La libraia di Orvieto
Letteratura italiana
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La libraia di Orvieto
Matilde è una quarantenne, romana, in fuga. Questa è la sua quarta fuga dai problemi del passato; anziché riparare preferisce ricostruire. Altrove. L'altrove di questa fuga è Orvieto; splendida, affascinante cittadina nella tranquilla Umbria che le dà asilo, conforto e lavoro. Matilde infatti viene assunta da un libraio di Orvieto, un uomo bizzarro, che sembra estratto da un romanzo di un altro secolo. Attraverso lui Matilde si inserisce nel tessuto della piccola comunità di suoi conoscenti ed amici, legati da ritmi di vita, abitudini e riti immutabili e con il lavoro che ama, la sua bicicletta che la porta ad esplorare vicoli e scorci medievali e due cuccioli trovatelli (Doris e Lessing), Matilde inizia a curare le sue ferite. Ma un giornalista, nipote del libraio, suo datore di lavoro, riesuma un caso di un decennio prima, archiviato troppo sbrigativamente come suicidio. Matilde lo aiuta e la tranquilla, dolce e pacifica comunità orvietana rivelerà con un finale, che ricorda per modalità quelli di Agatha Christie, un sorprendente volto nascosto.
Un romanzo piacevole, una lettura facile, capitoli corti, scritto con tono leggero, dove umorismo e dramma si alternano. Personaggi, forse, a volte quasi caricaturali, ma ben delineati. Valentina Pattavina riesce a far respirare l'aria riposante della provincia, la tranquillità di Orvieto, le cene a base di cucina locale, dando un sottofondo intimista al romanzo e il racconto, mano a mano, cambia colore, senza traumi e, quasi fisiologicamente, diventa nero/giallo fino al sorprendente finale.