardamenti e di persecuzioni razziali – e finanziare la fuga negli Stati Uniti del figlio, con moglie ebrea e due pargoli.
Dopo un altro salto in avanti nel tempo, giungiamo ai giorni nostri. E’ l’estate del 2009 e lo Scurnuso finisce come dono d’amore di un padre a sua figlia ...
Il romanzo è dedicato ai nonni dell’autrice e “nasce dal ricordo che conservo di loro, dalla curiosità e dal rispetto che entrambi provavano per ogni forma d’arte, anche la più oscura, dalla loro felicità di essere nati napoletani.” Quindi è la pregevole attuazione di un’indicazione educativa sul valore universale dell’arte.
Quanto all’amore per Napoli, l’autrice fiorentina lo rappresenta con alcune pennellate: “Da lassù Napoli era luce tranquilla e scintillìo, era silenzio, seta di San Leucio, porcellana finissima, bagliori dorati, una città che fingeva di essere la promessa realizzata da una divinità arcaica …”
Un libro che non può mancare a chi ama l’arte, in ogni sua forma. Così è stato per i nonni dell’autrice, come per …
… Bruno Elpis
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Napoli narrata attraverso una statuina del presepe
Elegante testo della Cibrario che, mettendo al centro del romanzo una statuina del presepe, ci racconta non solo la storia e le vicissitudini di chi l'ha creata, e negli anni successivi posseduta, ma anche spaccati sociali e storici di tre momenti determinanti della storia di Napoli, fine del '700, i bombardamenti della seconda guerra mondiale e i giorni nostri. La trama:lo scurnuso, che nel dialetto campano vuol dire colui che prova vergogna, è una statuina del presepe creata da un trovatello al servizio di un signorotto nella Napoli di fine '700. Una statuina fatta con amore e passione da parte del suo creatore ,il quale voleva trasmettere proprio il senso di inadeguatezza di chi col passare degli anni non poteva più svolgere determinate mansioni, soprattutto non riusciva più ad eseguire le cose con precisione e cura come negli anni passati. Singolari e poetiche le traversìe sia di Sebastiano, detto Purtualle(il protagonista) che della statuina in sè, infatti l'autrice è bravissima a raccontarci delle case e dei presepi che negli anni succesivi alla sua creazione hanno poi ospitato "lo scurnuso". La Cibrario ci racconta umanità varia collegata alla presenza dello scurnuso in casa ,e nel presepe soprattutto. Si narra di un nobile napoletano costretto a privarsi della statuina per poter salvare una famiglia ebrea dalla persecuzione, così come viene raccontato di un restauratore oculato e attento che ne preserva bellezza e lineamenti, fino all'ultimo presepe in cui lo scurnuso ha presenziato, cioè ai ns giorni in una villa della penisola sorrentina dove una ragazza riceve come dono dal padre questa statuetta per riallacciare rapporti sfilacciati. Storie di vita quotidiana frammiste a considerazioni e spunti relativi ad importanti momenti storici della città di Napoli si propagano dalle pagine di questo originale libro. Consigliato sicuramente Saluti
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Pastori,angeli,geogiane,asinelli e...
Napoli 1792 Tommaso Iannacone , figuraro napoletano, dopo un viaggio in carrozza che sembrava non finire mai,davanti a Suor Basilia e alla Badessa del convento di Sant'Agostino a Caserta, è basito,sconcertato, indignato! Invece dei tornesi pattuiti le suore
gli hanno offerto un bambino da tenere come lavorante si chiama Sebastiano, ma per tutti è "Purtuallo"(arancia).A malincuore Iannacone lascia la splendida Natività alle suore e torna a Napoli con quel bambino;ormai è solo, Ninì la sua splendida bambina se l'è portata via la Morte e la pazzia ha fatto il resto con sua moglie Lucia. Sebastiano da subito si rivela un tipo sveglio e ingegnoso, le sue mani lunghe fanno miracoli con l'argilla.Tommaso è felice, ha trovato un compagno,un amico,un figlio! Ma Tommaso è tutto fuorchè un egoista, una brutta malattia lo sta consumando anche fisicamente,non vuole che Sebastiano viva con lui una vita di stenti,decide di affidare "Purtuallo" all'amico Gaspare Riccio che è anch'esso presepista e scultore, la sua bottega rinomata in tutta Napoli diventerà polcoscenico degno del talento di quel bambino.Sebastiano,al contrario, interpreta questo affidamento,come l'ennesimo abbandono,è stato buttato via dai genitori,barattato per un presepe da Suor Basilia,e ora suo "padre" lo manda lontano,a servizio da sconosciuti in cambio di un tozzo di pane.Anni dopo "Purtuallo" viene chiamato al capezzale di Iannacone ,giunto nella vecchia bottega vede il padre adottivo ridotto pelle e ossa, le mani che hanno dato vita a mille pastori,angeli,animali,Re e soldati,bendate come quelle di un lebbroso, ma nello sguardo muto legge la gioia di rivederlo,legge la soddisfazione di aver fatto la scelta giusta e Sebastiano comprende l'atto d'amore che credeva abbandono.Sebastiano,commosso,afferra un pugno d'argilla ed immortala quello sguardo,Tommaso è diventato un pastore, merita di celebrare per sempre il mistero più grande .
Penisola Sorrentina ,estate 2009, Vicky si è appena svegliata , osserva un gabbiano tuffarsi nell'azzurro, scesa dal letto si precipita sul terrazzo inondato dal sole,colorato dalle bouganville, da lì può guardare tutto il paese verticale precipitare nella baia,sazia di vita si volta, sul tavolino c'è il regalo di benvenuto che le ha lasciato suo padre,è un astuccio,di quelli che si usano per i gioielli,apre la serratura dorata e guarda,stupita, dentro c'è un pastore, è storpio,sdraiato su di un fianco,le mani bendate ,ma gli occhi scintillano d'amore...sulla targhetta c'è scritto "lo scurnuso".
Questa è la lunga storia di una statuina e di un amore che attraverseranno i secoli come il mistero del Presepe. Presepio dal latino "prae saepes" vuol dire letteralmente innanzi al recinto, ed è in questo recinto che dovrete entrare per capirne il magnifico mistero che cela,ma attenzione:
la chiave per aprirne il cancello è ben nascosta, questo romanzo vi fornirà importanti suggerimenti per trovarla.
di Luigi De Rosa