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La vocazione
La vocazione
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Letteratura italiana
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Luigi Martinotti lavora in un fast food. Frigge patatine, ma in realtà la sua vocazione, vivissima malgrado l’interruzione degli studi universitari, è quella dello storico. Su un tavolo della Biblioteca comunale consuma tutte le ore di libertà, ricostruendo e interpretando eventi del passato. Ci sono momenti in cui riesce addirittura a distinguere, quasi fosse una visione, l’incontro fra Attila e papa Leone. È riuscito anche a elaborare una teoria storica, secondo la quale i mutamenti della società sono il prodotto di una terribile “insofferenza dell’insicurezza”, che spinge gli uomini, cambiando continuamente, a inchiodare il mondo in un presente immobile e rassicurante. Anche la quiete apparente di Luigi Martinotti obbedisce a questa legge. La sua sensibilità, sospesa tra aspirazioni intellettuali ed esposizione al fallimento, si lascia contaminare dall’imprevedibilità dei rapporti umani, ivi comprese l’intensa relazione sessuale con Antonella, cameriera del fast food, e la tenerezza per il figlio di lei. Solo l’amico Giuseppe – estroso insegnante affetto da una malattia genetica che lo getta in ricorrenti crisi depressive – riesce a tenere accesa la sua vocazione e a comunicargli una sorta di profonda serenità. Quando il fallimento come storico è definitivo, la sua mente vacilla, la realtà progressivamente si oscura, e non resta che passare alla follia. Vera? Presunta?
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Opinioni inserite: 1
La vocazione
2012-01-28 11:16:39
Araba fenice
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Opinione inserita da Araba fenice 28 Gennaio, 2012
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Un libro indefinibile.
L'ho letto quasi per caso, cominciando così, dalla prima pagina e lasciandomi poi conquistare da un modo di scrivere piacevole, pulito, in un buon italiano, e dalla prospettiva un po' alla "uomo senza qualità". Poi, a un certo punto, il filo del racconto si smarrisce perchè va bene saper scrivere, ma ci vuole anche un po' di credibilità e soprattutto bisogna chiarirsi che cosa si vuole fare del proprio personaggio. Con tutto quel rimescolare le carte alla fine della sua psicologia non si capisce proprio più niente. Stanchezza o furbizia?
Mi accorgo di aver sbagliato il titolo. Il romanzo a cui mi riferisco è in realtà Il talento.
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