Lei
Letteratura italiana
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Troppo immensa
Con questo libro l’autrice si prefigge un obiettivo molto alto, ovvero “scrivere un ritratto” di una donna immensa: Maria. Ne nasce un libro delicatissimo, come succede sempre quando quest’autrice mette i propri pensieri nero su bianco. Lo stile è a tratti poesia pura e nello stesso tempo fa trasparire la forza, la fede, la vita. Perché Maria è la mamma per eccellenza, con tutte le paure dell’essere madre. In più di un figlio speciale. Così come sono speciali tutti i figli. Ma il suo più di tutti. E, ripercorrendo alcuni fatti dei Vangeli, viene descritto il punto di vista di Lei, i suoi pensieri, il suo amore, il suo dolore. Quando una madre diventa tale, non si sa chi ha dato la vita a chi. Era un libro difficilissimo da affrontare, ma lei, Mariapia, lo ha reso realtà.
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Madre
Avrei potuto dire di no all’Angelo? Certo che avrei potuto, altrimenti il sì non avrebbe avuto alcun valore. (p.34)
Maria Pia Veladiano riflette sulla possibilità della scelta che riconosco sempre come azione di libertà. Un Figlio sceglie Maria come Madre e Lei accetta. Sono anche i figli che ci desiderano madri e padri e ci insegnano a guidarli. Lasciando che ci attraversino, apprendiamo l’arte di lasciar andare, di non capire. Perché non capire, in molte situazioni, è un’arte. Bisogna fidarsi, bisogna perdonarsi, consentire la luce. I figli e le figlie del mondo sono di carne e di sangue, per questo fanno male. Apprendiamo ad amare senza capire e a svelare la relazione di éros, il legame di noità di uomini e di donne. “Vedere è meno di sapere” e la maternità lo sa.
Sono stata tentata.
Di dire non sia mai che lui sia l’inizio e la fine.
Ti chiedo che la sua fine sia quella di tutti
piegato d’anni o di stanchezze o di malattia
ma non dall’odio, a sentire i colpi impensati.
Non si mette al mondo un bambino
per il dolore.
Quando all’inizio ho detto sì, come ho potuto?
...
Se io dimentico l’Angelo,
niente è accaduto, e lui è un bambino
normale.
...
Ma che non sia mio figlio.
Sono stata tentata di sperare che capitasse a un altro figlio.
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Il Vangelo secondo Maria
Lei è Maria, “Sede della Sapienza, Causa della nostra letizia, Tempio dello Spirito Sabto, Tabernacolo dell’eterna gloria, Rosa mistica, Regina dei martiri…”, affrescata da Mariapia Veladiano nella sua essenza di donna, che vede il Figlio non come divinità, ma come essere umano – un neonato, un bambino, poi un giovane originale e particolare - nel ruolo di madre.
Eventi evangelici come la strage degli innocenti, la fuga in Egitto (“Sono stata straniera in Egitto. Clandestina, ricercata dalle guardie di erode, ogni ombra era una minaccia. La notte tenevo il Bambino attaccato al seno perché nemmeno un gemito turbasse il silenzio… I predoni… hanno alzato il pugnale ma poi i loro occhi si sono posati sul Bambino e allora hanno lasciato cadere il pugnale ai suoi piedi e sono scappati lontano”), la disputa con i dotti del tempio di Gerusalemme, l’eremo nel deserto… sono narrati da questa particolare angolatura, umana e mistica al tempo stesso, che – pur cogliendo la straordinarietà del Bambino – anela a una dimensione di normalità (“Chiedo una vita normale, per te una vita normale”) che tuttavia confligge con il destino assegnato dal mistero religioso e con la storia.
La forma mista dell’esposizione, sempre oscillante tra prosa e poesia, soffonde la narrazione di atmosfera sacrale.
Giudizio finale: materno, sofferente, evangelico.
Bruno Elpis
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Poeticamente umana
Poeticamente umana
Già nel titolo la prospettiva di interpretazione suggerita proietta il lettore verso l’analisi dell’umanità femminile del personaggio che è probabilmente il meno giudicato e , forse, il meno “criticabile”in senso lato, dei Vangeli: Maria di Nazareth. Da sempre collocata nell’immaginario dei credenti , e non, come simbolo di purezza, grazia, maternità universale, di “Lei”,appunto personalmente,si conosce poco: “di me non si sa da dove vengo, sono nata con mio figlio, resa madre dal suo apparire... come se prima del bambino non fossi esistita...anche il dopo il testo non lo racconta”. Ma l’autrice riporta alla concretezza questa donna storicamente un po’ evanescente ponendo l’accento su quelli che sono i caratteri di fisicità e sentimento che hanno costruito, come per tutte le madri, un rapporto naturale di gestazione e attesa prima e di genitorialita’ per oltre trent’anni con un figlio sicuramente “speciale”.
La narrazione del lato umano di Maria viene scandita così attraverso gli episodi del Vangelo che partono dall’Annunciazione fino alla morte e resurrezione di Gesù. Le pagine si connotano di descrizioni fluide, asciutte, psicologicamente penetranti e poetiche delle emozioni, dei disagi,delle speranze ed anche delle paure che una giovane donna fin troppo acerba ed ingenua sperimenta con la consapevolezza particolare di essere la madre del Dio vivente e di avvertirne il peso, presagendone il futuro di grandezza per il messaggio d’amore che egli avrà il compito di annunciare ma anche il dolore per una morte ingiusta a riscatto della salvezza del prossimo.
È un calice amaro ma anche una felicità intensamente intima quella descritta per voce di Maria, una vita fatta di una normalità sempre agognata, mai completamente vissuta, tesa, troppo tesa per essere confessata apertamente agli altri che chiedono a Lei di comprendere il ruolo di suo figlio sulla Terra( Giovanni, Giuda e perfino Pietro ).
Le pagine del libro riescono a rendere compartecipe il lettore della profondità di sentimento di questa giovane donna. Ciò che però rischia di rendere l’intento poetico poco incisivo ed accattivante( anche perché la storia comunque già tutti la conosciamo!) è lo schivare volutamente l’aspetto spirituale del soggetto che è comunque essenziale per la connotazione del suo lato umano, soprattutto se dall’angolo di interpretazione di questo personaggio non se ne valuta l’aspetto della fede intesa come fiducia ed assoluto convincimento di assolvere al suo compito di madre e figlia del suo stesso figlio e di interprete silente ma non passiva della missione di lui. Una sfida magari ardita se laicamente intesa ma almeno meritevole di un tentativo da parte di una scrittrice di grande penetrazione dal punto di vista dell’uso lessicale e stilistico ed originale nella costruzione narrativa