La notte della cometa
Letteratura italiana
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I matti siamo noi
Il matto del paese, quello che spaventa, disturba, dà fastidio, rovina la quiete, il matto è un personaggio scomodo, da prendere in giro, ridicolizzare, da tenere alla dovuta distanza, può essere pericoloso.
Il libro di Vassalli è molto bello, toccante, emozionante a tratti, ricostruisce la storia di Dino Campana, poeta di inizio ‘900 nato e vissuto prevalentemente a Marradi, non molto distante da Firenze. La narrazione è un mix di romanzo, racconti, dossier e documentario, si tratta di una originalissima ricostruzione dei fatti che rendono la figura di questo poeta, molto umana e vera. L’autore non racconta nello specifico l’esperienza del manicomio, certamente fa cenno delle torture a cui queste povere persone erano sottoposti, ma senza entrare nel particolare, senza utilizzare trucchetti per colpire maggiormente il lettore. Vassalli ha raccontato la vita di Campana svelandoci il suo intimo e il raccapricciante contesto in cui è vissuto. Il contesto storico, culturale e ambientale in cui Campana nacque e visse può risultare, ai giorni nostri, fuori dal mondo; la madre fu la vera malata di mente di quella famiglia, essa fu una delle principali rovine di questo poeta, o almeno questo è quello che appare dalla lettura di questo libro.
Dino Campana fù sicuramente un uomo eclettico, fuori dal comune, ma quello che al giorno d’oggi risulterebbe semplicemente un artista, a quell'epoca fu internato come pazzo, Campana era sicuramente uomo sensibile e appassionato.
Molto bello il quadro composto da Vassalli, ci restituisce l’immagine di un poeta che prova a percorrere tutte le strade che lo portano alla compimento della sua più intima essenza, a far esplodere la sua creatività, far apparire tutta la sua passione, la sua cultura, la sua profondità d’animo. L’ignoranza di quei tempi ha letteralmente annientato questa fantastica energia, una vera e propria persecuzione, un disumano desiderio di annichilimento perpetrato in primo luogo dai genitori ed in seguito dalle autorità locali.
Questo libro porta con se un favoloso messaggio che è quello che non si devono mai reprimere le proprie e le altrui aspirazioni, non si deve deviare la natura di ogni essere umano, ognuno deve poter esprimere la propria essenza senza restrizioni.
Un uomo distrutto e ucciso fin dalla nascita che avrebbe potuto regalarci molte altre pagine meravigliose, un perseguitato che con questo bellissimo racconto di Vassalli riacquista la luce che merita, un uomo reso pazzo dalla follia umana.
Un storia bellissima che mi ha messo nel cuore un altro piccolo seme a ricordarmi ogni giorno che alla natura non si possono porre limiti.
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Dino Campana
Questo libro è un viaggio. Una vita. Il viaggio di una vita.
Scritto dopo tanti anni di ricerche e di passione (e si vede), Sebastiano Vassalli narra la vita di un poeta italiano non molto conosciuto ma che ha avuto una vita molto travagliata e intensa: Dino Campana, l'autore dei "Canti Orfici".
Con un'attenta e precisissima ricostruzione storica della società e dell'esistenza di quel tempo, la vita di questo poeta viene vissuta interamente nella pelle e nella mente del lettore: il difficile rapporto con una madre che lo odia, un padre che non lo comprende, un paese che lo emargina etichettandolo come "scemo del paese", i numerosi viaggi per il mondo, le sue avventure, i suoi pensieri, le sue poesie, i suoi ricordi, gli amici, le permanenze in vari manicomi, i lavori per sbarcare il lunario...
La solitudine, la diversità e la "pazzia" sono i fulcri del romanzo: chi era Dino Campana in realtà?
Un matto, un pazzo. avrebbe detto chiunque a quell'epoca.
Era semplicemente incompreso. Era un'anima sensibile vagante per il mondo in cerca di una felicità indefinibile e irraggiungibile, un cuore profondo pieno di parole che verranno trascritte su carta, tramandate da persona a persona...
Un poeta. Una delle poche incarnazioni del sentimento che vengono spesso fraintese, viste come pericoli o minacce da parte dei cosiddetti "normali".
Tra versi scritti dal poeta, la sua vita e un ottimo e impeccabile affresco di fine Ottocento-inizio Novecento con continui interventi dell'autore per specificare alcuni termini e passaggi, il libro risulta perfetto dal punto di vista strutturale e stilistico, ma forse anche un po' pesante: alcuni fatti o dettagli non rimangono molto impressi, si dimenticano e il linguaggio è piuttosto ricercato e complesso.
Una trama vera e propria non dovrebbe esserci, eppure alcuni passaggi fanno perdere il filo del discorso e si crea una leggera confusione.
Comunque sia, Sebastiano Vassalli, con il grandissimo talento letterario che lo contraddistingue, ci parla di Campana, ma parla anche di un'Italia diversa, primordiale, costretta a vivere in un mondo di finzione, perbenismo, serietà e indifferenza. Un mondo quasi vuoto, ravvivato solo dall'arte e dalle emozioni che ormai pochi sembrano in grado di provare.
Dino Campana era uno di loro, per questo era rifiutato, era considerato un diverso, una specie di "mostro" di cui l'autore stesso ha preso enormemente a cuore la vicenda, narrandola in questo bel libro, dicendo chiaramente che se il suo poeta non fosse mai esistito, prima o poi l'avrebbe inventato.
Perchè i poeti, e tutti gli artisti in fondo non sono umani. Sono una razza a sè, fuori dall'ordinario, una splendida stirpe che vive nella fantasia e nella perdizione, che rende più bello il mondo in cui viviamo.
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PONTI SULL'ABISSO
La cometa di Halley, “tutta sola nell’abisso del cielo”, corre per l’universo e raggiunge il sistema solare ogni 76 anni: al suo passaggio è legata l’apparizione di un poeta, ma l’epifania di un artista è la possibilità di sfiorare l'enigma del cosmo che l’umanità non è in grado di cogliere. Come ne “La chimera” la biografia documentata di Dino Campana(1885-1932), ricostruita rigorosamente da Vassalli, dimostra quanto la Storia umana sia un meccanismo che stritola le creature più fragili ed innocenti: e lo stesso nucleo familiare a perpetrare l’assassinio fisico e morale dei più deboli con la complicità dello società. Per mettere in atto i suoi delitti, dovuti a miopia o pregiudizio, parenti ed istituzioni si servono di etichette, quali “strega” o “matto”: cosi l’esistenza di Dino inizia “storta” fin dall’infanzia a Marradi, il paesino toscano nel quale il ragazzo cresce odiato dalla madre, incompreso dal debole padre, e oggetto di schermo da parte dei suoi compaesani. Le manifestazione di squilibrio e le reazioni scomposte non sono sintomi di malattia, bensì del disagio di un’anima troppo sensibile per integrarsi in un ambiente angusto. Vassali ha la felice idea di non considerare la vocazione alla poesia come una semplice reazione all’emarginazione: la vena artistica resta un mistero, di cui i contemporanei sono incapaci di cogliere l’afflato. Esemplare è il disprezzo per i “Canti Orfici” dei letterati illustri dell’epoca, Papini, Soffici, Marinetti e i futuristi; e c’è da dubitare che per la sua stessa amante, la “divoratrice di uomini”, Rina Faccio, in arte Sibilla Aleramo, esaltate in futuro dalle femministe, egli sia stato qualcosa di più di un’effimera stravaganza di donna alla moda. Solo chi ignora cosa sia davvero la poesia può stupirsene del resto: essa è “un ponte sull’abisso: un messaggio lanciato a chi non c’è da chi non torna più indietro”. Una cometa appunto che è passata una notte, ha illuminato il cielo, ma tu dormivi…
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A chi ama le seguenti tematiche: l'emarginazione dell'artista, da Euripide ad Alda Merini.-arte e malattia-
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La Poesia
Dino Campana nacque a Marradi il 20 agosto 1885 e morì a Scandicci il 1° marzo 1932.
La sua fu una vita travagliata, errabonda, con ogni probabilità del tutto infelice, un’esistenza al di fuori di ogni canone, con frequenti ricoveri in manicomio.
Rifiutato di fatto dalla madre, tollerato dal padre, emarginato dai suoi compaesani che lo consideravano “il matto”, osteggiato dai letterati dell’epoca, non è difficile comprendere come Dino Campana sia passato da una naturale predisposizione (uno zio era pazzo e lo stesso genitore aveva trascorso un breve periodo in una clinica per malati mentali) alla malattia vera e propria, diagnosticata dallo psichiatra Carlo Pariani in ebefrenia, una forma acuta e particolarmente grave di psicosi schizofrenica.
Ma Dino Campana era veramente un alienato mentale e, se lo era, quali furono le cause? E’ questo che si deve essere chiesto Sebastiano Vassalli quando iniziò ricerche in proposito, ultimate le quali scrisse questo libro, una vera e propria biografia del poeta di Marradi che spesso sconfina nel romanzo, nell’indagine storica, nell’analisi comportamentale, e che non solo consente di avere un’idea abbastanza esatta dell’uomo Campana, ma anche una maggior comprensione dei Canti Orfici, il suo poema, il riflesso di una persona sola e senza speranza che si rifugia nell’unica soluzione possibile: uno stato di dormiveglia in cui il sogno è la valvola di sfogo per fuggire da una realtà intollerabile.
Rifiutato da tutti, più volte internato in manicomio, appare un’immagine del poeta simile a un anarchico errante, ma che non distrugge, non contesta, bensì rifiuta quel mondo che non lo vuole fino ad autodistruggersi, non prima però di aver alzato il suo canto di dolore e di libertà, quei Canti Orfici, prima osteggiati da tutti e poi, molto più tardi, dopo la sua scomparsa, osannati.
Si potrebbe dire che Campana presenta uno sdoppiamento della personalità: l’uomo, emarginato dalla società, che vive alla giornata seguendo improvvisi impulsi, e il poeta, o meglio la poesia. Come precisa Vassalli ci sono scrittori di poesie, ma Dino non lo è, perché in lui vive la poesia e finisce con il diventare la poesia stessa, una poesia onirica. Così Campana diventa un mezzo, una voce attraverso la quale la poesia parla, uno strumento di cui egli stesso è artefice e succube, è l’unica vita possibile che gli è rimasta e nulla ha più senso dopo il completamento dei Canti Orfici, un’opera che per l’autore è un volo senza tempo, la misura dell’esistenza di un uomo a cui è stato reso impossibile vivere da uomo.
Vassalli scrive “Ma forse è proprio vero che i poeti appartengono ad una specie diversa, «primitiva», «barbara», da sempre estinta eppure sempre in grado di rinascere come quella dell’araba fenice. I poeti autentici, dico: non i letterati o gli scrittori di poesie, ma proprio quelli per mezzo dei quali la poesia parla. Gli unicorni, i mostri”. E’ forse il più bell’omaggio a Campana, ma non è gratuito, è una valutazione ragionata, che mi trova d’accordo.
E i Canti Orfici diventano così la giustificazione di un’esistenza invivibile, quasi un’altra vita, autonoma, ma immortale.
Vassalli ha inoltre il pregio di inquadrare il personaggio nella società dell’epoca, con degli spaccati precisi e fluenti di non pochi ambienti, da quelli di paese ai letterari, dagli ambienti universitari alla triste condizione dei ricoverati in manicomio, un lavoro preciso - si potrebbe definire di cesello – che aiuta molto a comprendere la figura di Campana, forse un originale che non sarebbe mai impazzito se fosse stato accettato e rispettato come tale.
Avremmo avuto così un Dino Campana diverso e Sebastiano Vassalli avrebbe potuto scrivere questo libro solo con l’estro della fantasia, come del resto precisa “Ma se anche Dino non fosse esistito io ugualmente avrei scritto questa storia e avrei inventato quest’uomo meraviglioso e «mostruoso», ne sono assolutamente certo. L’avrei inventato così” .
Il grande merito dell’opera è quella quindi di una ricerca della verità attraverso la quale comprendere Dino Campana e, soprattutto, i Canti Orfici.
Vassalli è riuscito a portare a termine un’impresa quasi titanica, con la pazienza e la meticolosità dello storico, unite a un grande amore per la poesia, senza il quale non avrebbe potuto concludere nulla, rimanendo attinente ai fatti, sviscerandoli, interpretando anche, ma senza inventare nulla.
Dino Campana è talmente unico che non c’è bisogno di creatività per narrare della sua vita non vita; quel che occorre, invece, è il rispetto, la pietà per l’uomo e appunto l’amore per la poesia, caratteristiche che a Vassalli di certo non mancano.
Il libro termina con un racconto di grande effetto: Natale a Marradi, relativo all’ultimo Natale trascorso da Dino Campana nel paese natio insieme a Sibilla Aleramo.
E’ la degna conclusione di un’opera di grande valore non solo storico, ma anche letterario.