La rilegatrice di storie perdute
Letteratura italiana
Editore
Recensione della Redazione QLibri
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per romantici e sognatori
Clarice, una ragazza che vive nella Germania di inizio "800, diventata rilegatrice dapprima per passione e poi per lavoro inserisce nella copertina di un volume un messaggio che dovrà servire a chi lo troverà a conoscere la sua storia e attraverso una sorta di caccia al tesoro a scoprire un segreto. Lo troverà 200 anni dopo Sofia, una romana di origini tedesche sposata, ex bibliotecaria, ex ragazza entusiasta della vita. Il foglio inserito nel primo volume di una trilogia dello scrittore tedesco Fohr, che lei ammira e da cui è ispirata, la spinge ad un passo che non ha il coraggio di fare. quello di lasciare il marito per il quale si è annientata, senza riuscire però a compiacerlo del tutto. Convinte di essere in debito con Clarice per averla aiutata in questa svolta vuole ripagarla portando alla luce i suoi segreti. Ad aiutarla in una viaggio attraverso l'Europa sarà Tomaso, un grafologo ed esperto di libri antichi un po' blandito e un po' tormentato da questa donna insicura, e allo stesso tempo prepotente e capricciosa.
Cristina Caboni ha scelto di raccontare in parallelo le storie di queste due donne, alternando i capitoli che ricordano la storia di Clarice e quelli che ci informano sulle indagini di Sofia. Scelta azzeccata che ha fornito al lettore aspettative sulla continuazione delle due storie. Mi è piaciuta la ricostruzione che stata fatta dello scrittore Roth, con numerose citazioni sui suoi presunti libri. difficile trovare una scrittore che si impegni nella storia tanto da ricostruire anche gli scritti di uno dei suoi personaggi. Anche la parte che ci parla del lavoro di rilegatura dei libri è accurata e evidenzia uno studio dell'argomento, o quantomeno dimestichezza col tema.
Purtroppo il realismo della stria finisce qui. Le vicende di alcuni dei personaggi sono a dir poco inverosimili. Le montagne di disgrazie che si abbattono sulle spalle di alcuni sono bilanciate da impensabili gesti di generosità o colpi di fortuna al di là di ogni immaginazione. Allo stesso modo le ricerche dei libri sono completamente campate per arie e assolutamente gestite dal caso e dalla fortuna.
In tutto questo devo aggiungere che sono stati trattati temi come la violenza domestica, sia fisica che psicologica che mi sembra stonino in questo contesto leggero e rilassato.
Riconosco comunque alla Caboni il dono della coerenza, visto che anche il finale è in tema col resto del racconto. Il lieto fine è talmente lieto da non permettere di immaginare nulla di più perfetto.
Volume adatto a chi apprezza colpi di fulmine, destini scritti in cielo e donzelle portate in salvo da un aitante cavaliere..
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I libri e la loro infinita potenza
Cristina Caboni, dopo aver scritto Il sentiero dei profumi e La custode del miele e delle api, torna in libreria con La rilegatrice di storie perdute. Un libro sui libri, sulla magia che comunicano e sull’amore per essi, poiché:
“i libri erano possibilità, nuove occasioni. Erano risposte. Custodirli, offrirli a chi li cercava era molto più che un mestiere. La sua era una vocazione.”
E ancora:
“Un libro sogna. Il libro è l’unico oggetto inanimato che possa avere sogni. Lo diceva Ennio Flaiano.”.
Sofia è una giovane donna, sposata con il marito Alberto. Per lui ha perso la propria identità, si è dedicata per tanti anni alla sua cura e alla sua persona, dimenticandosi di sé stessa, dei suoi sogni, dei suoi desideri. Si è completamente auto annullata in lui, e ora si rende conto di aver sbagliato, che intorno a lei c’è solo il vuoto. Cerca di riprendere in mano la propria vita, e un giorno si reca da un libraio, nel quartiere romano di Coppedè, dove risiedono i suoi nonni. Lì rimane affascinata da un vecchio libro, maltenuto, con la copertina rossa lavorata, le pagine ingiallite. Si offre di rilegarlo e il libraio, colpito da tanta determinazione, glielo regala. Quando si accinge a rimetterlo a posto, nel dorso scopre una lunga lettera, in cui una nobildonna del 1800 racconta la propria storia. Si chiama Clarice, è appassionata di storia e di libri, è la prima donna rilegatrice, vissuta ai primi dell’Ottocento, quando alle donne era proibito esercitare quella professione. Il libro, inoltre, è di Christian Philipp Fohr, un autore romantico di discreto successo, e riporta ai margini due tipi diversi di corsivo. Per Sofia è come trovare un tesoro. Si appassiona alla vicenda e incomincia la ricerca per trovare gli altri due volumi mancanti, che lei percepisce come determinanti per la ricostruzione della storia. In questo lavoro incontra un uomo, tanto affascinante quanto enigmatico: Tommaso Leoni, esperto grafologo e cacciatore di libri antichi. I due insieme ricompongono il puzzle intero, iniziando anche una loro personale storia d’amore.
Molto interessante è l’idea di far precedere ogni capitolo da una citazione: Goethe, Dickens, Hemingway, Shelley, Austen. E’ un aspetto ulteriore per esternare l’amore per la lettura,e la volontà di chi scrive per gli appassionati, per chi considera il libro un fine e non un mezzo.
Uno stile di scrittura scorrevole, veloce, articolato, e musicale, mai pesante e ripetitivo. La narrazione è in terza persona, ma la caratteristica personale del libro è la doppia linea temporale sulla quale viaggia il romanzo: da una parte la vicenda di Clarice, ambientata nell’800, in giro per l’Europa: da Vienna a Roma a Londra; dall’altra quella di Sofia ai nostri tempi. Il doppio filone narrativo è rispecchiato negli animi delle due protagoniste. Tutte e due, con coraggio, trovano la salvezza nell’amore per i libri, nell’arte della rilegatura e tutte e due devono affrontare dolore e sofferenza per riuscire a modellare se stesse e trovare una propria indipendenza e sicurezza nel mondo. Due donne che si compenetrano vicendevolmente, per una storia unica bellissima ed intrigante. Su tutto spiccano i libri, e il rapporto con essi, poiché:
“loro ti scelgono”.
I libri sono messaggeri, sono protettori, sono scudi contro il dolore, e armi potenti con cui combattere,
“possiedono qualcosa di speciale. Per loro stessa natura contengono potenzialmente risposte a ogni sorta di domanda. (…) I libri spariscono e riappaiono di continuo. E’ come se vivessero di vita propria.”.
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Sofia, Tomaso e il mistero di Clarice.
Sofia Bauer a seguito del suo matrimonio con Alberto De Santis ha dovuto accantonare tutte le sue passioni nonché il suo lavoro in biblioteca. Essendo il legame giunto a conclusione, la donna decide di separarsi dal compagno. Da questo momento la sua vita cambia: se da un lato un misterioso libro riesce ad affascinarla e a risvegliare tutti i suoi interessi, dall’altro, Tomaso Leoni, grafologo che l’accompagna nella risoluzione del segreto che ruota attorno a quelle pagine, forse riuscirà a farle battere il cuore come nessuno è mai riuscito a fare.
E’ mediante “Discorso sulla natura”, primo volume de “L’elogio della perfezione” (composto da: “Discorso sulla natura”, “Discorso sull’uomo” e “Discorso sul pensiero”) di Christian Philipp Fohr, che la protagonista viene a conoscenza dell’esistenza di Clarice Marianne Von Harmel, giovane nobile nata e cresciuta nel 1800 e in qualche modo legata al tedesco. Nel restaurare il testo, ormai lacero e rovinato dal tempo, essa recupera una lettera da quest’ultima scritta. Chiaramente questa rinvia agli altri capitoli, ma perché? Che indichi l’esistenza di un disegno più grande collegato alla trilogia? E che ruolo ha Clarice in tutto questo? Affiancata da Tomaso, Sofia non si fermerà davanti a nulla, perché deve scoprire dell’arcano. E sarà tramite questa analisi che ritroverà anche se stessa.
Con un linguaggio chiaro e elegante, Cristina Caboni dà vita ad un elaborato piacevole che racchiude al suo interno molteplici riflessioni su quella che è la condizione della donna e la sua evoluzione nei secoli. Lo scritto si fa scoprire rapidamente da chi legge e invoglia ad andare avanti soprattutto per la riscoperta dell’enigma che si cela dietro la figura dell’autrice delle lettere.
Unica difficoltà che ho riscontrato nello scorrimento è stata l’eccessiva impostazione fiabesca del componimento. La sensazione è infatti quella di trovarsi di fronte ad un testo che negli intenti ha un’ottima base di presupposti ma che nel concreto fatica a risultare plausibile perché troppo novellato. A più riprese, non celo, di essermi trovata a pensare di essere di fronte ad una favola.
Nel complesso, quindi, un libro gradevole, non impegnativo, adatto a chi ama le storie romantiche e con quell’alone di mistero radicato nel passato. Da leggere ma con questi presupposti.
«Non sarò certo io a doverle ricordare che i libri sognano. [..] Un libro sogna. Il libro è l’unico oggetto inanimato che possa avere sogni» p. 83 (cit. di Ennio Flaiano).