La spartizione
Letteratura italiana
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Chi la fa, l'aspetti..
Emerenziano Paronzini, quarantacinquenne ferito durante la prima guerra mondiale e per questo impiegato presso il Ministero delle Finanze di poi trasferito in qualità di capo-ufficio a Luino, sul Lago Maggiore, è un uomo metodico, preciso, tanto nella vita privata quanto in quella lavorativa. Il suo unico e principale scopo è quello di sposarsi con una donna abbiente affinché questa possa mantenerlo. Se poi la medesima è pure brutta, ma proprio brutta e in età da non procrear più, ancora meglio. Anzi, perfetto.
E chi più delle tre sorelle zitelle Tettamanzi può rappresentare il suo obiettivo? Fortunata, Camilla e Tarsilla, di 36, 38 e 40 anni, hanno una bella casa e una considerevole fortuna grazie al loro defunto padre, Mansueto Tettamanzi, un ottimo “patrocinatore legale” e azzeccagarbugli presso i Giudici di Pace e pessimo in Tribunale, ma questi son dettagli. Di fatto, il babbo era riuscito nell’intento di dar vita a tre creature – a suo vedere – meravigliose, nel concreto, di una non bellezza da far invidia talché nemmeno con quelle tre uniche caratteristiche – i capelli, le mani, le gambe – una ciascuna affidate, riuscivano, nel complesso, a dar vita a una figura femminile di piacevole aspetto.
"Brutte ciascuna a suo modo di una bruttezza singolare, e consapevoli della ripugnanza che ispiravano agli uomini, avevano tacitamente soppresso l'amore, come se l'avessero seppellito in giardino per nascondere una vergogna. In verità, neppure quando andavano a scuola, e Camilla addirittura all'Università, nessun uomo aveva pensato di farle accorte del loro sesso; né poteva essere diversamente, per quei tre frutti malformati di un matrimonio che era stato di puro interesse, tra il loro padre - una specie di pappagallo con le gambe storte - e la loro madre, mal sortito avanzo di una vecchia famiglia”.
Una domenica alla messa, un invito a prendere un caffè per aiutarle “a sbrigare una pratica” e il gioco è fatto. In breve tempo il Paronzini si coniuga con la più grande delle tre, Fortunata, e all’interno della maison si crea un nuovo equilibrio in cui l’uomo diventa letteralmente “il gallo del pollaio”. Ma Emerenziano non ha considerato tutti i dettagli. Primo fra tutti quello di trovarsi si una realtà di provincia, chiacchierona, pettegola e desiderosa di aneddoti di cui sparlare, secondo, ma non per questo meno importante, Teresa, la domestica che da sempre assiste le tre sorelle e che “impotente” e esterrefatta osserva quanto accade, sino all’inevitabile epilogo.
Classe 1964 “La spartizione” è un romanzo chiaro, limpido, lineare e scorrevole in cui Piero Chiara ricrea per il lettore la realtà sociale del tempo mediante l’ausilio di personaggi magistralmente costruiti che sono perfettamente tangibili e concreti nella mente dell’avventuriero. Non mancano la descrizione della mediocrità umana né quella dell’ipocrisia concentrata in un luogo e in un contesto sociale dove una parola pronunciata a bassa o alta voce determina la reputazione umana.
Il risultato finale è quello di una storia ironica, elegante, riflessiva, sarcastica e non impegnativa.
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Una divertente commedia di provincia sulle piccole
Ugo Tognazzi nel 1970 prestò il volto ad Emerenziano Paronzini, protagonista de “La spartizione” di Piero Chiara, nella sua trasposizione cinematografica dal titolo “Venga a prendere il caffè… da noi” di Alberto Lattuada, regalandoci una magistrale interpretazione di quella “dimensione di mediocrità” che è la cifra di questo personaggio.
Tenendosi sulla sponda orientale del lago Maggiore, in quella Luino che troviamo in ognuno dei suoi romanzi, Piero Chiara – questo grandissimo, un po’ trascurato - ambienta anche questa storia nel recinto confortevole di una provincia chiacchierona e pettegola, pescando fra aneddoti, ricordi di infanzia, pettegolezzi, intrighi, nostalgie e creando un efficacissimo mix di sarcasmo e cinismo.
Nella vita morigerata e monotona delle tre sorelle Tettamanzi, rassegnate al loro destino di bruttezza, irrompe il Primo Archivista Emerenziano Paronzini, reduce della prima guerra mondiale, da poco trasferitosi in paese.
Deciso ad accasarsi e attirato dalle loro piccole ma sufficienti proprietà, il Paronzini comincia a frequentare la casa, assistendo impassibile allo sfoggio delle loro modeste armi di seduzione (chi le mani, chi le gambe) e scegliendo alla fine la meno problematica delle tre, la maggiore, Fortunata, perché saggia e dotata di buon senso.
Dall’ingresso in casa del Paronzini le sorelle subiscono una lenta ma costante metamorfosi: mettono su carne, approfondiscono le curve, perdono il cipiglio che le contraddistingueva per diventare cordiali ed affabili.
Un nuovo equilibrio a quattro si instaura lentamente nella famiglia Tettamanzi: la presenza di un uomo ridesta le sorelle dal torpore sensuale nel quale versavano, ed è l’inizio di uno strano e divertente menagè che Teresa, la domestica, assiste esterrefatta e che avrà un epilogo ironico e beffardo.
Piero Chiara è bravissimo nel non affondare mai nel torbido ma nel lambirlo, non perdendosi nelle minuzie degli incontri sessuali quanto piuttosto descrivendoci, con sguardo divertito e ludico, le dinamiche che essi generano.
Con l’eleganza di un vecchio signore di provincia ci descrive la realtà brulicante che si nasconde sotto il sottile velo di ipocrisia, sotto quel bisbigliato di paese che genera le “nomee”, le reputazioni, e lo fa con una prosa asciutta, straordinariamente leggibile, elegante nella sua essenzialità, che gli permette di trasformare una storia mediocre (perché di mediocri) in una vicenda surreale e irresistibilmente comica, venata di nostalgia.
Un autentico capolavoro.
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UNA PERNACCHIA ALLA STORIA MINIMA
Il primo archivista Emerenziano Paronzini, nato a Cantévria, reduce di guerra, passato all’ufficio del Bollo e del Demanio, giunge un giorno a Luino, sponda occidentale del Lago Maggiore, estrema provincia settentrionale al confine con la Svizzera , e lì, dopo anni di praticantato con vedove rigorosamente cercate e accalappiate nel suo lungo celibato, approda in casa Tettamanzi, in via Pusterla e fa bingo: tre brutte zitelle a sua completa disposizione, sotto un unico tetto e sotto l’egida del più rigoroso e decoroso dei matrimoni.
Sposatosi con la maggiore, dopo aver inizialmente adocchiato la mezzana, giunge a concupire infine anche con la minore. È una vera spartizione che rende giustizia alle tre zitelle delle quali è apprezzabile nella loro bruttezza eccessiva un unico particolare fisico: i capelli, le gambe, le mani .
Arrivati quasi al termine di questa godibilissima narrazione , quando ci si appresta a chiedersi quale epilogo darà l’autore ad una vicenda che pare ormai cristallizzata come Luino stessa “ un piccolo mondo chiuso in un tempo senza storia”, sarà proprio lo sberleffo di Chiara alla storia minima del fascismo a dare giusta e dignitosa chiusa: divertentissimo, come il più monello dei compagni di classe. Bravo Chiara! Quale trovata, quale gustoso ingegno, quale fine ilarità, quale mirabile presa in giro di una pagina di storia vergognosa.
Il primo impatto con questo narratore che iniziò a scrivere dopo i cinquant’anni, avendo prima divertito gli amici con la sua arguzia, mi fa pregustare altre letture che ora sono impaziente di affrontare per conoscere meglio lo scrittore della piccola gente, delle piccole storie, degli ambienti corali dove tutti sanno tutto, il ritrattista delle piccolezze umane delle quali tutti generalmente sorridiamo.
Il romanzo in questione è altro ancora: è la descrizione del suo luogo natio, è l’amore in fondo per quei luoghi e per quella gente, è lo sguardo disincantato di chi ha l’occhio lungo, la vista acuta e un’irresistibile verve comica. È anche la rappresentazione delle ipocrisie sociali e della spartizione di ben altri tesori : lo stato , la chiesa. Ve lo consiglio, sicuramente.
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La burocrazia dei peccati
Il riferimento a Boccaccio, in Piero Chiara, è spesso dichiarato anche in epigrafe ai suoi romanzi (“Il Pretore di Cuvio”, “Spartizione”), ma non è certo un omaggio erudito. È, semmai, la consapevolezza di percorrere una strada classica di narrazione pura e vitale, piena di gusto per i fatti umani: un Decamerone ridotto, provincializzato, in balia di una nuova piccineria ancor più comica, forse (perché è più miserabile e tragica), dell’originale .
Anche qui, in riva al Lago, abbiamo una quotidianità scarna, cattolica, di vizi nascosti e ingobbiti. E tre sorelle, tre disgrazie che solo la parrocchia poteva accogliere. La turbativa è un uomo insulso come gli equilibri che è venuto a rompere: un abitudinario, un gretto fatto per l’iter della burocrazia in un’Italia già fascista. Si chiama Emerenziano: arriva, scruta, misura; e si mescola, tiepido, alla freddezza locale. Deciso a prender moglie, posa gli occhi sui tre sgorbi. Attratto dalla sorella di mezzo, Tarsilla (quella dalle gambe lunghe), sceglie la più anziana, Fortunata, la cui peculiarità sono i capelli lunghissimi; ma ha notato anche la più piccola, Camilla, il cui pezzo forte è rappresentato dalle mani. Si assiste così a una serie di magre schermaglie con inviti pretestuosi e stentata conversazione, e con pranzi noiosi a cui nessuno, preso com’è dai propri calcoli, si ribella.
L’infelice metronomo della religione inizia a perdere colpi, e le possibilità della lussuria aleggiano, danno ai personaggi una certa svagatezza: li osserviamo cambiare poco a poco, tutti, finché non si raggrumano in una promiscuità incestuosa, miope, scandita da turni grotteschi. Ecco a notte alta quella taciturna sex machine di Emerenziano passare da una camera all’altra delle tre sorelle, calendarizzare il “dovere”, elargirlo con equanimità; e udiamo levarsi voci e giustificate malignità in paese...
Il meglio di Piero Chiara è proprio in questa cronaca impietosa di banalità e camuffamenti, dove la macchietta sfugge per un istante al sorriso cattivo che suscita, e si rivela in tutta la sua sfortunata povertà, anche storica.
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Uno per tutte, tutte per uno
“Da dove era venuto con quella faccia severa, con quell’aspetto composto e a prima vista distinto? Da qualche importante città, da una famiglia di rango, da una lunga abitudine alla riservatezza?
Solo dopo qualche mese si seppe che veniva, in seguito a trasferimento d’ufficio, dal capoluogo della provincia; ma che era di Cantévria, un paesucolo della Valcuvia, a pochi chilometri da Luino.”
Emerenziano Paronzini, un impiegato statale di mezza età, ha idee ben chiare in testa: è giunto il momento di accasarsi, di trovare una moglie, non necessariamente bella, ma che rappresenti per lui una sicurezza, un approdo definitivo in attesa dell’ultima stagione.
E’ così che nella sua ricerca, in cui spirito di osservazione e fiuto istintivo procedono appaiati, s’imbatte nelle tre sorelle Tettamanzi, zitelle ormai, timorate di Dio, anzi quasi beghine, senza problemi economici e con una vecchia, ma comoda casa in paese, circondata da un bel giardino. Belle non sono, anzi a voler essere realisti sono proprio brutte, anche se qualche particolare anatomico non è disprezzabile. E così come la faina si avvicina al pollaio con circospezione, il Paronzini guata le prede, fino a riuscire a introdursi nella loro dimora.
La scelta cade sulla più anziana, Fortunata, ma il corteggiamento di un uomo, del tutto ormai inatteso, sconvolge l’equilibrio familiare, provoca scariche ormonali al punto che tutte e tre le sorelle decidono, autonomamente beninteso, di farlo innamorare. E così, se la scelta formale sarà per Fortunata, portata infatti all’altare, Emerenziano Paronzini si farà in tre, passando da un letto all’altro, accontentando così anche le altre due che, per la prima volta, nella loro ingessata vita da nubili, conosceranno la felicità.
Convinte di condurre il gioco, in effetti questo è comandato dal maschio, un vero e proprio gallo nel pollaio che, secondo turni prestabiliti, giace con l’una o con l’altra, in tutti i giorni della settimana, fatta eccezione per la domenica, vero e proprio giorno di riposo in tutti i sensi.
Secondo romanzo di Piero Chiara, dopo Il piatto piange, La spartizione vanta un’invidiabile freschezza, una leggerezza narrativa che presenta, per la prima volta nella produzione dell’autore luinese, una misurata ironia che fa muovere più al sorriso che alla risata, che stempera qualche scena un po’ troppo erotica, restituendo all’atto sessuale quella sua naturalezza che solo secoli di calunnie hanno relegato fra i peccati.
Fra l’altro, l’abilità dello scrittore è veramente rimarchevole dove descrive i turbamenti di queste mature zitelle, la trasformazione da insensibili cariatidi a femmine voluttuose, prima frastornate dalla novità e poi compiaciute del loro tranquillo menage.
La spartizione è un romanzo sicuramente piacevole e divertente e quindi la lettura è senz’altro consigliata.