La vita a volte capita
Letteratura italiana
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Cose che capitano nelle migliori famiglie
Cesare Annunziata, protagonista di questo romanzo, è personaggio già noto a molti lettori, fin dal suo esordio nel fortunato” La tentazione di essere felici”, titolo che, oramai un decennio or sono, riscosse un lusinghiero gradimento di pubblico e di critica, contribuendo alla meritata notorietà dello scrittore napoletano Lorenzo Marone. Annunziata è il prototipo di un vegliardo burbero, scontroso e asociale, e tale è rimasto come dal suo primo apparire, però a modo suo sempre energico, deciso, capace; sa farsi valere, ci riusciva dieci anni prima, tuttora se la sgama alla grande. Però gli anni passano per chiunque, oggi sono aumentati ancora, e naturalmente pesano di più, come per chiunque. Nuove considerazioni gli affollano la mente. Annunziata non è mai stato tipo da piangersi addosso, o compatirsi in solitudine. Certo, resta burbero, e stizzoso: il motivo del suo perenne e critico malcontento che lo contraddistingue non è il rimpianto senile dei bei tempi andati, il ricordo dei tempi felici e spensierati quando era giovane e gagliardo, questo che normalmente vale per tutti, non è il suo caso. Ancora più anziano rispetto ai suoi esordi, vive i suoi giorni al meglio che riesce a trarne, rimuginando i momenti clou, i ricordi, i fatti essenziali del suo vissuto. L’input a tali flash mnemonici di riepilogo della sua vita passata glieli fornisce la sua regolare quotidianità: rapporti con i vicini, telefonate con i figli, questioni condominiali, e via discorrendo. Il suo umore però è più irrequieto, è cambiato, è maturato, quello che lo rode non è tanto considerare che la linea, il grafico che sintetizza l’andamento della sua esistenza, da lui stesso prettamente improntata a un certo pragmatismo di quieto vivere, sia negli affetti che nella professione, viri verso un saldo positivo o negativo che sia, quindi come di regola comune. No, affatto, gli dà noia accorgersi che l’indicatore non si direziona affatto con punta aguzza decisamente verso l’alto o il basso. Ne risulta invece una linea piatta, l’ECG tipico di un de cuius prima del tempo, senza scosse, senza sussulti, nemmeno color nero inchiostro ben marcato. Piuttosto un segmento tracciato lieve, in corsivo, tendente al grigio sfocato. La cosa gli scoccia assai: Cesare Annunziata è giunto alla ferale conclusione che non ha vissuto i propri anni con proba consapevolezza, e neanche con incoscienza, come nelle sue intenzioni; invece, si è fatto scorrere addosso l’esistenza come sabbia tra le dita, senza soddisfazione. Ecco, è questo che lo disturba: non è che ha vissuto la vita come capita, l’ha vissuta SOLO come A VOLTE capita.
Perché il più delle volte, quello che gli è capitato non è mai stato di suo gradimento, così nel matrimonio, e nella famiglia, in amore, nel lavoro e nella sua interazione sociale. Lorenzo Marone in questo è stato magistrale: non ha rievocato il suo Cesare alla soglia degli ottanta anni, stanco, depresso e deluso, assolutamente, lo ha rivisitato, è andato a fargli visita per accorgersi, con soddisfazione e malcelato orgoglio, che il buon vecchietto ama la vita come nessuno, come sempre ha fatto, a differenza di quanto tutto lascia supporre agli occhi degli stessi familiari. Cesare Annunziata è pervenuto su uno step qualitativo più elevato, così il libro e così il suo autore, che ne ha fatto persona nuova ma sempre uguale, un vino già ottimo di per sé che invecchiato diventa ancora più pregiato. Non era né facile e nemmeno scontato, ma Lorenzo Marone ci è riuscito per bene, con solerzia, dedizione, accurata rifinitura del suo lavoro. Cesare è sempre lui, gli scoccia che i figli finiscono di essere figli, che diventano a loro volta genitori e si defilano. Gli sembra davvero di pessimo gusto che finiscano le famiglie, e gli amori. Finanche quelli sbagliati. Tutte riflessioni che rimugina in pieno agosto, a Napoli, quartiere Vomero, durante una delle estati più calde e bollenti degli ultimi anni, la città si è svuotata per le vacanze, persino Dio è in ferie. Così la figlia di Cesare, divisa dal marito, si presenta al padre: illustrandogli un classico dei tempi, cose che capitano nelle migliori famiglie. Capita che il figlio trascorra l’estate con il proprio padre, ex genero di Cesare, la figlia altrove con il suo nuovo compagno, e il cane di famiglia, che per giunta neanche si chiama Fido, Boby, Fuffi o cose simili come si conviene a un rispettabile pet, ma rechi l’inconcepibile nome di Batman, un eroico e valoroso supereroe, a onta del suo essere innocuo e desideroso solo di compiacere gli umani in cambio di affettuosi grattini, debba venire parcheggiato dal buon Cesare a mo’ di pensione per cani, per il tempo necessario alla durata delle meritate ferie della prole. Annunziate non si tira indietro. Perché è cambiato, ora senza se e senza ma è una di quelle persone che ha imparato che a chi si vuol bene, si vuole bene e basta, senza spazio per torti o ragioni. Che a chi ti chiede aiuto, l’aiuto si dà, non capita a tutti di capirlo, ma a lui è capitato, forse suo malgrado, ha compreso in pieno che spesso soccorrendo, soccorri anche te stesso. Non c’è scusa, vale per tutti, neanche si è esentati per anzianità di servizio. Lo sapeva anche prima in verità, ma il suo cambiamento consiste proprio nel consolidarsi di questo pensiero, si intestardisce a credere nei miracoli, a cercare qualcosa di nuovo, ha voglia d'imparare ancora, porta a passeggio Batman, e sta attento a quanto capita. Perché la vita semplicemente a volte capita, e non bisogna farsela scappare. A costo di occuparsi, in mancanza di meglio, di un ulivo in pianta, che si porta a spasso in giro insieme a Batman, Cesare lo fa perché ha bisogno d'interessarsi agli altri, di prendersi cura degli altri, altrimenti si muore, ma si muore davvero della più tragica delle sorti, quella per malinconia. Gli è capitato di capire, dopo una vita, che le cose, qualunque siano, ci debbono stare a cuore, fregarsene rende tutti sconfitti. Questo vale per un ulivo, figuriamoci se non si industria per una giovane donna di cui intuisce il doloroso tormento interiore che la strugge; interviene allora, si mette in gioco a rischio di farsi venire un infarto, con la scusa di non impicciarsi e di farsi i fatti propri il mondo va alla rovina. Cesare Annunziata sarà pure vecchio, misantropo, eccentrico, anche asociale: dopotutto è una persona come tanti, con pregi e difetti, ma più di ogni altra cosa, è un essere umano, e tutto ciò che è umano gli appartiene. La vita a volte capita, se riesci ad aiutare qualcuno, se il tuo piccolo passaggio terreno cambia per sempre quello di un altro, allora la tua vita ha avuto un senso, la tua vita è capitata bene. A volte capita, più spesso di quanto immaginiamo, quasi sempre però manco ce ne accorgiamo. Capita anche questo, purtroppo.
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"Che decadenza..."
Lorenzo Marone torna con il suo Cesare Annunziata, nove anni dopo La Tentazione di Essere Felici.
Cesare Annunziata è anziano, schivo, apparentemente cinico e asociale. E’ vedovo con due figli adulti e un nipote adolescente che soffre la separazione dei genitori.
Questo pezzo della sua vita è ambientato a Napoli, al Vomero, nel periodo caldo e afoso del sole di pieno agosto.
La città si spopola e spesso accade che gli anziani rimangano soli, come Cesare , il suo amico Marino, vedovo come lui e con cui gioca interminabili partite a scacchi e la sua dirimpettaia Eleonora, la “gattara”.
Sua figlia deve partire col suo nuovo compagno e gli lascia il suo cane Batman.
Cesare è poco propenso a tenerlo con sé, non è capace di gesti affettuosi e non sa neanche come coccolare un animale, ma poi acconsente.
Con la città che si svuota e l’inevitabile solitudine, che si fa sentire ancor di più in questo periodo, Cesare ha modo di riflettere sul suo passato, sui suoi errori e i suoi amori, la sua vita con Caterina, sua moglie, morta da un anno, e sull’amore per i suoi figli probabilmente mai esternato abbastanza. Solo ora ormai ottantenne trova spazio per i sensi di colpa e i rimorsi, d’altronde arriva sempre il momento di fare i conti con la vita.
“Nessun peggior dolore che ricordarsi del tempo felice nella miseria. Ma poi, ero felice allora? Posso dire di esserlo stato mai? Sì, certo, a pensarci oggi lo ero, ma la felicità è una filibustiera, nel presente si degrada in nostalgia, che tra le tante forme di tristezza è la più sleale.”
Ma l’incontro fortuito con Iris, la ragazza dai capelli viola, gli darà una nuova speranza, e riempirà quel vuoto che si crea quando ci si sente ormai inutili.
Quel senso di inutilità tipico della vecchiaia, quando nessuno ha più bisogno di te, e quando si percepisce invece di essere spesso un peso per i propri cari, a causa delle proprie fragilità, e degli acciacchi dell’età.
“..non riesco a convivere con l'idea del niente, la mancanza di obiettivi mi sembra la maggior pena da sopportare”
Per la prima volta dopo anni, con Iris, Cesare riscopre il piacere di prendersi cura degli altri, e sente che la vita lo può ancora sorprendere.
Un libro ironico e commovente, pieno di riflessioni sulla vita , sulla società moderna, sull’amore, sulla morte, sul senso di genitorialità e immancabilmente sulla nostalgia della gioventù, su tutto quello che avremmo potuto fare e non abbiamo fatto,
“E poi a volte giunge improvvisa come adesso la malinconia e mi sembra di essere travolto da un’onda, impazza in me la voglia di ritornare indietro, per provare ad aggiustare le cose, per essere diverso da quel che sono stato.”
Un romanzo che è un inno alla vita, colmo di pensieri profondi che fanno riflettere sul senso del nostro passaggio in questo mondo, di quanto sia precario tutto questo, perchè la fine è proprio dietro l’angolo, e vale la pena allora cogliere ogni più piccola opportunità quando si presenta, anzichè annegare nei rimpianti quando ormai si può fare ben poco per cambiare.
“A volte il significato profondo dell’aver vissuto sfugge, altre volte sembra così facile: te lo trovi davanti e ti chiedi come facevi a non vederlo. A volte basta un’altalena arrugginita, basta avere il coraggio di coltivare la memoria e di non arrendersi, Di continuare a credere nei miracoli, intestardirsi a cercare qualcosa di nuovo, aver voglia di imparare ancora. La vita è un’ubriacatura, una lunga trasformazione. La vita semplicemente a volte capita e non bisogna farsela scappare”.
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Bentornato Cesare
«Ma così va il mondo, c’è sempre qualcuno pronto a spiegarti qualcosa, e quel qualcuno spesso nelle tue scarpe non ci ha mai camminato.»
Quando uscì per la prima volta “La tentazione di essere felici”, il ricordo è quello di aver provato un senso di curiosità che poi è stato totalmente appagato dalla lettura. Cesare Annunziata si era rivelato sin dalle prime pagine un personaggio forte, magnetico, energetico, uno di quei volti che ti fa sorridere, ti suscita immedesimazione, empatia e al contempo ti trattiene con sé facendoti riflettere. Quando Feltrinelli ha annunciato la nuova pubblicazione con lui protagonista, la paura è stata tanta: un’opera così ben riuscita può ri-eguagliarsi? O addirittura superarsi?
È un lungo agosto quello che si apre innanzi a noi. Un mese umido, caldo e spregioso in quel di una Napoli vuota dei suoi canonici abitanti. Cesare si aggira per la città, respira afa e diffonde consigli anche a chi delle sue parole importa meno che zero. È un Cesare ben diverso da quello che abbiamo conosciuto. Ha qualche anno in più, o almeno sembra, è ancora più stanco ed è anche più solo di quel che ricordavamo. Non è più quell’orso chiuso e burbero che avevamo conosciuto, non è più un uomo che evita l’umanità cercando di non essere da questa contaminato. Ha tanto, troppo, tempo per pensare e paradossalmente inizia a desiderare di condividere qualcosa con gli altri, a maggior ragione se donne e a maggior ragione se nei loro occhi vede un dolore nuovo ed oscuro. Perché Cesare adesso aggiusta. Cosa? Aggiusta ciò che è rotto e in particolare cura le anime di chi ha bisogno di essere rattoppato. E se Eleonora pensa a rimettere in libertà i suoi gatti, ecco che Federico, il nipote, vive in un mondo tutto suo e affronta il tempo della scontrosità con il mondo intero, ed ecco ancora che Marino persiste con il suo gioco di scacchi. Attende settembre Cesare, attende e pensa al susseguirsi delle stagioni della vita. Ripensa a quelle scatole di fiammiferi che gli regalava la moglie per un suo mancato coraggio di dirle la verità, si sente inetto per non aver davvero amato la sua Caterina, per averla giudicata fino alla fine, per non essere stato un buon padre e per non essere riuscito a intessere con Sveva un rapporto vero e forte, anela ancora in lui un rumore sordo che lo fa sentire da sempre in gabbia. Ci guarda e ci osserva, Cesare. Ci fa notare come siamo diventati una generazione fatta di fretta, corse, telefonini, schermi e rapidità. Ci invita a guardarci intorno, ci invita a camminare nel parco, ad osservare. Ed è qui che lui per primo osserva quella ragazzina che incontra per caso proprio lì.
Se con Emma ci aveva provato senza riuscire, con Iris si incaponisce e diventa una questione di principio. Per l’ex ragioniere e Batman, il cucciolo di cane che gli appioppa la figlia Sveva in occasione delle vacanze, è fondamentale aiutare la ragazza incontrata per caso ai giardinetti in un giorno di pianto. Riuscirà il buon vecchio Cesare (modo di dire eh, non ti arrabbiare Annunziata!) ad aiutarla? A salvarla?
«La solitudine è terribile, che credi, significa non poter parlare di sé a nessuno, che ascolti i tuoi problemi, che condivida le tue gioie, i dolori.»
“La vita a volte capita” è un romanzo per chi cerca ristoro, per chi cerca una coccola per ripartire, per chi vuole cogliere una mano tesa, per chi ha voglia di aprire il cuore e la mente. Lorenzo Marone ci riporta al suo personaggio più importante con tante emozioni, ci invita ad aprirci e soprattutto a guardarci dentro, ci fa assaporare cosa sia la solitudine, cosa sia la paura, cosa sia il dolore e ancora la rabbia, che si sia in una fase dell’adolescenza o in una più matura. Perché alla fine l’ordine degli addendi, non cambia.
Si inizia a leggerlo con calma, questo libro. Poi la lettura accelera e accelera ancora di più sino a quello che è un epilogo che è vivido negli occhi e nel cuore. Cesare ci saluta con un cenno e continua a camminare e a vivere la sua vita sino a che gli sarà concesso. E lo stesso ci invita a fare. Chissà, forse un giorno, se saremo fortunati, lo rincontreremo anche.
Il mio grazie sincero a Feltrinelli per questa occasione di lettura e per questo ritorno a Cesare che da sempre scalda e resta nel cuore.
«[…] Mia madre non perdeva troppo tempo dietro a noi figli, era un’altra epoca quella, si cresceva per strada, ma uno dei suoi insegnamenti lo ricordo bene: mai giudicare le persone al primo sguardo, come ha fatto quella signora, siamo tutti molto più complessi di quel che crediamo.»