Narrativa italiana Romanzi La leggenda del ragazzo che credeva nel mare
 

La leggenda del ragazzo che credeva nel mare La leggenda del ragazzo che credeva nel mare

La leggenda del ragazzo che credeva nel mare

Letteratura italiana

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Quando si tuffa Marco si sente libero. Solo allora riesce a dimenticare gli anni trascorsi tra una famiglia affidataria e l'altra. Solo allora riesce a non pensare ai suoi genitori di cui non sa nulla, non fosse che per quella voglia a forma di stella marina che forse ha ereditato da loro. Ma ora Marco ha paura del mare. Dopo un tuffo da una scogliera si è ferito a una spalla e vede il suo sogno svanire. Perché ora non riesce più a fidarsi di quella distesa azzurra. Perché anche il mare lo ha tradito, come hanno sempre fatto tutti nella sua vita. Eppure c'è qualcuno pronto a dimostrargli che la rabbia e la rassegnazione non sono sentimenti giusti per un ragazzo. È Lara, la sua fisioterapista, che si affeziona a lui come nessuno ha mai fatto. Lara è la prima che lo ascolta senza giudicarlo. Per questo Marco accetta di andare con lei nel paesino dove è nata per guarire grazie al calore della sabbia e alla luce del sole. Un piccolo paesino sdraiato sulla costa dove si vive ancora seguendo il ritmo dettato dalla pesca per le vie che profumano di salsedine. Quello che Marco non sa è il vero motivo per cui Lara lo ha portato proprio lì. Perché ci sono segreti che non possono più essere nascosti. Perché per non temere più il mare deve scoprire chi è veramente. Solo allora potrà sporgersi da uno scoglio senza tremare, perché forse a tremare sarà solo il suo cuore, pronto davvero a volare.



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La leggenda del ragazzo che credeva nel mare 2022-07-31 07:31:28 Pelizzari
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Pelizzari Opinione inserita da Pelizzari    31 Luglio, 2022
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Stella marina

E’ una storia di sofferenza e di dolore privato. Ma è anche una storia di rinascita e di luce. Un padre abbandona il figlio alla nascita, perché la sua nascita ha provocato la morte della madre. Questo bambino viene sballottato fra tante famiglie, si sente senza identità, si sente fragile. Ma anche il padre precipita in un abisso di buio e di vuoto. Poi il destino fa capitare un incontro, che più casuale di così non è possibile, con due figure femminili, due personaggi secondari, che però riescono, in una frazione di secondo, grazie ad un segno distintivo speciale, a fare tutti quei collegamenti necessari a ricostruire la storia. Si fanno carico dell’onere di ristabilire quel contatto perso, senza conoscere ancora come e quando. E’ solo il perché a motivarle. Con dolcezza e con lentezza riescono a picconare il muro di apatia, diffidenza, paura, riescono ad accendere scintille di luce. E poi scelgono che siano il mondo ed il tempo a trovare il modo di ricucire lo squarcio di tempo assente. Il momento della scoperta è inevitabilmente violento, però il lieto fine è assicurato, perché nella vita occorre affrontare i propri fantasmi e non rimanerne vittima. Lo stile è alternativamente lento ed impennante, in piena sintonia con il ritmo di evoluzione degli eventi. I sentimenti sono descritti in modo caldo e molto coinvolgente.

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La leggenda del ragazzo che credeva nel mare 2019-01-17 08:08:07 FrancoAntonio
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FrancoAntonio Opinione inserita da FrancoAntonio    17 Gennaio, 2019
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Il mare, l’amore ed il vento “storto”

Antonio, Lara, Marco, Virginia, sono quattro anime tormentate da ricordi dolorosi, rimpianti, rimorsi, recriminazioni, rammarichi. Si sentono in qualche modo in difetto con sé stessi e con gli altri. Soffrono per la loro vigliaccheria ad affrontare le situazioni in cui si trovano coinvolti e per l’ostinata chiusura che essi stessi oppongono ad ogni modifica delle condizioni in cui si sono confinati.
Antonio, era perdutamente innamorato di Milena, la quale però, è morta dando alla luce il loro primo figlio, Angelo. Da allora rifiuta ogni contatto con il Mondo e, in particolare, non vuol neppure sentir parlare del figlio, abbandonato alla nascita perché ritenuto colpevole di avergli sottratto la donna che amava.
Marco, diciottenne amareggiato dai troppi affidi, mai trasformatisi in adozioni definitive, s’è infatuato senza speranze dalla bella Virginia, ragazza ricca ed abile tuffatrice. Per far colpo su di lei, commette l’assurda imprudenza di tuffarsi in mare da oltre trenta metri di altezza. Ferito gravemente rischia di perdere non solo ciò a cui ambiva, ma anche il poco che aveva. Si dovrà affidare, malvolentieri, alle cure di Lara, abile e tenace fisioterapista.
Lara, diciotto anni prima, era stata la levatrice che fece nascere Angelo e che cercò, invano, di salvare la vita a Milena. Ora, cambiato mestiere, porta sul cuore il peso di quella che lei reputa una terribile colpa, miscelato all’amore disperato e non corrisposto per Antonio. Cerca di aiutare Marco oltre i suoi doveri professionali anche per redimersi: infatti crede di aver scoperto un angoscioso legame che lega il ragazzo ad un passato che credeva sepolto.
Infine Virginia: è sinceramente attratta da Marco e si sente pure responsabile dell’incidente che gli è costato quasi la vita. Così spinge Lara a far di tutto per lui, ma non riesce a confessargli il suo amore, né ha il coraggio di lasciare il fidanzato Luca con il quale tutto sembra già combinato, anche per il benevolo volere delle rispettive famiglie.
Così, le vite dei quattro protagonisti si accavallano ed intrecciano tra loro, si ingarbugliano, nutrendo affetti e dissapori, mettendo in luce le rispettive contraddizioni. Alla fine tutto fluisce sino allo scontato epilogo romantico.

Salvatore Basile, da bravo sceneggiatore televisivo, ci racconta una storia confortante, ricca di buoni sentimenti. È una storia abbastanza convenzionale, sia per i temi trattati (a cominciare dalle strane, incoerenti strade in cui si muove l’amore tra le persone), che per il modo in cui le vicende vengono narrate e fluiscono in un percorso non rettilineo, ma che conduce, piuttosto prevedibilmente, verso l’auspicato happy end. Tuttavia è una storia che non diviene mai eccessivamente banale, scontata. Il senso finale che ne traiamo è quello di una favola consolatoria, mielosa a tratti, ma mai melensa; una favola che ci spinge ad illuderci che, anche nel mondo reale, le cose possano trovare una soluzione che riscalda i cuori.
Lo stile garbato e leggero rende la lettura facile e scorrevole, con la sola esclusione di qualche passaggio ove si è forse ecceduto nelle descrizioni liriche, appesantendo la narrazione che diviene più torpida, sì da invogliare a saltare alcune frasi. I dialoghi sono immediati e credibili, le caratterizzazioni dei personaggi realistiche pur se un po’ stereotipate e non sempre approfondite. Meritano uno speciale apprezzamento alcune belle descrizioni di paesaggi e certi guizzi narrativi nei quali l’A., con poche abili frasi, riesce a toccare i sentimenti anche di chi si accosta alla storia con freddo cinismo.

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La leggenda del ragazzo che credeva nel mare 2018-09-08 15:47:24 LittleDebbie
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LittleDebbie Opinione inserita da LittleDebbie    08 Settembre, 2018
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Tutto si sviluppa in modo reale, per gradi

Di Salvatore Basile ho letto “Lo strano viaggio di un oggetto smarrito” che mi era piaciuto molto. Trovo che l’autore abbia un modo di scrivere molto elegante, delicato, quasi come se scrivesse delle favole, ma senza risultare irrealista.
Quando sono venuta a conoscenza della pubblicazione di un suo secondo romanzo, senza indugi, ho deciso che lo avrei letto. E quando iniziare un romanzo che nel titolo ha la parola “mare” se non il giorno dell’entrata dell’estate?
Già nelle prime pagine, la metafora delle stelle marine e delle stelle in cielo mi è piaciuta molto, ma leggere di quel padre che avrebbe avuto il figlio solo ed esclusivamente per la moglie mi ha fatto subito storcere il naso e mettere tristezza. Il padre non è riuscito a sobbarcarsi la responsabilità di un bambino, ha preferito la via più facile per cercare di cancellare il dolore che provava senza pensare alle ripercussioni che suo figlio avrebbe avuto.
La lettura è molto scorrevole ed andando avanti con le pagine si vuole scoprire sempre di più. I personaggi ben presto cominciano a diventare sempre meno sfocati, con contorni ben delineati.
Questo secondo romanzo di Salvatore Basile è più realistico del suo predecessore, ma non meno intenso ed interessante, anzi, credo che mi sia piaciuto anche di più.
I personaggi sono veri, sembra quasi che possano uscire da un momento all’altro dalle pagine; il dolore, ma anche la felicità, sembrano essere tangibili.
Marco è il personaggio più riuscito e non soltanto perché è il protagonista su cui ruota tutto il romanzo, ma perché è composto di tante sfumature diverse da dover scoprire.
Tutto si sviluppa in modo reale, per gradi, senza correre, facendo sì che il lettore venga catapultato all’interno del libro.
Una pagina tira l’altra ed è un vero peccato quando arriva alla conclusione del romanzo perché se ne vorrebbe leggere di più.
Inizialmente si poteva pensare che i tuffi e Virginia sarebbero stati il fulcro del libro, invece sono solo il mezzo attraverso il quale condurre Marco dove dovrebbe essere.
Se devo trovare una nota dolente, credo che sia Lara per la quale a volte ho storto il naso per via di sue determinate decisioni, ma al contempo so che, essendosi comportata così, Salvatore Basile non solo ha creato un personaggio, ma anche una persona che, come tale, commette degli sbagli.
Avrei voluto che il finale durasse di più, avrei voluto sapere più cose, leggere ancora, ma in fondo la conclusione mi ha soddisfatta, come il suo sviluppo.
Salvatore Basile si riafferma anche in questo suo secondo romanzo con la sua prosa delicata, i personaggi nitidi, pieni di sfumature, che riescono a combattere il proprio dolore per cercare di riacquistare la loro serenità.
Spero che Basile non smetta di scrivere e che possa continuare a pubblicare altri romanzi come questo e come “Lo strano viaggio di un oggetto dimenticato”.

«Gli imprevisti, in quanto tali, non si annunciano mai, né ci sono davvero dei segnali nell’aria che possano aiutarci a prevenirli. Ci si sveglia al mattino convinti di avere una serie di impegni nel corso della giornata, mentre invece gli eventi stanno già macchinando per cambiare il corso della nostra vita, nel bene o nel male».

«[…]nulla torna com’era prima, perché il tempo trasforma le cose e le persone, perché nessuna cicatrice si rimargina completamente, perché il dolore ha una tinta indelebile, che puoi solo coprire con altri colori ma, quando vai a grattare la vernice, rispunta fuori come il tufo sotto le pareti delle case».

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La leggenda del ragazzo che credeva nel mare 2018-09-04 03:55:37 Bruno Elpis
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Bruno Elpis Opinione inserita da Bruno Elpis    04 Settembre, 2018
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Qualcosa di molto simile al richiamo del sangue

Marco sogna di diventare un tuffatore e dinnanzi alla bella Virginia compie un’imprudenza.
La fisioterapista Lara riconosce in lui (“Da quando aveva visto la stella di carne sulla spalla di Marco”) il figlio di Antonio, abbandonato per un dolore antico, che ha impedito ad Antonio di vivere.

Con uno stratagemma Lara conduce Marco nel paese natale: un paese di mare, ove il ragazzo con l’inconsapevole Antonio (“Era come se rischiare la vita insieme li avesse uniti, una sorte di sindrome da frontiera”) affronterà la sua talassofobia (“Cosa ti fa paura?... Con la mano destra indicò il mare”), le sue radici oscure (“Ma come avrebbe fatto a rivelargli che quel ragazzo era suo figlio?”) e il suo futuro (“Sono proprio le cose che ti fanno paura, le più belle da affrontare”)..

La leggenda del ragazzo che credeva nel mare di Salvatore Basile (“Io l’ho visto come guardavi il mare. La tua non era una semplice paura… Era odio”) è una storia che indulge al sentimentalismo e che, pur scorrendo – da presupposti forse improbabili - su binari che conducono verso un finale prevedibile, cattura l’attenzione del lettore sin dalle prime pagine, interpretando il desiderio di tenerezza e lieto fine che spesso cova in noi.

Bruno Elpis

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La leggenda del ragazzo che credeva nel mare 2018-08-13 15:12:37 Chiara77
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Chiara77 Opinione inserita da Chiara77    13 Agosto, 2018
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Donarsi alla vita con la certezza di essere accett

Marco ha compiuto da poco 18 anni e lavora in una piscina come addetto alle pulizie.
È grazie a questo impiego che viene a contatto con il mondo dei tuffi e con le persone che li praticano. È attratto in particolare da una ragazza, Virginia, ed inizia a sentire una forza misteriosa che lo chiama sul trampolino e lo fa provare a tuffarsi.

“Lentamente, il tuffatore si era sollevato in punta di piedi, poi aveva piegato leggermente le ginocchia e si era lanciato all'indietro. Marco l'aveva visto ripiegarsi su sé stesso come un fiore al tramonto e roteare nell'aria, sospeso: una, due, tre volte, come una girandola di luce. E in quel momento aveva capito che tuffarsi in quel modo era come donarsi alla vita con la certezza di essere accettati. Era appartenere al mondo per diritto e ottenerne l'ammirazione: proprio tutto ciò che gli era sempre mancato nel corso della vita […].”

Marco infatti si porta dietro, pur essendo molto giovane, un bagaglio di sofferenza e privazione. È stato abbandonato alla nascita ed ha trascorso l'infanzia e l'adolescenza tra un rifiuto e un altro, girovagando da una famiglia affidataria ad un'altra: ha provato la solitudine, il dolore e l'abbandono.
Eppure adesso, attraverso i tuffi, ha capito, per la prima volta, che può esistere qualcosa di prezioso per cui lottare e da cui ottenere, forse, un riscatto.
Ma un'altra brutta sorpresa attende il povero Marco: di nuovo un episodio sfortunato e negativo gli farà mettere in dubbio la possibilità di diventare un tuffatore.
A causa dell'incidente il ragazzo conosce una bravissima fisioterapista, Lara, che si comporta con lui in modo opposto rispetto a come tutti fino a quel momento l'avevano trattato. Lara lo prende a cuore, lo vuole aiutare; addirittura lo vuole portare al suo paesino, a Sarcola, perché la sabbia e il mare possano avere un effetto positivo sulla sua salute. Ma sarà solo per questo? Oppure ci sono altre motivazioni per cui Lara vuole tornare al suo paese dopo quasi vent'anni e portare con sé Marco?
Vorrei lasciar scoprire all'eventuale lettore gli altri tasselli della trama e il finale del romanzo.
Avevo letto ed amato il primo libro di Basile, “Lo strano viaggio di un oggetto smarrito” che, in effetti, ha con questo alcune affinità, ad esempio il sapore dolce di una storia ammantata di buoni sentimenti, quasi una fiaba moderna.
“La leggenda del ragazzo che credeva nel mare” tuttavia non è riuscito a coinvolgermi come l'altro romanzo, vi ho letto anche una certa dose di retorica, qualche elemento troppo scontato che più che attrarmi mi ha respinto. Mi è sembrato, in alcuni punti, veramente troppo banale e carico di luoghi comuni.
È comunque una lettura scorrevole e piacevole, che lascia qualche traccia di salsedine e un po' dell'azzurro intenso del mare.

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La leggenda del ragazzo che credeva nel mare 2018-08-13 12:34:52 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    13 Agosto, 2018
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Il richiamo del mare

«Che ti devo dire, ragazzo mio… Si provano tante cose che ti puoi immaginare: tristezza, dolore… ti fai tante di quelle domande, cerchi di capire se sei tu che hai sbagliato qualcosa… Ma poi a un certo punto te ne fai una ragione e lo sai perché? Perché l’unica cosa che t’importa è che lei stia bene, che sta facendo quello che vuole… o perlomeno che ci sta provando. E speri che è veramente così, che ha trovato la sua strada. Poi ti attacchi ai ricordi, ci pensi e ci ripensi… e ti metti a immaginare cosa fa, se casomai si decide a tornare… Immagini. Speri, perché ti fa bene. E capisci che a un certo punto, pure la speranza è piena di ricordi. Forse certe speranze sono fatte proprio di ricordi… Se i ricordi sono brutti, la speranza è una speranza amara, che ha un sapore brutto. Ma se i ricordi so’ belli… e allora pure tu ti fai le fantasie più belle… e aspetti. Aspetti domani… aspetti un altro giorno… e trovi la forza di alzarti dal letto ogni mattina…» p. 114-115

La vita di Marco non è mai stata semplice. Cresciuto tra una famiglia affidataria e l’altra sino al compimento della maggiore età egli non ha mai conosciuto i suoi genitori né è a conoscenza delle ragioni che li hanno portati a separarsi da lui. Adesso che è maggiorenne non ha però più possibilità di continuare a vivere con genitori “in affitto” così decide di trovarsi un piccolo appartamento le cui spese suddivide con l’amico Aldo e, ancora, riesce a trovare un lavoro presso la piscina della città come uomo delle pulizie. Ed è proprio durante questa attività che sente il richiamo: dopo aver visto eseguire tuffi perfetti a Virginia e i suoi amici – tuffatori a livello agonistico – conclude di volerci provare a sua volta e quel che avverte, coglie non può essere spiegato. È come un richiamo a cui non può sottrarsi. Si tuffa e rituffa finché viene notato proprio dalla donna di cui si è innamorato, Virginia. Ma per Marco, che mai avrebbe pensato di potersi tuffare e che mai avrebbe pensato di poter attirare le attenzioni della benestante fanciulla, le sorprese non sono finite. Un fatto, una circostanza, un avvenimento lo porterà ad avere paura del mare. Perché? Cosa è successo? Ed è qui che entra in scena Lara, che all'istante riconosce quel dettaglio, quel piccolo segno distintivo che lo contraddistingue da tutti i suoi coetanei. Inizia così un viaggio alla riscoperta della realtà, della propria esistenza, del futuro ma anche del passato. Perché la vita non è solo domani, è anche ieri e oggi, è anche un vero e proprio atto di coraggio.
Con una penna leggera e fluente che accompagna il lettore pagina dopo pagina Salvatore Basile dopo “Lo strano viaggio di un oggetto smarrito”, torna in libreria con un nuovo e emozionante testo. Denominatore comune delle sue storie sono i rapporti familiari, i giovani che sono stati bloccati e impauriti da fatti della vita, la crescita con tutte le sue difficoltà e imprevedibilità, in questo caso, però, non mancano i sogni, la voglia di una rinascita.
Riconosco di aver durato un poco di fatica nella prima parte che mi sembrava a tratti poco credibile o comunque un poco forzata, ma non demordete, nella seconda troverete dei passi davvero belli che si riannetteranno con maestria al quanto già letto tanto da combaciare come i tasselli di un puzzle ricostruito.
Nel complesso una buona prova, appassionante, leggera ma che lascia il segno.

«Come a mio padre. Pure lui teneva paura del mare. Però mi ha insegnato che sono proprio le cose che ti fanno paura, le più belle da affrontare.» p. 175

«Non hai ancora cominciato a vivere e già ti arrendi? Non ce l’hai questo diritto, hai capito? Te lo dice uno che si è arreso e che sa cosa significa farlo. Sei troppo giovane, avrai pure sofferto, ma non lo sai ancora che cos’è la vita.» p. 179

«E, quasi senza rendersene conto, sii lasciò andare a un sorriso. Perché c’è sempre un momento, per ogni vita, in cui anche il dolore più profondo scioglie il suo nodo e finalmente accetta i tramutarsi in nostalgia» p. 232

«L’amore non è mai un fatto volontario, piccolino mio. Non c’è mai un motivo o una ragione. L’amore ti prende senza che te ne accorgi e pure se non vuoi. È fatto così, ti sorprende e non puoi farci niente. I motivi e le ragioni servono solo per farlo finire, l’amore. Te ne accorgerai anche tu.» p. 253

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La leggenda del ragazzo che credeva nel mare 2018-07-16 10:04:37 Belmi
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Belmi Opinione inserita da Belmi    16 Luglio, 2018
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Il richiamo del mare

“Rabbrividì nel capire che, fino a quel momento, si era temprato a mille forme di dolore, dal tradimento all’abbandono, dalla solitudine alla paura. Perfino all’assenza dei genitori e allo straniamento del non sapere chi fossero, si era abituato. Ma al tradimento e all’abbandono di una parte del suo corpo non era affatto pronto e non lo sarebbe mai stato”.

Marco ha diciotto anni, passato da una famiglia affidataria all’altra, ora, compiuta la maggiore età, può contare solo sulle sue forze. È un ragazzo forte, temprato dal dolore ma non ancora del tutto disilluso anche se la vita non è stata generosa con lui.

L’acqua lo richiama a se, come una sirena insistente, lui vuole volare in quel blu intenso perché sa che solo così tutto il dolore scompare. Ma la vita non ha ancora smesso di chiedere a questo ragazzo, o forse gli vuol dare una possibilità?

Salvatore Basile racconta una storia di cui non vorresti mai vedere la fine. Non è un libro che si legge tutto d’un fiato, va gustato lentamente, assaporandone ogni sfaccettatura perché questa storia ha davvero tanto da dire e da far emozionare.

“Tu hai sempre parlato poco, figlia mia, soprattutto con me. Ma che ti credi? Certi silenzi c’hanno dentro le parole. Le parole che non si dicono… e soprattutto quelle che non si vogliono dire. Ma un padre se le impara a sentire, quelle parole… se le va a rubare da dentro al silenzio e poi s’impara pure a capirle. Se no che padre è?”.

Uno stile ricercato, profondo ma mai pesante. Una storia con il gusto del mare, il suo profumo e il suo infinito.

Un libro che consiglio vivamente e di cui mi porterò il ricordo dietro per molto tempo.

Buona lettura!!!

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