Le menzogne della notte
Letteratura italiana
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Loro gli evangelisti, lui il Padreterno?
Quattro come gli Evangelisti al cospetto di un Padreterno del quale non vogliono rivelare l’identità, un soldato, un poeta, un barone e uno studente aspettano l’alba della loro morte. Cospiratori condannati alla ghigliottina condividono l’ultima notte con frate Cirillo, noto rivoluzionario. Chi sono in realtà questi uomini, qual è la loro identità svelata in parte dal loro ultimo racconto in quella terribile notte? È vero ciò che raccontano? Intanto il Governatore attende quel nome, in cambio, chi lo svelerà , avrà salva la vita. Loro decidono invece di non cedere alla tentazione e accolgono l’invito del pesto frate Cirillo a trascorrere le ultime ore raccontando il loro momento di massima felicità.
Quando in vita furono veramente felici?
Si apre così una narrazione dentro la narrazione, un Decameron notturno che allontana l’attenzione del lettore dall’evento atteso. Ogni racconto ci immerge in un mondo a parte , in atmosfere ancora più irreali, atemporali,rispetto a quelle, bellissime, già assaporate nella cornice. Ognuno dei quattro episodi è seguito da riflessioni e commenti. Tutto diventa fumoso, evanescente ma compiuto come una narrazione perfetta. Un colpo di scena finale riassume l’intento del sagace Bufalino e ne rappresenta al massimo grado l’ingegno, l’estro, l’acume. Come in ogni sua opera i rimandi extratestuali arricchiscono una prosa ricercata dal linguaggio forbito ma gradevole: una vera sfida all’ingegno e un piacere quasi musicale.
Sempre consigliato.
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Il dilemma dei congiurati
Quattro condannati a morte: il barone Ingafù, il poeta Saglimbeni, il soldato Degli Incerti, lo studente Lucifora. Colpevoli di una congiura ai danni del sovrano, rivelatasi però solo un inutile tentativo: per la mestizia dei congiurati, la strage che ne è seguita non ha scalfito la buona salute del Re.
Una storia che si svolge in uno spazio e in un tempo ristretti all'estremo: nella cella di una prigione borbonica (cella che i quattro condividono) e nelle otto ore notturne che li separano dall'esecuzione capitale (la decapitazione prevista poco dopo l'alba).
Nell'inviolabile spazio di tredici piedi per diciassette, tuttavia, gli attentatori non sono soli: in un angolo, in bella mostra, un bussolotto e quattro fogli bianchi. Perché più della vita dei prigionieri, e di altri congiurati sparsi altrove, al sovrano interessa conoscere l'identità del loro capo, colui che tra gli affiliati è appellato col soprannome di “Padreterno”... e altro di lui non si sa.
Il Governatore della fortezza in persona promette la salvezza ai quattro prigionieri se al termine della notte, dissigillando l'urna, anche un solo foglio sarà stato compilato con il nome del Padreterno. Chiuso in un dilemma ai limiti del sadismo – in quanto nella cella si condividono la presenza e gli sguardi di tutti gli altri – ciascuno ha otto ore per decidere a quale destino andare incontro.
Raccontato così, “Le menzogne della notte” potrebbe sembrare una sorta di thriller psicologico.
Si tratta, invece, di un'opera letteraria di altissimo livello, prima di tutto in quanto la lingua scelta dallo scrittore siciliano riporta volutamente al tempo in cui la storia si svolge, e lo stile, di conseguenza, vi si adegua. Se si aggiunge una grandiosa capacità di animare e rapportare tra loro i cinque personaggi principali della storia, si può avere un'idea di quanto la lettura del testo sia consigliabile.
Il quinto protagonista dell'intreccio non è il Governatore – che sembra restarne ai margini – bensì Frate Cirillo, soprannome con il quale è conosciuto un temutissimo brigante. Egli ha avuto la sventura di essere arrestato pressappoco nel periodo in cui la congiura è avvenuta, e dunque, in quanto condannato a morire entro la stessa alba, viene messo nella cella con gli altri quattro (che mostrano una certa curiosità per quella personalità ritenuta, fino allora, inafferrabile).
In tale spazio, Frate Cirillo si impone: non sembra lui l'intruso ma quegli altri, cui si rivolge come a criminali improvvisati (non hanno, a dimostrazione di ciò, ancora la possibilità di salvare la propria pelle mentre lui non ha scampo?).
Appurato come ognuno sembri comunque deciso ad accettare il proprio destino, è lo stesso brigante a suggerire quale sia il miglior modo di passare la notte: ciascuno avrà la possibilità di raccontare ciò che della propria vita ritiene degno di ricordo, anche se, presumibilmente, nessuno resterà a tramandarlo ad altri.
Cinque capitoli per cinque storie, dunque, e al lettore l'onere di capire in quali di essi, o degli altri nove, si celino “Le menzogne della notte” e perché.
Come si intuisce, l'impianto del romanzo lo rende ottimale per una rappresentazione teatrale: un pregevolissimo atto unico per un racconto “a orologeria” che predilige la robustezza dei dialoghi, ma non fa mancare i colpi di scena. Merito di un'idea – in fondo, semplice – che meraviglia per la grandiosità dei suoi contrasti: primo fra tutti, l'universale tema della ribellione ad un regime tirannico trattato nello spazio angusto e semibuio di una prigione che si prospetta come anticamera della fine.