La ragazza delle meraviglie
Letteratura italiana
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Chi sono davvero?
«Ma i signori Esposito erano troppo occupati a soffocare la verità per scoprirla fino in fondo. In effetti, è così che molte verità si trasformano. Prima in silenzio, poi si fanno sottili sottili e diventano storie.»
Dora ha sempre desiderato diventare madre, tuttavia, quel suo sogno così radicato sembra proprio non volersi realizzare. Il suo tempo biologico sta giungendo alla sua scadenza naturale e mentre lei è così intenta a sperare, Filume’, la sorella, si ormai così abituata al figliare e al miracolo della vita da essere molto più interessata a sapere quanta gente le è venuta a far visita e se qualcuno le ha portato delle rose in occasione del parto che al pargolo stesso. In quella notte di solstizio d’inverno a Napoli, nel quartiere Forcella, la sorte ha però in serbo anche una sorpresa per Dora e Gennaro; è giunta anche per loro l’ora di diventare genitori. Poco dopo il parto della cognata l’uomo si allontana col cuore pesante per il dolore provato dalla moglie quando, sopraggiunto nei pressi della Ruota degli Esposti dell’ospedale dell’Annunziata, si ritrova ad essere custode di una neonata che gli viene affidata dalla madre naturale con un avvertimento importante sul tenere quanto più segreta l’esistenza dell’infante. Al collo, quest’ultima, porta una collanina di rame con due misteriosi oggetti; una chiave arrugginita e una moneta antichissima. La bambina viene dalla coppia adottata e viene chiamata Francesca Annunziata in onore della santa a cui per anni la madre adottiva si è rivolta per confidare di poter restare incinta. Ma Francesca Annunziata non ama il suo nome e ben presto, quando ancora non ha compiuto i dieci anni, inizia a farsi chiamare Fanny. È una giovane curiosa, ribelle e avventuriera. La madre si chiede spesso come sia possibile che questa creatura sia così lontana dagli schemi e dagli insegnamenti che gli ha trasmesso, perché al contempo sia così poco incline a seguire quelle poche regole di comportamento che le vengono trasmesse. Ella trascorre le proprie giornate nelle campagne del Moiariello e quando arriva a compiere i dieci anni inizia a manifestare anche la capacità di avere sogni premonitori. È la notte antecedente al primo giorno di scuola media e quel sogno che la porterà a subire anche un mutamento fisico che da bambina la renderà signorina, sarà il preludio di una triste morte che le costerà il soprannome di janara (strega). Nessuno deve inoltre sapere della sua litania continua, del suo sentire la voce. Già così è isolata e non vista di buon occhio, figuriamoci se chi la circonda sapesse anche questo. Passano gli anni, Dora e Gennaro non le svelano dell’averla adottata. Anzi. Ogni scusa è buona per rimandare, per nascondersi, per celare. Ma si sa, non si può negare la verità perché questa prima o poi viene alla luce con tutta la sua forza dirompente e provoca reazioni inaspettate come, in questo caso, la fuga di Fanny da queste due persone che arriva a considerare estranee. Siamo a Napoli, la Napoli dei miti, la Napoli dei misteri, delle tradizioni e delle superstizioni. La ragazza è per la prima volta completamente sola ma è anche decisa; ritroverà i suoi veri genitori proprio grazie a quegli enigmatici amuleti che rappresentano tutto il suo tesoro e tutto quel che ha e con cui è stata ritrovata.
«Adesso aveva paura, e la paura era un liquido freddo e bianco che le allagava le viscere. Aveva voglia di scappare lontanissimo, di andare dove non c’era tutto quel dolore. Ma restò, perché non dicessero che era una vigliacca. Si chiese quanto potesse durare un sogno, e quanti sogni dentro ai sogni si potessero fare prima d’impazzire. Forse era meglio riprendere a cantare. Senza che nessuno la sentisse, Fanny emise la sua cantilena.»
Caratterizzato da una prosa ricca, precisa ma anche prolissa – con un lauto uso del gergo napoletano – che tende a rallentare la lettura, “La ragazza delle meraviglie” è un libro adatto ai sognatori e agli amanti delle città dei “mille colori”. Per quanto, infatti, la storia possa presentarsi caratterizzata da un certo alone di mistero e da una serie di elementi atti a incuriosire il lettore, quest’ultimo tende a risentire di alcune inesattezze che minano l’impianto narrativo. Tra queste, a mero titolo di esemplificativo, l’adozione della bambina direttamente dalla coppia che l’ha rinvenuta dalla madre che l’ha abbandonata; circostanza a mio modesto avviso abbastanza inverosimile nella prassi e nella realtà (si noti bene, nessuno chiede che si venisse a descriverne il procedimento di adozione ma considerando la forte burocrazia che c’è dietro, è difficile ipotizzare che la famiglia destinataria di un eventuale affido e poi adozione fosse proprio quella che l’ha trovata e che di conseguenza si riuscisse a tenere nascosto il fatto per ben quattordici anni e in un contesto dove tutti parlano). Ma a prescindere dal cavillo sul quale si può passare sopra in virtù della finzione narrativa, quel che maggiormente frena e che definisce il pubblico del titolo, è il suo essere caratterizzato da toni fiabeschi e novellati tali da renderlo in parte improbabile.
Pertanto, una lettura leggera ma non per tutti. Adatta a chi ama il genere, ama la città e ama le storie con quel pizzico di misticismo, superstizione e malìa.
Indicazioni utili
- sì
- no