La vedova scalza
Letteratura italiana
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Mintonia
Questo è il secondo romanzo che leggo di Salvatore Niffoi (il primo è stato “La leggenda di Redenta Tiria”), l'ho preso in considerazione proprio in virtù del primo che mi è piaciuto tantissimo. Con questa premessa non voglio dire che lo scrittore in questa sede mi ha tirato un tiro mancino ma mi è risultato più ostico, sia nello stile, sia nella narrazione che procede lenta e assonnata, manca un po' di carica e di stimolo nella lettura, non ci fa incuriosire e palpitare durante lo svolgersi della trama. La motivazione credo che sia da attribuirsi (almeno per quanto mi riguarda) nei molti termini e dialoghi in sardo,che per chi non è dell'isola come me, mi bloccavano nel fluire lento e inesorabile verso la fine, è come se mettessero un freno a mano allo scorrere della trama. In altri casi avrei abbandonato il libro dopo dieci pagine e messo al bando come libro non degno di essere letto (opinione del tutto personale), ma avere la passione della letteratura e dei libri ti concedono la capacità di discernimento e di senso critico (dopo tanti anni di studio!), così ho proceduto nella mia corsa (senza sosta e senza fermata), ne avevo ben donde, la trama lo meritava proprio. Mintonia è stata la mia eroina, una ragazzetta cresciuta in fretta, ma sapeva esattamente cosa voleva a dispetto dell'età, ed era Micheddu.
Ma il suo amore glielo hanno ucciso, consegnato in mille pezzi (letteralmente parlando), uno sfregio, un affronto, bisogna saper dire alla popolazione chi comanda chi ordina, in questo caso sono i carabinieri (ci troviamo nel ventennio fascista). Mintonia non è la ragazzetta cresciuta troppo in fretta che ci siamo immaginati, lei cova vendetta e riuscirà ad uccidere il carnefice di suo marito. Ma qui si apre un ginepraio di sentimenti, se lei, come ha desiderato per molto tempo, ha colmato la sua sete di vendetta, purtroppo non aveva fatto i conti con la sua coscienza, le rimorde, non sa più come la giudicherà Dio nel giorno della sua morte, non si sentirà uguale, per animo candido, alle altre. A questo punto non so se Mintonia ne esce vincitrice, certamente ha portato a termine un obiettivo difficile per una donna e soprattutto per quei tempi e in quei luoghi, ma a quale prezzo, ha dovuto vendere tutto, abbandonare la sua terra, partire per l'Argentina, sola con un figlio....e un altro in arrivo.
Regalo di vendetta.
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La vedova scalza
Libro difficile da valutare.
Partiamo dalle lodi: lo stile è originale, escludendo qualche occasionale uscita dalle righe, ha momenti di grande felicità, e riesce ad essere poetico ma con spietatezza, come piace a me. Essendo sarda ho potuto apprezzarlo a pieno, anche nelle sfumature dialettali spesso presenti, ma penso che risulti più o meno comprensibile anche a chi il sardo non lo conosce. L'autore ha fatto un ottimo lavoro per quanto riguarda la lingua, e ha reso magistralmente quella che è la "sintassi tipica sarda".
La trama è avvincente, drammatica, le riflessioni piene di rabbia e fierezza della protagonista si alternano a momenti di azione concitata, senza avarizia di dettagli anche nei particolari più brutali delle vendette barbaricine.
Ma la tirata d'orecchie è inevitabile: non se ne può più di questo cliché della Sardegna vista come una terra aspra e selvaggia, culla delle più ancestrali tradizioni. Su questo si è scritto troppo. C'è chi l'ha fatto a mio parere in modo mediocre e convenzionale, come la Deledda (nonostante sia stata lei ad aprire questo sovraffollato filone non ho alcuna stima delle sue opere, considero il suo un premio Nobel assolutamente immeritato), e chi è stato un po' più sottile e valido, come Satta con "Il giorno del giudizio". Indipendentemente dai risultati è la tematica che ormai è usurata. Si pensa che sia questo che il consumatore vuole dalla letteratura sarda (parlo di consumatore, appunto, neanche di lettore), e quindi si offre il solito prodotto: banditi, monti, faide e natura selvaggia. Questo è un volto della Sardegna ormai falso, esaurito, soltanto qualcosa purtroppo continua a sopravvivere nella mentalità di pochi, in paesi chiusi in se stessi che usano la tradizione come scudo contro lo sviluppo e contro qualsiasi forma di apertura. E allora smettiamola di alimentare questi miti così negativi, così sorpassati, buoni soltanto per attirare un po' di attenzione morbosa dei turisti.
Se volete sapere com'è sul serio la Sardegna, leggete Soriga, leggete Sardinia Blues...Troverete meno folklore, ma uno sguardo un po' più acuto e sincero.
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Cambiara una malasorte annunciata
Vincitore Del Premio Campiello 2006, Salvatore Niffoi, con la sua “ Vedova scalza”, dipinge una Sardegna crudele e fiera,attraverso il racconto di una passione a fosche tinte, nell’Eterno duello tra Vita e Morte, che intride tutta la storia e stilla incessanti ed intense emozioni lungo tutto il percorso in cui ci accompagna. Una vera tragedia, perché di tragedia si tratta,avendone tutti i connotati : amore,gelosia,vendetta,morte. Una prosa talmente ricca di vividi colori e di una feconda gamma di sfumature, da palesarsi ai nostri occhi come un vero e proprio dipinto, realizzato con pennellate di parole o come un brano musicale che racchiude un’armonia di note che si prolunga e si tramanda,dal cuore profondo dei personaggi alla natura circostante,per arrivare,poi,ad affidare le sue tracce al centro della nostra essenzialità. Molto è stato scritto sui protagonisti di questo romanzo e sui tanti comprimari,non meno veri ed emblematici,scolpiti con mano decisa nella dura pietra di una vita,spesa in una terra sovente piu’ matrigna che madre. E di questa terra aspra ed indomita,”terra amata e odiata,che ti accarezza col vento del maestrale e ti uccide col gelo invernale”,di questa terra così primitiva e antica,rimane il ritmico suono dell’arcaico scandire dei giorni,nelle nenie dal sapore di predestinazione e nel movimento insolitamente onomatopeico e metaforico delle espressioni dialettali,alternate,a linee di raffinatezza letteraria che si pervadono,intensificandosi vicendevolmente. Così, l’inizio diventa fine e la fine inizio,riconsegnando al presente il passato, nella speranza di mutarlo in un futuro,capace di cambiare la fatale staticità di una “malasorte” annunciata.