Le affinità alchemiche
Letteratura italiana
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Rapporti incestuosi
Finalmente e ripeto FINALMENTE, ho terminato questo libro che non mi ha per nulla entusiasmato.
La storia parla di due fratelli gemelli, Giovanni e Selvaggia, loro hanno vissuto per anni lontani perché i genitori si erano separati poco dopo la loro nascita.
Quando si rincontrano sono ormai maggiorenni però non si comportano come fratelli bensì hanno atteggiamenti da fidanzati.
Il libro è completamente incentrato nei loro comportamenti incestuosi e molto spesso ho trovato la trama estremamente lenta e noiosa.
Lo stile con cui è scritto il testo non mi ha per nulla colpito e ho trovato i due personaggi principali ben poco affascinanti, lui è un pollo e lei una poco di buono.
Il finale è stato una vera e propria manna dal cielo, se devo dire la verità anche un po’ scontata.
Che altro dire?
Purtroppo è stato uno spreco di denaro, di sicuro non ve lo consiglio!
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Alchimia Confusa
SPOILER
Inizialmente ero curiosa di conoscere questi due fratelli, di capire come erano arrivati ad innamorarsi... ma poi mi sono trovata davanti questi due adolescenti, viziati, accecati dal desiderio l'uno dell'altro. Se all'inizio la narrazione mi era sembrata piacevole man mano che continuavo la lettura è diventata piuttosto noiosa e ripetitiva. Giovanni, geloso in modo patologico e quasi senza una volontà propria visto che alla fine asseconda QUALSIASI assurda scelta della sorella. Lei egoista e macchinatrice. Questa coppia di genitori davvero poco credibili e inesistenti.
Giovanni e Selvaggia che sembrano davvero pronti ad affrontare qualsiasi avversità e che poi all'improvviso decidono di suicidarsi (ah no, è lei a decidere) con queste capsule sbucate provvidenzialmente dalla "piccola borsa di vernice rosa" di lei. Sono perplessa!!
Non mi ha convinto per niente, non sono riuscita ad affezionarmi a nessun personaggio. L'unica cosa a salvarsi un po' è lo stile.
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Giovanni e Selvaggia
Esordio da sottolineare, a mio avviso, per la giovane scrittrice ventenne Coltorti. Magari il tema centrale, che a breve vi dico, è stato scelto x scatenare polemiche e curiosità, non si può negare, ma il risultato, sempre per quanto mi riguarda, è un romanzo scorrevole, mai con toni accusatori o faziosi e soprattutto molto delicato e sentimentale. I protagonisti del testo sono due fratelli gemelli(Giovanni e Selvaggia), che per motivi accidentali e soprattutto a causa della separazione dei genitori han vissuto in posti diversi fino a 17 anni, per poi ritrovarsi sotto lo stesso tetto a...Verona(città scelta non a caso...).
Tra i due scocca molto di più che rispetto, stima e feeling,..i due si piacciono da tutti i punti di vista e si amano.
Come avrete ben potuto capire il tema del libro è l'incesto, un argomento scottante e drammatico ed è molto brava l'autrice a descrivere e narrare tutti i turbamenti, i sensi di colpa, le passioni sfrenate e i sentimenti umani più variegati che due innamorati possano provare, con la spada di Damocle sulla testa però che tutte e due ben sanno di avere. Voglio concludere proprio con uno scambio di battute emblematico tra i due ragazzi
...""Che c'è di male ad amare?" ti aveva domandato lei "Niente" avevi risposto "Allora perché sembra tanto sbagliato amare te?" .."Perché lo è"...Solo perché sei mio fratello? L'amore non dovrebbe essere incondizionato, posto fuori da ogni controllo della società ? Dov'è scritto, e chi l'ha detto, che due fratelli come noi non possono amarsi? In fondo non facciamo male a nessuno"..."Lo hanno scritto duemila anni di storia e l'ostracismo di praticamente tutti i viventi. Bè, quasi a nessuno" avevi concluso...Lei aveva sospirato "Hai ragione , ma a me non importerebbe niente se tutto il mondo fosse contro di noi, o se il pregiudizio della gente ci emarginasse. Mi basteresti tu, per essere felice"" ...
Particolare
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Il "Romeo e Giulietta" dei poveri
SPOILER
Avevo voglia di leggere qualcosa di diverso sull'amore,qualcosa di particolare, anche estremo, essendo di stomaco bello pesante,ma dopo il tentativo con 50 sfumature mi ero rassegnata a non poter trovare qualcosa di decente.Su internet avevo letto la trama di un altro libro che tratta di un amore particolare,Proibito della Suzuma,così lo avevo comprato e mi era piaciuto abbastanza.
Cosi tanto per rimanere in tema di amore incestuoso ho cercato un altro libro del genere e mi sono imbattuta in "Le affinità alchemiche".
Già il titolo non mi ha dato un impressione di grandissima originalità dell'autrice, copiato da" le affinità elettive" di Goethe ,quindi sono partita a leggere questo libro con un pò di pregiudizi che poi si sono manifestati durante la lettura;anche l'età della "scrittrice" cioè 20 anni e mia coetanea non mi ha affatto convinto.
Il libro è scritto in seconda persona e ciò non rientra nei miei gusti e non l'ho trovato neanche adatto al romanzo,avrei preferito una classica 3° persona o la 1°magari alternandosi i punti di vista, come in Proibito;lo stile è estremamente ridondante a volte noioso e pieno pieno pieno di seghe mentali di Jhonny. Se qualcuno mi chiedesse di spiegare la trama di questo romanzo non ne sarei capace, non ha una trama strutturata e solida, mi verrebbe solo da dire che è ambientata a Verona e tratta di un amore tra fratelli che alla fine boh si uccidono,prendendo questa decisione con leggerezza a mio avviso.
L'idea dei fratelli gemelli separati poteva anche essere buona, magari facendoli incontrare da adulti e facendoli innamorare,ma è molto inverosimile che i genitori si separano e si dividono i figli gemelli in tale maniera,la madre si prende la femmina e il padre il maschio,non facendoli vedere per anni se non con fotografie,l'ultima delle quali risaliva a 4 anni prima! Ma cioè anche facendo intervenire la distanza fra Genova e Verona non c'è motivo che questi fratelli non si siano visti per anni e anni,senza contatti neanche telefonici,considerando anche che i loro genitori sono in buoni rapporti tantochè si rimettono insieme subito,mah!
Le prime pagine sono NOIOSE, si salva solo prologo che mi è piaciuto abbastanza,quando si inizia a muovere la storia c'è un minimo di interesse ma mi è sparito quasi subito.
Odio profondamente il fatto che Selvaggia chiami Giovanni "Johnny", non ne capisco il motivo;vuoi chiamare un personaggio johnny?FALLO! Inglesizzare il nome Giovanni non ha senso,poteva trovare un diminutivo,vezzeggiativo diverso e più carino per il fratello..
I loro genitori mi sembrano due idioti,lui notaio ma sembra uno zerbino della moglie ,lei commissario di polizia ma frivola come la peggiore showgirl e senza un libro in casa tranne il libro sulla dieta Dukan,che accoppiata..
Neanche i protagonisti mi piacciono,soprattutto Giovanni e le sue lunghe noiose e senza senso seghe mentali ad esempio quando sua sorella non lo calcola per un paio di giorni inizia a farsi film che manco Kubrick, dandole della doppiogiochista,falsa etc.. per poi sciogliersi come ghiaccio al sole quando la rivede.
Giovanni e Selvaggia sono fratelli,quindi in teoria dovrebbero fare moltissima attenzione alle loro effusioni in pubblico o anche in famiglia, ma cosi non fanno,la madre inizia a sospettare e poi a Capodanno i due geni si fanno vedere in atteggiamenti ambigui da praticamente tutta la scuola!
è normale che la gente li guardi disgustata e con disprezzo,non si può pretendere il contrario essendo l'incesto illegale in italia,punibile da due a otto anni di carcere,ed essendo un tabù molto presente."Chi non vi fissava con disprezzo agiva da dentro una curiosità crescente,quell'attrattiva per il macabro che spinge le persone a radunarsi intorno a un incidente per vederne i dettagli più cruenti e poi prorompere in smorfie orripilate.Di sicuro non ti aspettavi una festa in vostro onore , nè l'approvazione di qualcuno ma non avresti mai immaginato una reazione cosi indignata"cit
La reazione indignata è il minimo, sarebbe stato assurdo e ridicolo che la gente non li avesse guardati con indignazione e anzi li avesse guardati sorridendo e applaudendo!
Da li il loro rapporto ambiguo è sulla bocca di tutti a scuola,ma cavolo se evitavano di dare stupido spettacolo non accadeva niente i tutto ciò;Discrezione prima di tutto se si hanno rapporti incestuosi con qualcuno...Poi accade il fattaccio, Selvaggia resta incinta,quindi i genitori li scoprono e loro scappano e decidono di uccidersi.Questa parte mi ha fatto arrabbiare, decidono in 10 minuti di togliersi la vita,nonostante il bambino e molteplici scelte e decisioni migliori che potevano compiere; potevano scappare all'estero, abortire ,continuando poi a stare insieme e a vivere.Questa scelta starà stata fatta solo ed esclusivamente per rimarcare una inesistente analogia con "Romeo e Giulietta", con cui questo libro non ha niente a che fare, gli unici punti in comune sono verona e il suicidio;associare tale classico della tragedia e questo libro è a mio parere una bestemmia.
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Contiene spoiler
In primis il libro affronta un argomento su cui, nei miei 65 anni di vita da figlio unico ed i 40 con figlia unica, non mi sono mai soffermato a pensare. Risultato tangibile: mi sono letto tutta la Legge matrimoniale Italiana e mi sono informato su usi e costumi in vigore in altri paesi ed in altre religioni. Quindi il libro ha svolto la sua funzione principale. Mi ha dato da pensare. La conclusione mi ha trovato dalla parte dei ragazzi. Se non fa del male a nessuno perchè non deve essere lecito? Tralascio volutamente gli aspetti medici. Inoltre mi sono domandato come i beghini, bigotti, benpensanti possano pensare di intervenire, per esempio, nel caso in cui due ragazzi abbiano lo stesso padre ma ne siano incosapevoli? Però, a parte le mie opinioni che giustamente non interessano a nessuno, devo dire che il finale del libro mi ha un pò deluso. In primis è scontato. Tutti si immaginano una fine tragica. Poi la parte susseguente alla pubblicizzazione dell'incesto è molto tirata via. Sembra che l'autrice sia stata colta dal ricordo di un pressante impegno ed abbia chiuso il libro con tre parole. Mi sarei aspettato, a fronte delle pagine spese nel raccontare l'amore, una maggiore puntualizzazione sull'ostracismo esterno che i due devono subire ed un maggior approfondimento del rapporto con i genitori. questi ultimi rimangono di sasso alla notizia e reagiscono male. Al che si parte per il viaggio senza ritorno. Troppo semplice. Cosa ci si aspettava che una notizia del genere fosse presa con un : - Bene, siamo contenti, almeno si risparmia una stanza.-". In ultimo, ma non meno importante, anzi, la decisione finale contrasta in maniera insopportabile con lo skil caratteriale dei due ragazzi. Specialmente con quello di Selvaggia. Per tutto il libro sono stati dipinti come due guerrieri disposti a lottare pur di difendere il loro amore. Poi, alla prima, per altro preventivata, difficoltà vera trovano la soluzione più facile: si arrendono, perdono, la danno vinta a chi li osteggia senza un minimo tentativo di difesa. Il suicidio, secondo me, è sinonimo di paura e di vigliaccheria. E' un sentimento umano comprensibile. ma loro non ci hanno neppure provato. Il finale mi ha deluso.
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NOIOSO
Sono arrivato a pagina 70 e non credo di poter proseguire. A parte che non succede praticamente nulla, mi chiedo come sia sostenibile la storia di due gemelli che hanno vissuto per 18 anni uno a Verona e l'altra a Genova (sottolineo Verona e Genova, non Sidney e Catanzaro) senza mai comunicare e senza neanche aver mai manifestato il desiderio di conoscersi.
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Lacrime
Parto dicendo che ho quattordici anni e alla fine ho pianto e quindi potete anche ignorare la mia opinione.
L'inizio mi piaceva, volevo andare avanti per scoprire come continuava. Il ragazzo mi assomigliava molto caratterialmente e quindi volevo andare avanti a leggere anche per questo.
Verso la metà ha iniziato ad annoiarmi perchè troppo ripetitivo e non vedevo dei particolari colpi di scena.
Poi invece, alla fine è diventato più scorrevole e intanto mi ero affezionata a questo amore impossibile.
Non avevo mai letto un libro dove la narrazione era in seconda persona, ma mi è piaciuto.
Un po' strana come storia ma emozionante e che comunque ti fa sentire benissimo l'emozioni del ragazzo.
Però non è male da leggere e potreste scoprire molte cose su voi stessi.
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Troopo simile ad un vecchio romanzo dimenticato
SPOILER
Il libro ha molti punti in comune con il vecchio bestseller della letteratura di consumo "Colei che non si deve amare" (1910) di Guido Da Verona, che nello scrivere la sua storia d'incesto s'era largamente ispirato, pure lui, a J. Ford, Sheakespeare (Romeo e Giulietta), Dumas (La dama dalle camelie).
Anche in da Verona la sorella è una bellissima "donna fatale" disinvolta col sesso, che porta il fratello al suicidio. Anche in Da Verona, come in Coltorti, la sorella era stata segnata nell'infanzia da una madre libertina, capricciosa, priva di morale, che l'aveva resa testimone del proprio turnover di uomini. Anche in Da Verona il "Lago" è il rifugio per igli amanti incestuosi, che lì possono fare i fidanzatini perchè nessuno li conosce.
Anche il fratello incestuoso del Da V. è "schiavizzato" dalla sorella che gli fa fare tutto ciò che vuole. Perfino lo stile dei due libri è simile, antico, ricco di periodi lunghi e di termini desueti.
Da notare che l'autrice mondadoriana sembra far riferimento al Da Verona quando scrive: “Il desiderio l'uno dell'altra dettava tutte le sue leggi obbligatorie e a ben guardare non scritte, o forse scritte solo in vecchi libri di antichi romanzieri se non proprio dimenticati certamente poco noti...” (Affinità, p. 136)
Un esempio di citazione "gemellare-incestuosa", riguardante il Lago come rifugio d'amore:
Giovanni:
“Questo è il nostro paradiso” avevi sussurrato “Qui non c'è niente che possa impedire il nostro amore. Qui siamo noi stessi e qui tu sei solo mia...” ( Affinità, p. 213)
Mentre Arrigo:
La città era lontana, quasi dimenticata; nessuno li conosceva in quel sereno golfo lacustre....Egli non aveva più il terrore che alcuno sorprendesse il suo segreto... (Colei, p. 338).
Il finale è diverso, perchè Da V. ricalca molto Ford, mentre invece Coltorti vira decisamente su Sheakespeare. Ma questo non basta per reprimere una domanda: Dove sta l'originalità del nuovissimo romanzo, già vincitore del concorso "Pagine Nuove"?
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Entusiasmo e noia.
PICCOLO SPOILER
Vidi questo libro appilato ovunque alla Mondadori di piazza Duomo a Milano e volevo comprarlo a tutti costi, alla fine ero così felice di averlo comprato che passai un sabato sera intero a leggerlo e arrivai quasdi a metà. Dopo quella sera l'ho ripreso in mano solo poche ore fa e ho letto il finale. Le prime pagine ti catturano, ti prendono, anche se di primo impatto la narrazione può risultare alquanto strana, non avevo mai letto un libro scritto così. Gaia Coltorti è stata brava in questo, mi ci vedo nel modo in cui scrive anche perchè abbiamo la stessa età, ma quelle esclamazioni in stile fumetto, mia cara, proprio no. Per quanto riguarda la storia, "il nuovo Romeo e Giulietta" mi ha lasciata un po' di stucco: le prime pagine si leggono bene ma poi la cosa diventa molto noiosa, ripetitiva, pesante anche perchè l'amore fraterno così passionale è un argomento non proprio leggerino. Per non parlare del finale che su un mattone di libro occupa solo poche pagine, un finale che si lascia già intravedere ma che non ho apprezzato molto forse perchè il culmine di quel "troppo" che ho scritto prima. In conclusione dico che mi sarei aspettata di più da un libro così promettente e da un'autrice della mia età, c'era già un Giulietta e Romeo, fallo finire almeno in un modo diverso, Gaia!
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A proposito di "Le affinità alchemiche"
Erano dieci, quindici anni che non usciva un romanzo così. Tutti i presenti possono crederci e star tranquilli.
Non è che mi «rode il culo», proprio sono in coma totale, di fronte alla pre-sunzione di sapere e conoscere che galleggia sul Web.
L’una cosa è la libertà di “applaudire” o “fischiare”, fare delle pernacchie o emettere il verso del bue muschiato, tutt’altra cosa è averne la facoltà: cioè possedere proprio i titoli, gli strumenti e le competenze per esprimere un giudizio “serio”, cioè articolato, argomentato e motivato.
Io stesso, che pure sono laureato in Lettere moderne ? la tesi di letteratura italiana moderna e contemporanea mi s’intitola “Il difficile amore. Quattro “casi” della nuova narrativa italiana” ? sono per esempio un emerito ignorante in materia di Storia dell’Arte e, al cospetto di chi se ne intende, andrei incontro alla magra figura che merito se entrassi in un museo come il Louvre con dei bermuda da turista e avessi la pretesa di pronunciare stroncature e sentenze riguardo ad opere che non ho nessun titolo, nessuno strumento per criticare in modo adeguato.
È la stessa magra figura da turisti dell’Arte che gli improvvisati critici qui presenti stanno collezionando al cospetto di chi pure, in grazia d’un commovente amore per la giustizia, si prende la briga di provare a rispondere loro. Se anch’io mi cimento nella medesima impresa, non è perché sono amico di Gaia Coltorti, ché la conosco quanto la conoscete voialtri, ma è perché “Le affinità alchemiche”, questo intrico di spine, questo «disperato teatrino» come recita la frase in esergo ? a proposito, l’avete per caso letta la frase in esergo?, perché quella potrebbe schiudervi tante porte ? non è un romanzo che si lascia prendere sottogamba, menare per il naso o altro. In generale, la bellezza stessa, non sarebbe qualcosa che uno può permettersi di violare, deturpare e uccidere restando impunito.
Tutti i dottori con o senza laurea qui presenti possono credermi e star tranquilli: l’illustre Vladimir Nabokov, circa mezzo secolo prima, non aveva sapu-to far di meglio scrivendo “Lolita”. Solo, quel fortunato romanzo ha potuto godere della trasposizione cinematografica, ad opera di uno dei più grandi cineasti di sempre. Dovete ammettere che la circostanza rappresenta una discreta bottarella di culo, per dirla in un linguaggio comprensibile a tutti.
Ma a proposito di «quel che succede», cos’è che succede nel famigerato, osannato e scandaloso “Lolita”? Non è forse il lungo e dettagliato racconto di un amore a tutti gli effetti “impossibile”? «Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia. Lo-li-ta: la punta della lingua compie un percorso di tre passi sul palato per battere, al terzo, contro i denti. Lo. Li. Ta. Era Lo, semplicemente Lo al mattino, ritta nel suo metro e quarantasette con un calzino solo. Era Lola in pantaloni. Era Dolly a scuola. Era Dolores sulla linea tratteggiata dei documenti. Ma tra le mie braccia era sempre Lolita.»
Se credete che un incipit tanto teatrale, paraculo e per così dire “odontotec-nico” non sarebbe stato disponibile alla penna di Gaia Coltorti, confrontatelo un po’ con quest’altro: «Ti ricordi? Eravate niente di più che due liceali dopo un incontro d’amore, e lei dormiva, adesso. Ti respirava sul collo, e con la sua soave presenza ti rendeva felice. Le pieghe delle tende. La luce del sole di Verona attraversava le tende, illuminava la stanza, e tu, in quel sentore di voluttà rarefatta intorno a voi, tendevi a perderti. L’appartamento di via Anfiteatro era silenzioso, sospeso nell’alone di compiuta pace che di quando in quando, in modo miracoloso, la quiete pomeridiana sprigiona. […] Il tuo stesso nome ? Giovanni ? per te non avrebbe significato più nulla, adesso, senza avere il suo accanto, un nome che solo a sentirlo ti riempiva il cuore di gioia: Selvaggia. Poiché, prima di lei, tu non eri niente, un ragazzo come tanti che passava inosservato, mescolandosi alla folla. […] Selvaggia era divenuta tutto, per te, in quei cento giorni in cui vi eravate amati. Lei era la tua ragione di vita, ciò per cui respiravi, motivo di scelte estreme, origine di sofferenze e gioie mai conosciute. Di tutte queste cose, entrambi avevate saputo d’essere intrisi fin dal primo incontro, quasi che, in grazia della passione che vi faceva esistere, foste venuti al mondo al solo scopo di amarvi.»
Ma scusate, è come per la musica vera. Come la si riconosce? Be’, è sempli-ce. Per averla frequentata, anzitutto. Per averla frequentata abbastanza a lungo, da saperla infallibilmente riconoscere non appena arriva il momento di riuscirci ? è come la prima volta che hai imparato a leggere ? arriva per te. Il primo incipit citato da “Lolita” di Nabokov è bidimensionale. Il secondo, che appartiene a “Le affinità alchemiche” è tridimensionale e quadrimensionale! Se per vedere meglio e convincersene sarà necessario indossare un paio di occhiali particolari, procuriamoceli al più presto! Ma molto tempo prima che sopraggiunga la cataratta che tutto offusca e annebbia!
Fin dall’inizio, fin dalle prime due pagine de “Le affinità alchemiche, non ci viene risparmiata la verità: il giovane Giovanni giace a letto con Selvaggia, e Selvaggia è sua sorella. Cos’altro deve ancora “succedere” che non sia già successo, fra mille cordogli e stupori che ci verranno meravigliosamente raccontati in seguito?
Dottori e dottoresse, con o senza laurea, se si legge un romanzo con l’idea di essere seduti al cinema, in attesa non del racconto di un mondo e di un modo di essere in quel mondo, ma di chissà quali sobbalzi, inseguimenti, effetti speciali e spargimenti di sangue, davvero si sta aspettando sotto la pensilina sbagliata.
Nuovi colpi di scena dovrebbero essere in agguato ogni minuto proprio come al cinema? Se all’alba del XX secolo fu il cinema ad attingere largamente al patrimonio letterario nel tentativo di legittimare se stesso sul piano culturale, verso il crepuscolo del secolo comincia ad accadere il contrario. Da allora, nel giro di pochi decenni, le narrazioni fatte di effetti speciali e trucchi, quasi fossero delle sceneggiature spacciate per romanzo, sono venute in gran voga anche perché rispondono al bisogno di “azione”, di “cinema”, di “videoclip, di “immagini in movimento”, della gran massa dei fruitori. Tutto ciò comporta conseguenze non marginali, probabilmente decisive, per la destinazione e la natura stessa dell’opera letteraria. In barba a qualsiasi verosimiglianza, la narrativa di cui è maestro Andrea De Carlo tende così ad acquisire tratti sempre più “cinematografici”, a colorarsi di “effetti speciali”, a procedere per “trucchi”, finalizzati a tenere desta l’attenzione del pubblico.
Il cinema, quell’autentico ordigno che riversa su di noi l’onere della sua tec-nologia fatta di immagini sempre più veloci e suoni spesso violenti, secondo molti avrebbe reso, o renderebbe necessaria, una nuova maniera di scrivere la letteratura. Va bene, intanto non siamo già più in grado di pensare quello che volevamo pensare, poiché le immagini si sono collocate al posto dei pensieri, e adesso vuoi vedere che ambiscono a mangiarsi pure tutte le parole?
È ovvio che chiunque abbia a portata di mano un calcolatore per fare i conti, eviterà di farli a mano o su un foglio di carta. Accade anche per le immagini e per il racconto delle emozioni. È anche così che piano piano il pensiero fugge da noi o atrofizza le sue funzioni.
Su queste basi, nulla nel mestiere di scrivere - non addentrandoci in questa sede nei discorsi che riguardano l’uso del personal computer piuttosto che della stilografica o del calamaio - potrà essere più scritto nel modo in cui era scritto ai tempi di Goethe e Flaubert senza suscitare la vostra annoiata impazienza?
Non s’insinua così che il dubbio seguente: se il cinema soddisfi qualche istanza che la grande letteratura non abbia già posto e risolto. Ebbene, per il qui presente titano la risposta è: no. Il pensiero può farsi immagine quando smette di essere parola, non prima. Quand’anche si faccia immagine con meno linguaggio possibile, non ci pare una gran conquista.
In definitiva, per farla più breve del solito, in quale romanzo italiano o non italiano degli ultimi trent’anni, un’adolescente dell’oggi è stata raccontata, si vorrebbe persino dire “cantata” con tanta e tale verosimiglianza come la pazzesca Selvaggia de “Le affinità alchemiche”? È ora di iniziare a snocciolare dei titoli però, altrimenti è troppo facile stroncare il romanzo in questione senza mettere sulla bilancia un corrispettivo termine di paragone, che chiarisca meglio non solo i vostri gusti letterari, ma anche e soprattutto il grado di grazia e di poeticità, il livello di profondità e di verosimiglianza, che esigete da un romanzo.
In tutte queste recensioni che si leggono sul Web, l’improvvisato critico non riesce a nascondere, e anzi tradisce apertamente, l’intenzione di voler apparire, egli stesso, più interessante del romanzo che recensisce, come se recensire quel romanzo non fosse che il semplice pretesto per salire su un piccolo palco: da cui, denigrando e snobbando, provare a riscattare, seppure nell’esiguo spazio di una paginetta, la frustrazione di non riuscire ad essere a propria volta uno scrittore o una scrittrice?
Ora, in tutta onestà, vi siete mai perduti un pomeriggio dentro una poesia di Cesare Pavese? Ecco, un buon romanzo ? ne avrò contati una dozzina in tutta la mia vita, e “Le affinità alchemiche” è fra questi ? fa quest’effetto moltiplicato per cento. Quando ho finito di leggerlo, ricordo d’aver pensato: “E adesso? Mio Dio, adesso che facciamo?”
E poi ancora: “Qual è il preciso istante in cui Selvaggia si rende conto che il fratello Giovanni prova per lei un amore assoluto?”
“È forse quello il momento in cui lei decide che non c’è un posto nel mondo per loro due?”