La vita in tasca
Letteratura italiana
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salvo la parte su Malik
Le recensioni e la trama di questo libro mi hanno spinta a leggerlo. Di fatto sono rimasta delusa; io non vi ho trovato praticamente nulla di quanto "promesso" appunto dalle recensioni (o dal mercato editoriale). Salvo la parte relativa al dramma di Malik, ovvero al dramma delle madri che affidano i loro figli all'oscurità del mare, nella speranza che in un Paese tanto sconosciuto quanto lontano possano trovare condizioni per vivere una vita migliore. La storia di Malik colpisce nel profondo e non lascia certo indifferenti. Ma la parte su Mattia? Mentre Malik attraversa il mare, Mattia vive a Milano una quotidianità senz'altro sofferta, alla ricerca anche lui di un "posto dove stare", ma non ho capito il senso dell'accostamento di queste due condizioni esistenziali. Mattia tra l'altro pare uscito dalla penna di altri e anche la scrittura, la prosa, lo stile, non sembrano appartenere alla stessa Autrice che descrive Malik e il suo mondo. Il racconto della quotidianità del "nostro" adolescente milanese l'ho trovato noioso e inutilmente ripetitivo (es: descrizione gara in motorino!). A mio parere sarebbe stato meglio sviluppare ulteriormente tematiche e aspetti inerenti il dramma dei naufraghi, visto appunto con gli occhi dei bambini, senza "infilarci" contemporaneamente altro.
Basta con la Sparaco, di questa Autrice tengo e mi faccio bastare "nessuno sa di noi", davvero imperdibile.
Indicazioni utili
Malik e Mattia
«I numeri gli hanno fatto scoprire un mondo dove tutto può trovare un suo spazio preciso, senza possibilità di errore, e giocarci ha il potere di liberarlo, anche dal pensiero di sua madre che lo aspetta, o di cosa possa nascondersi dentro i cespugli.»
Torna in libreria Simona Sparaco con “La vita in tasca”, Solferino libri, opera narrata con la tecnica dell’alternanza delle voci narranti in cui seguiamo le avventure di due giovani volti; Malik e Mattia. Due giovani che affrontano due percorsi preadolescenziali diversi, per due realtà altrettanto diverse.
Perché se Malik vive in Africa con la madre e un padre scomparso, che non ha più fatto ritorno da quel deserto così bramato e così temuto, è uno studente che – tematica che torna dopo “Dimmi che non può finire – con i numeri trova conforto e che fa propri soprattutto nei momenti di maggiore paura, Mattia vive a Milano con la madre Luisa. Se Fara la madre di Malik si ammala di malaria e fa di tutto per mandare il figlio a Nizza dallo zio affinché possa continuare a studiare e avere un futuro vero, Luisa è anatomopatologa e spesso lontano dalla propria casa. Questo fa sentire Mattia solo, trascurato anche se sa di non esserlo. Non vede da anni il padre, il mondo degli adulti è un qualcosa che non merita e ottiene la sua stima. Il rischio di intraprendere una brutta strada è dietro l’angolo. Non è entusiasta nemmeno della scuola, vuoi perché dislessico e discalculico, vuoi perché non vi trova alcuna forma di stimolo e/o interesse. Sarà l’incontro con Jonathan a cambiare le cose, a rimescolare le carte, a portare su un nuovo piano Mattia.
«Lui scuote la testa, e? ovattata, i suoni attutiti, la mente si oscura, i 10 nella pagella scompaiono, come i sapori della cena appena consumata e gli odori della sua casa, e quelli della scuola già troppo lontana. «Ma... ma tu cosa farai?»
«Io ti aspetterò qui.»
Le pupille del ragazzo oscillano nel vuoto.
«L’Europa, figlio. L’Europa.»
Simona Sparaco propone con “La vita in tasca” un romanzo introspettivo, riflessivo, intimistico. Ritornano tematiche a lei care, quali come anzidetto i numeri e la loro forza nella vita e nel nostro vivere, l’infanzia, la difficoltà della vita, i legami familiari, ma anche tematiche nuove che spingono il lettore a una nuova e rinnovata analisi interiore.
Il futuro fa paura, è sempre una incognita incapace di dare una qualsivoglia certezza. Ancor maggiore è il timore per questo divenire se si è adolescenti. Ed anche se a narrare e parlare sono due persone completamente diverse con storie differenti e realtà altrettanto opposte, questo timore è latente, impresso nel lettore.
La storia che viene narrata con una penna delicata e precisa è una storia di esistenze allo sbando, di perdizione, di ricerca di salvezza. Per scoprire chi si è davvero, per trovare quello che è il nostro posto nel mondo, per essere, semplicemente, felici.
Ed è qui che l’autrice mette in evidenza le difficoltà del vivere, gli scontri che il quotidiano ci porta ad affrontare, ma anche quell’umanità che ancora è capace di sorprenderci. Ancora non mancano problematiche quali il desiderio di appartenenza, l’emigrazione, la solitudine, la nostalgia, la tratta di esseri umani, l’abbandono.
Un romanzo concreto, veritiero, che dona emozioni e che sa farsi apprezzare per la sua autenticità.