Narrativa italiana Romanzi Le due città
 

Le due città Le due città

Le due città

Letteratura italiana

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Protagonista de "Le due città" è Emilio Viotti, personaggio dai tratti fortemente autobiografici, nato e cresciuto a Torino in un clima di conformismo borghese, ipocrita e classista, e finito a dannarsi l'anima e perdere la vita a Roma, la città della seduzione e della tentazione. Il romanzo copre un vasto arco temporale, poco più di quarant'anni, dall'impresa di Libia al secondo dopoguerra e narra l'evoluzione di Emilio dallo stato di candore e onnipotenza infantile al ruolo di affermato produttore cinematografico, ricco dongiovanni, raffinato quanto astuto opportunista che, dopo aver dispendiosamente goduto di ogni cosa, è costretto a riconoscere, dall'orlo del suo baratro di agiatezza e ipocrisia, di aver completamente mancato la propria vita. Si rende conto di essersi lasciato e guardato vivere, sempre a metà, sempre sospeso tra un mai-più e un non-ancora, tra il qui e l'altrove simboleggiati appunto dalle due capitali, Torino e Roma. Ma è proprio da questo personaggio, un vero "uomo senza qualità", che l'arte di Soldati ha saputo trarre un groviglio incandescente di sostanza umana, liberandolo da una "quiete vuota e senza fondo".



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Le due città 2018-09-09 07:41:10 Niki
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Niki Opinione inserita da Niki    09 Settembre, 2018
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il conformismo che ci appartiene

Difficile recensire questo bellissimo romanzo; comincerei sconsigliandolo a chi non vuole leggere 550 pagine, a chi ama i thriller sincopati e i romanzi 'usa e getta'. Consigliato, invece, a chi apprezza le descrizioni dal sapore ottocentesco, i risvolti psicologici, e l'atmosfera italiana. Le due città del titolo sono Torino e Roma, nettamente contrapposte nel cuore e nelle esperienze del protagonista: la prima è amata in modo viscerale, senza condizioni; rappresenta le radici, le tradizioni, la giovinezza, la genuinità unita alla serietà. Roma è amata e odiata, è il ricettacolo dell'opportunismo, dell'ipocrisia smargiassa, dell'ottusità, della fatuità ... Ma è anche un'irresistibile fonte di guadagno in virtù dell'accentramento dell'industria cinematografica operata dal regime fascista, di divertimento sfrenato senza costrizioni morali. Se Torino riporta ai valori 'veri', Roma li fa dimenticare su due piedi, ed Emilio Viotti li dimentica, pur con qualche occasionale remora. La sua ascesa economica corrisponde alla sua discesa morale; nonostante sia consapevole che la sua strada e la sua natura lo vorrebbero condurre verso una vita più 'vera', fatta di genuina felicità e di realizzazione personale, egli continua imperterrito a inseguire l'agognata ricchezza, a causa, forse, della fantomatica eredità di un prozio di cui favoleggiano i genitori e che condiziona la sua fanciullezza. Emilio finisce per vivere nel conformismo più gretto, fatto di successo, soldi e donne, farcito di giustificazioni, sempre alla ricerca di qualcosa che lo appaghi davvero ma troppo debole per contrastare la routine in cui si è invischiato. Si barcamena, non prende mai una posizione decisa, è un antifascista a cui il fascismo fa comodo,dichiara un amore fraterno/paterno per l'amico di sempre, Piero, ma non si fa scrupolo a tradirne la fiducia, conosce il vero amore ma si accontenta delle scappatelle, tutto in nome di un'agiatezza, di una comodità che lo intrappola a tal punto da non permettergli più alcuna ribellione; in un certo qual modo, ci si riesce pure ad immedesimare, tanto che la malinconia e una sorta di tristezza mi ha accompagnata nella lettura. Sullo sfondo l'Italia geografica e quella storica, ben inserita nella vita del protagonista senza diventare mai didascalica. Solo il finale lascia un po' perplessi per la sua sensazione di troncatura.

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