La mia maledizione
Letteratura italiana
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Il fascino letterario di Nuoro
Se qualcuno ora mi chiedesse di quale luogo io abbia letto di più negli anni passati, non avrei alcuna esitazione nel rispondere: Nuoro!
Non che abbia preso in mano chissà quali e quanti volumi sull’argomento, ma è la città che ho trovato (in parte cercandola) maggiormente protagonista nelle mie letture di alcuni anni fa; già, perché essa stessa, in un modo o nell’altro, finisce per essere l’ineludibile protagonista delle storie a cui fa da sfondo. Dalla Nuoro del passato, nel contempo rurale e monumentale, immortalata da Salvatore Satta e Mario Ciusa Romagna a quella odierna di Alessandro De Roma il salto temporale è notevole, ma, a mio parere, il fascino a tratti struggente della piccola città sarda tanto letterariamente celebrata rimane del tutto immutato.
È stata una bella sorpresa questo romanzo, così il suo autore che non conoscevo, e ringrazio l’amica a cui già devo non poche importanti scoperte… lei sa!
Cinque stelle è il voto che attribuisco al libro, ma mi riservo di aggiungere un meno per il finale che lascia davvero un senso di amarezza e, non so se mi esprimo bene, d’incompiuto. La scrittura, fin dall’inizio, è perfetta: profonda, profondissima, dura, non meno ironica e rabbiosa. Rabbiosa come spesso può esserlo soltanto l’età dell’adolescenza, della quale, ci piaccia o no, forse ci trasciniamo sempre qualcosa pur nell’avanzare impietoso degli anni: speranze, illusioni, delusioni… Anche una certa dose di egoismo e cattiveria.
Ho trovato molto in questa storia, non da ultimo le salite all’Ortobene fino alla imponente statua del Redentore, di cui non posso non conservare memoria con un po’ di malinconia, così come gli splendidi scatti della natura di un’isola ammaliante che a chi ci abita, nonostante tutto, è capace di regalare ancora indescrivibili emozioni.