La ragazza perduta
Letteratura italiana
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Piccolo gioiello
La ragazza perduta di Salvatore Mannuzzu è un piccolo gioiello da custodire, da tenere sempre a portata di mano e sfogliare, con calma.
E' un breve racconto: un regalo di compleanno di un marito alla moglie che lo accusa di non amarla più. Quando scende la sera, quella del tempo interiore, quella che chiude il giorno e anche le stagioni della vita, un uomo legge alla sua amata una storia d'amore che ha appena finito di scrivere. Cercando nelle parole di riannodare l'intesa di un tempo.
E' una scrittura elegante quella che snoda i ricordi, che parla di Zezi, la moglie inquieta, ma non ampollosa, al contrario. Non sfocia in un sentimentalismo sdolcinato. Lo stile ricercato si muove leggero, con venerazione, non appesantisce quella che più di un racconto è una splendida lirica. Si respira una leggera nostalgia, a tratti anche malinconia, " di quanto si vorrebbe richiamare in vita, e non si può, e di quanto invano si vorrebbe non fosse stato". Il tempo scolora e consuma, cambia le cose, lascia rimpianti e consapevolezza. "Ho imparato: nessuna cosa rimane se stessa, né mai è stata se non nel groviglio delle altre; da esso forse si può riprendere lo posta che sembrava perduta".
La memoria come un ponte per congiungersi a quel "prima" scintillante, che non si dimentica, che non scolora.
La brevità del racconto è in parte un pregio, i dialoghi sono serrati, ma al tempo stesso un difetto, perché si perde il presente: sappiamo come si sono conosciuti, come il giudice è arrivato in Sardegna, ma del presente non sappiamo nulla, come se solo la ricerca di un tempo ormai perduto, nostalgico, avesse valore, possibilità di ricreare, di riannodare.
E' comunque un piccolo capolavoro.