Narrativa italiana Romanzi La perfezione non è di questo mondo
 

La perfezione non è di questo mondo La perfezione non è di questo mondo

La perfezione non è di questo mondo

Letteratura italiana

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Torino, tra le Molinette e il Valentino. Adriano, professore ottantaduenne che ha appena perso la moglie, ha un segreto di cui si vergogna un po': da quando la sua compagna non c'è più, continua a rivederla tra le corsie delle Molinette, anche se sa che non può essere vero. O forse sì? A soccorrerlo dal dubbio di essere sull'orlo della pazzia intervengono uno stravagante tassista, certo che sia più che normale che i morti continuino ad abitare accanto ai loro cari, e altre tre persone, che incrociano la sua strada. Gemma, libraia trentenne che nel fine settimana fa la volontaria al Filo d'Argento, un call center per anziani. Olga, un'arzilla zitella settantaseienne ricoverata con una gamba rotta. E Fausto, un giovane grafico precario fidanzato a una ragazza della Torino bene e padrone di Archibald, un bracco che ha il vizio di darsi alla macchia proprio nel parco dove fa jogging Gemma. Le vite di questi quattro personaggi si intrecciano, come in una danza, tra il parco e l'ospedale, dove si aggirano altre due inafferrabili presenze. Perché chi l'ha detto che morendo si deve per forza andare nell'aldilà, in un paradiso perfetto, algido e lontano? Non è forse più consolante - e infinitamente più divertente - immaginare di poter restare nell'aldiquà, invisibili a tutti tranne a chi ci vorrà vedere, fantasmi della porta accanto con tutte le nostre stupende imperfezioni?



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La perfezione non è di questo mondo 2017-07-31 16:33:15 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    31 Luglio, 2017
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La bellezza delle (e nelle) piccole cose

Torino. Adriano, ottantaduenne professore di filosofia in pensione, non è riuscito a superare la morte di Giulietta, la donna con cui ha condiviso tutta la sua vita. Da quando questa è venuta a mancare, è stato colto da una solitudine senza eguali, da una solitudine che non ha confini. Non può fare quindi a meno di girare per i reparti delle Molinette, luogo di ricordi ma anche luogo dove l’anima della consorte è ancora presente sotto la forma del fantasma. “Perché sei ancora qui, mia amata Giulietta? Come posso fare per aiutarti?” si chiede l’anziano uomo.
Olga, settantacinquenne in pensione che ha dedicato la sua vita a Bruno, uomo sposato che le ha inevitabilmente spezzato il cuore, adesso vive con il piccolo René, un delizioso gatto dal manto rosso e dalle molteplici fusa.
Gemma, ventinovenne, libraia nonché volontaria del Filo d’Argento è amica di “cornetta” di Olga nonché una ragazza solare ed altruista cresciuta senza la figura di un padre. Una mattina come un’altra, durante il suo canonico percorso di jogging, avrà un incontro ravvicinato del terzo tipo con Archibald, bracco coccolone di proprietà di Fausto, fidanzato di Susanna, donna della Torino bene, disegnatore e giornalista dai capelli fulvi, scarmigliati e dagli occhi tendenti al color oro.
Ed ancora Angelo, tassista allegro e loquace, il cui nome è tutto un programma, amico del fantasma Ernesto, sarà colui che con il suo mezzo intesserà le fila dell’opera, collegando, sulla scia della storia principale – quella di Adriano – le vite dei vari personaggi concepiti da Daniela Mattalia.
Sotto la falsa riga di un testo leggero e di facile scorrimento, l’autrice dona al grande pubblico un elaborato ricco di contenuti che con semplicità entra nel profondo dell’animo inducendo alla riflessione.
Forza di questo è la tematica mixata allo stile: attraverso un linguaggio apparentemente dai toni leggeri viene infatti affrontata, mediante il canale della solitudine, la problematica della fine della vita. Ottimo, in tal senso, il bilanciamento delle emozioni e delle vicende. Pagina dopo pagina queste scorrono parallelamente tra loro, ma senza mai cadere nel melodrammatico.
La scrittrice riesce inoltre a porre l’attenzione anche su un altro aspetto della vita attuale, quello dell’isolamento. L’anziano, in particolar modo, ma anche il giovane, tende a chiudersi, a lasciarsi andare allo stato di emarginazione che è proprio della realtà circostante. Perché il giovane non ha tempo per ascoltare l’anziano e l’anziano non ha desiderio di adattarsi alla frenesia di una vita che ha già vissuto e per cui ha già fatto e lottato. Finiscono così per risultare invisibili agli occhi dei più. Questo aspetto è messo in evidenza in particolar modo dall’ormai vedovo, ma anche da Olga nonché dalla madre di Gemma e dal suo convivere con frivolezze atte a “riempire le giornate” pur di non pensare a quell’uomo che quindici anni prima l’ha lasciata con una figlia da crescere. E Gemma stessa, che notate bene è volontaria al call center per anziani, spesso è la prima a non vedere, a non ascoltare. Sarà una circostanza particolare a farle aprire gli occhi, a farle rivalutare quella figura che ha accanto e che così frequentemente ha sottovalutato.

«Gemma, a ventinove anni, sapeva ormai che la vita può ingarbugliarsi parecchio. Ma non aveva ancora capito una cosa fondamentale. Che sua madre puntellava le proprie giornate con innocue finzioni di ogni tipo perché il marito non c’era più da tanto tempo e Gemma c’era, sicuro. Ma dove, miciola. Dove sei esattamente. Perché mica ti sento» p. 40

Fausto al contrario rappresenta il mezzo con il quale ciascuno può riflettere sulla propria relazione amorosa. All’inizio del componimento egli è fidanzato con la figlia di un notaio, dall’aspetto bellissimo, ma chiaramente viziata (basti pensare al fatto che è lei che vuole a tutti i costi il cane così come è sempre la stessa che non esita a proporre di farlo stare in terrazza pur di non averlo tra i piedi. Ho detto tutto). Con il proseguire degli avvenimenti questa relazione inizierà ad andare stretta al grafico che finirà con l’interrogarsi in modo sempre più risolutivo sugli aspetti che sono propri della compagna.

«Sto dicendo che se la tua compagna di vita si fa trascinare, se ti devi voltare indietro per sapere che c’è, non va bene. Non andrà bene. Ma nemmeno funziona se è davanti a te e ti tira, ti dice di fare questo e quello e vorrebbe decidere per tutti e due. Ed è più che una passeggiata, capisce? E’ una specie di danza, e se il ritmo non è armonioso, si spezza. Le sembra sbagliato?» p.106

In conclusione, la novellatrice è riuscita a dar vita ad un romanzo con i giusti tempi, con personaggi ben costruiti e non stereotipati che non faticano ad entrare nelle grazie di chi legge, nonché a far meditare su argomenti e sentimenti propri dell’animo umano che spesso disturbano per la loro intensità ed espressione.
Un volume fresco, non impegnativo, che si esaurisce in una giornata ma che ci invita, infine, a guardare il nostro mondo con un’ottica positiva, un’ottica che tenga conto tanto delle imperfezioni quanto delle perfezioni, perché sono le piccole cose a fare la differenza.

«”Mi interessano,” aveva spiegato serissimo Angelo, “i personaggi che si uccidono, vorrei sapere perché rinunciano alla vita, che non sarà un granché ma è sempre meglio esserci che no. Passiamo secoli e secoli a non esistere e una manciata di anni a essere vivi. Non le sembra follia sprecare l’occasione?”
“Ma quelle dei romanzi sono vite inventate”, aveva obiettato Adriano.
“Gli scrittori non inventano”, aveva replicato lui. “O meglio, inventano per capire. E si cerca di capire la realtà. Sempre”.
[..] “Scusi, ho visto il rosso all’ultimo. E sì che faccio questo mestiere da una vita.”
“Non importa. Sa come si dice, la perfezione non è di questo mondo”. Che rilassante banalità.
“Se è per questo, neppure dell’altro”». P. 123

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La perfezione non è di questo mondo 2017-07-03 09:34:48 ornella donna
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ornella donna Opinione inserita da ornella donna    03 Luglio, 2017
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L'imperfezione del quotidiano

Daniela Mattalia è nata a Torino. Vive a Milano e lavora come caporedattore a Panorama, vive con il marito Luca e la setterina Bugni. Il suo romanzo d’esordio è La perfezione non è di questo mondo, in cui i quattro personaggi principali hanno il sapore di “casa”, di “noi”, e si combinano con il nostro vissuto in un amalgama di passato e di possibilità. Un libro in cui l’antagonista principale è il destino, che continuamente ribalta le carte e crea incontri inattesi. Potrebbe definirsi un romanzo esistenziale, in cui i principali aspetti della vita si susseguono e mostrano come personaggi imperfetti, umanissimi, affrontano giorno per giorno le sfide, le vittorie e le sconfitte. Tanti i temi che si avvicendano: amore, vita, morte, nostalgia, malattia, invecchiamento, crisi economica, difficoltà a delineare la propria identità.
Una storia che arriva dritta al cuore con quattro protagonisti, un cane e…. due fantasmi! Non fantasmi che incutono terrore, ma persone come noi, solo:
“diversamente visibili”.
Con una vita normale, negli stessi luoghi in cui hanno sempre vissuto, con gli stessi sentimenti, fissazioni e manie. A Torino, tra il parco del Valentino e le Molinette, vivi e fantasmi si incontrano. Per chi vuole ridere, commuoversi, per chi ha compreso che:
“la perfezione non è di questo mondo!”.
Rivolto a chi ha sofferto una perdita e che, con dolcezza, aiuta a rendere più comprensibile e vivibile il nostro piccolo, fragile ed imperfetto mondo. Infatti:
“Le cose che fanno male? Lo sanno tutti: le sigarette, troppi dolci, troppi grassi, troppo alcol, stare sempre seduti. Sbagliato! Fa male vivere in modo impeccabile!”.
Adriano, professore ottantenne, ha appena perso la moglie Giulietta, e ha un segreto di cui si vergogna un po’: continua a vederla tra le corsie delle Molinette, anche se sa che non può essere vero. Lì fa la conoscenza con uno stravagante taxista, Angelo, per il quale è normale che i morti siano accanto ai loro cari, tant’è che lui lì vede sempre il suo vecchio amico Ernesto. Adriano incrocia altre tre persone: Gemma, libraia trentenne che nei fine settimana fa la volontaria all’Associazione Filo d’Argento; Olga, un’arzilla e pimpante zitella ricoverata con una gamba rotta; Fausto, giovane e carino grafico precario, fidanzato a Susanna, con cui è un po’ in crisi, e padrone di Archibald, bracco fortissimo con il vizio di darsi alla macchia proprio nel parco dove Gemma fa jogging. Tutti loro si incrociano, si conoscono tra il parco e l’ospedale, dove si aggirano eteree presenze. Perché chi l’ha detto che morendo si deve per forza andare nell’al di là in un paradiso sì perfetto, ma algido e lontano? E’ più divertente e consolante restare nell’al di qua, visibili soltanto a chi vuole vedere, fantasmi della porta accanto con piccole fissazioni e manie di sempre, con le nostre ottime imperfezioni. Ambientato a Torino, città magica, sommersa, primaverile, discreta, dove i vivi convivono in armonia con i fantasmi. Una commedia ironica e brillante, dal grande cuore e dai buoni sentimenti. Una lettura veloce con una prosa semplice, perfetta, ottimamente congegnata.

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Ricorda moltissimo Lorenzo Marone, La tentazione di essere felici.
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La perfezione non è di questo mondo 2017-06-18 13:12:58 ALI77
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ALI77 Opinione inserita da ALI77    18 Giugno, 2017
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LA VITA NON E' PERFETTA

L a perfezione non è di questo mondo è il toccante romanzo d’esordio di Daniela Mattalia, un libro che mi ha colpito molto sia per i temi trattati, che per la descrizione dei vari personaggi e delle varie storie che si intrecciano.
Il protagonista assoluto del libro, che è un po’ anche il filo conduttore dell’intera storia, è Adriano, professore ottantenne che ha subito un grave lutto, la sua adorata moglie Giulietta è scomparsa da poco. L’anziano ripercorre i loro momenti felici, ricorda quello che facevano insieme, ma crede ancora di vederla tra le corsie delle Molinette, dove torna ogni giorno. Vorrebbe aiutarla, non capisce cosa voglia da lui e l’uomo in un certo momento, pensa anche di essere diventato pazzo.
Olga, invece, è un’anziana signora che è in pensione e vive con il gatto Renè, dopo aver lavorato per anni come caposala al reparto pediatrico del Regina Margherita. Nonostante il suo amore per i bambini, non ne ha mai avuto uno, ne si è mai sposata. La donna vive la sua età con leggerezza e ama la sua condizione di zitella, ma un giorno la sua vita cambia quando si rompe una gamba.
Gemma, è il personaggio che ho sentito più vicino a me, sarà per l’età o per la sua storia personale. E’ una ragazza alla soglia dei trent’anni, che lavora in una libreria, come tutti i giovani d’oggi deve fare i conti con la crisi e con la possibilità di perdere il suo lavoro. Il sabato lavora come volontaria in un call center per anziani chiamato il “Filo d’Argento” , dove si ritrova a parlare e ad ascoltare le storie, oppure i problemi, delle persone più avanti con l’età. Parlando con questi anziani, capisce di trascurare la madre e si sente in colpa di non stare molto con lei e soprattutto di non ascoltarla abbastanza.
Infine, troviamo Fausto, un giovane grafico che cerca di lavorare seguendo la sua passione, è fidanzato con Susanna una ragazza ricca della Torino bene e ha un cane, di nome Archibald, una vera forza della natura.
Il cane farà incontrare Gemma e Fausto al parco, dove è solito correre libero e spensierato e non seguire le indicazioni del suo padrone.
Quello che mi sorprende di questo libro è che la storia racconta un qualcosa di brutto come la fine della vita, ma l’autrice è riuscita a parlarne non scadendo nel melodrammatico, ma riuscendo a mantenere il giusto equilibrio tra le emozioni.
Questo romanzo, è dedicato sia alla nostalgia e al ricordo di una perdita che abbiamo avuto, sia alla terza età, a questo ultimo periodo della vita nel quale ci sentiamo più fragili e più soli.
La chiave è proprio questa, la solitudine. Questo sentimento ci può essere a tutte le età, ma in particolare gli anziani ne soffrono molto. La fretta della nostra vita, non ci permette di goderci al meglio i momenti che abbiamo e quindi spesso e volentieri i figli non hanno il tempo e il modo di accudire come merita, un genitore anziano. Il tempo non c’è, non c’è più l’attenzione necessaria e doverosa che dovremmo avere nei loro confronti, siamo così concentrati nella nostra vita che non li ascoltiamo nemmeno più. Diventano invisibili ai nostri occhi. Quello che resta agli anziani sono i ricordi, i momenti felici vissuti in famiglia, la nostalgia di un passato che non ritornerà.
Se da una parte troviamo la storia di Adriano e Olga, dall’altra invece l’autrice punta l’attenzione anche nei confronti di una figlia Gemma, che capisce grazie anche al call center, quanto sia importante ascoltare ed entrare in sintonia con la madre. I suoi genitori si separano quando Gemma era piccola infatti il padre le ha lasciate per un'altra donna. La ragazza soffre molto per questa assenza, ma capisce anche che la colpa di quello che è successo non è di sua madre.
“Piena di iniziative, strampalate, di passioni che evaporavano dopo qualche mese:le lezioni di yoga acquatico, il corso per realizzare bambole di pane da appendere alle pareti quello per dipingere i sassi. Ogni due o tre giorni Gemma la chiamava, ma in quel fiume materno di discorsi le restavano poche tracce.[…] Certo le voleva bene. Però non riusciva ad ascoltarla. A entrare nel suo cuore.”
Gemma si sente molto lontana da sua madre, ma le vuole bene e capisce che in fondo non è così differente da lei.
Galeotto fu Archibald, qui possiamo dirlo, che ha fatto incontrare la nostra Gemma con Fausto e che i social hanno in un qualche modo aiutato la loro conoscenza.
Fausto all’inizio del libro si dice molto innamorata della sua Susanna, una bellezza oggettiva, bionda, magra, abbronzata, alla moda e anche ricca. Ma con l’andare avanti della storia, capiamo che i due sono molto differenti. Fausto si sente sempre un po’a disagio quando va dai genitori di lei, anche se loro non fanno nulla per metterlo in difficoltà, ma nonostante questo lui percepisce la distante che c’è tra di loro. Susanna, possiamo dirlo, è una ragazzina viziata, abituata a vivere nel lusso e a frequentare determinate persone e determinati eventi o locali. Nella sua famiglia, l’unica parola possibile da dire per descrivere le loro cene, è finzione. Si capisce chiaramente che Fausto non è l’uomo adatto alla loro figlia, ma fingono di accoglierlo sperando che prima o poi Susanna cambi idea.
“Non disse nulla di tutto ciò, davanti aI Manero era impossibile intavolare una discussione che fosse men che gradevole. Soprattutto la signora Marilena era abilissima nel lisciare le pieghe di qualsiasi discussione, come fosse una tovaglia di lino bianca, nessuna macchia, nessun segno di stropicciamento. Le tovaglie non vanno sporcate, le conversazioni non vanno sgualcite.”
Daniela Mattalia riesce a coinvolgere il lettore in una maniera straordinaria, ci si affeziona ai personaggi, come se fossero dei nostri amici. I capitoli alternati con quattro voci narranti differenti sono la vera forza del libro, rendono la storia viva, emozionante e la lettura molto scorrevole.
Temi importanti come la terza età, la vita, la solitudine, la nostalgia vengono raccontati in maniera delicata e riusciamo a capire e ad accorgersi, che a volte bisogna fermarsi e dare più attenzione alle persone che amiamo.
I personaggi non sono stereotipati ma sono persone normali, semplici, umili potremmo trovare Olga al mercato o Fausto al parco con il suo Archibald.
Credo che l’ultimo capitolo sia molto originale e segue molto il mood del romanzo, il tracciare e delineare la storia con delicatezza ma anche con freschezza e vitalità.
Una piccola nota la vorrei fare per la copertina, molto azzeccata, originale e in linea con il libro,un particolare non da sottovalutare.
La perfezione non è di questo mondo ci vuole indicare come il nostro mondo così imperfetto e a volte delicato, sia anche pieno di lati positivi e di piccoli gesti semplici che possono aiutare le persone a migliorare la propria vita.
Un racconto intenso, che ci fa scoprire fragili e vulnerabili quando subiamo una perdita che ci tocca da vicino, ma anche che ci fa capire che c’è sempre il modo per rialzarsi magari facendo del bene, rivalutando le persone che ci sono vicine e magari amando un po’ di più.

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