Le nostre assenze
Letteratura italiana
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Assenze e presenze nelle assenze
«Raccontava di quando gli avevano messo i punti; era stato tenuto fermo da tre infermieri. Insomma, si atteggiava a ometto. Uno che ha visto mezzo mondo e te lo racconta con poca voglia tenendosi per sé il più bello, perché tanto non sapresti capirlo mai.»
Piccola ma doverosa premessa: Sacha Naspini torna in libreria con “Le nostre assenze”, opera classe 2012 che volontariamente è stata riampliata e riformulata per la inedita pubblicazione con E/O, casa editrice che si sta prodigando di ripubblicare tutti i titoli dell’autore precedentemente usciti con altri marchi editoriali. Questo ha comportato una rilettura dell’opera in chiave più matura e una conseguente rielaborazione della stessa. Per questo, arriva adesso tra gli scaffali in una formula completamente rinnovata.
Premetto di aver letto in passato l’edizione a cura di Elliot editori e di essere rimasta altrettanto affascinata dall’edizione 2022 a cura delle Edizioni Est/Ovest. Naspini ha la grande e unica capacità di riuscire ad arrivare ai suoi lettori con grande empatia e forza narrativa. Questo dipende anche dal fatto che lo scrittore introduce all’interno dei componimenti tanto di sé. Come, appunto, in “Le nostre assenze” dove il riferimento autobiografico è chiaro e inequivocabile.
Tra queste pagine a parlare è un ragazzino. Un giovane di nemmeno dieci anni che vive in quel della Toscana, teatro e scenario consono alle varie opere, senza nome effettivamente conosciuto, che vive in una realtà familiare disfunzionale. Se la madre lo ha avuto in giovanissima età, il padre è fin troppo spesso assente e la nonna, Bina, è l’unica ad essergli vicina. Anche nei momenti di dispetto maggiore. Sovrappeso, dispettoso, irruento, è il giovane, in particolare nei confronti di Michele che vive in una specie di discarica alimentandosi delle merendine che gli fornisce il protagonista e abbigliato con i suoi abiti smessi. I piccoli antieroi vivono nel territorio per eccellenza dei tombaroli cacciatori di tombe e reperti etruschi. Lo stesso padre del ragazzino non è da meno in questa arte. E come può il figlio insieme al succube Michele sottrarsi al sogno di trovare quel tesoro capace di assicurare ricchezza e prestigio? Non desideriamo forse tutti trovare quel tesoro sepolto che possa darci serenità, gioia, felicità e appagamento? Quel tesoro che ci completi e renda pieni e satolli di emozioni?
La storia prosegue con rapidità, con tono drammatico, con forza. Si lascia il paese, ci si sposta a Follonica, poi ancora a una dinamica famigliare che sarà oggetto di legami e sentimenti. Un fatto sconvolgerà il giovane ma rappresenterà per lui anche un momento di rinascita.
Una storia violenta, complicata ma anche di grande impatto emotivo. Al tutto si somma una penna che scava nel profondo, che tocca le corde più intime e oscure, che non fa sconti. Il tutto con una visione lucida e cristallina.
Indicazioni utili
Bambini deviati....
Premesso che ho letto qualche anno fa "I cariolanti" dello stesso autore, un grandioso libro dove la scrittura creativa, il personaggio Bastiano erano un comune denominatore che ha mantenuto alti i livelli dalla prima all'ultima pagina. Il dolore e la percezione del vuoto, del macabro che si insidia nell'uomo ha origini ataviche ed anche in questo romanzo "le nostre assenze" la percezione è la stessa ma con una differenza, le prime cento pagine ti mettono ansia perchè qualcosa di sinistro e diabolico sta succedendo riga dopo riga. E' sempre colpa dei genitori se i figli sono buoni, se sono cattivi, se sono intelligenti o se sono dei codardi, ma se subentrano le assenze di chi è la colpa? Di Bastiano e dei cariolanti sicuramente! Peccato, è mancata la sua presenza e il suo spettro non è l'amico di Michele. Poi finisce col risaltare situazioni non solo poco credibili, ma molto estreme e che lasciano il gusto amaro fino a quando mi sono detta che il finale forse era troppo "americano".