La sindrome di Hugh Grant
Letteratura italiana
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Quarantenni senza bussola...
Quando mi è stato proposto di leggere questo libro ho subito detto di si per un semplice motivo, appena letta la trama mi sono praticamente detta che dovevo per forza leggerlo visto che in casa anch'io mi ritrovo un quarantenne con una possibile sindrome di Hugh Grant non diagnosticata .
A parte gli scherzi, ma davvero la trama mi ha incuriosita e poi ho sempre questa strana voglia/paura di leggere e scoprire scrittori italiani che non conosco e di cui non no mai letto i loro libri, e Daniele Cobianchi fortunatamente è riuscito ad abbattere le mie ritrosie grazie ad uno stile semplice, incisivo e a tratti ironico.
La storia che viene raccontata nel libro è molto ben chiara nella sinossi riportata nella copertina quindi non mi soffermerò a raccontarvi di cosa parla il libro, ma mi piacerebbe soffermarmi di più nel raccontarvi quello che a me è piaciuto in questa storia.
Primo fra tutti l'ironia a volte amara e disincantata con cui ci viene narrata la storia di Thomas voce narrate della storia .
Il suo cammino che ad un primo impatto può sembrare una fuga dalle responsabilità, altri non è che "paura" di crescere, di rendersi conto che gli anni sono passati e lui insieme ad essi.
I quarant'anni sono un traguardo importante, non ci si può più nascondere dietro la frase "quando sarò grande" perché si presumo che a 40 anni lo siamo già.
Ma a Thomas ad andar ancor più stretto è il fatto che non sa più che direzione prendere.
Nella sua vita privata come in quella lavorativa sembra che tutto vada più veloce di lui e che come un uragano venga spinto in direzioni che non si sente sicuro di voler prendere come il matrimonio con Marcella.
Ma quando tutto sembra andare a rotoli, quando iniziamo a sentirci soffocare ecco che la vita ci sprona a metterci in gioco di nuovo. Thomas attraverso un lungo viaggio in moto che da Milano lo porterà fino a Barcellona , troverà la forza di reagire, forse non troverà le risposte che cercava ma piuttosto una direzione in cui poter andare .
Questa parte finale del libro, il viaggio in moto , mi è piaciuta particolarmente perché finalmente Thomas entra in contatto con la parte profonda di sé, inoltre non posso non essere solidale con i suoi dolori post-viaggio- in- moto che credetemi sono tremendi (parola mia) e che hanno reso il protagonista ai miei occhi molto più simpatico.
Una storia scritta davvero molto bene, che ha saputo mescolare con sguardo cinico, ironico e in parte reale (forse), uno spaccato di vita e delle paure di molti quarantenni di oggi.