La guerra degli Scipioni
Letteratura italiana
Editore
Recensione della Redazione QLibri
Scipio pugnaturus omnia de industria mutavit
Romanzo breve o racconto lungo?
Questa è la prima domanda che ci poniamo sin dalle prime battute del libro, che da subito ci fa capire che ci troviamo davanti a un linguaggio molto ricercato. Dodici righe per descrivere come inizia l’estate e declina verso l’autunno sono davvero tante, per un romanzo di 75 pagine! Comunque, proseguendo, la lettura diventa scorrevole anche se di tanto in tanto ci troviamo di fronte a espressioni davvero inconsuete, o meglio, desuete. Nessuno direbbe più “essere assiso sul divano” o “ammannire il pasto” e questo appesantisce un po’ il romanzo. Ringraziamo l’autore per aver “rispolverato” questi e altri termini che non si sentivano da tanto. Una scelta coraggiosa, adatta a ”un barboso cultore di una scrittura di altri tempi”. Fin qui abbiamo parlato dello stile, adesso passiamo al contenuto.
Il titolo ci richiama subito alla mente gli “Scipioni” e le guerre puniche, anche se lo scrittore vuole forse alludere al “Circolo degli Scipioni” che raccoglieva poeti e storici che dissertavano di storia e letteratura. Gli Scipioni del romanzo sono: Antonio Giovanni e Paolo. Un piccolo circolo costituito da tre membri, diversi tra di loro, ma accomunati non solo da legame di sangue. Non dissertano di arte e letteratura, ma di problemi e insoddisfazioni. Tutti e tre portano avanti la loro personale guerra, chi contro la società e il qualunquismo, chi contro la monotonia della vita, chi contro la scuola come istituzione, descrivendone vizi e virtù.
E su Giovanni, il professore, quello più concreto, il medio dei tre fratelli, quello in lotta con il sistema scolastico da cui si sente schiacciato, sia Antonio che Paolo riversano sempre le loro recriminazioni. Giovanni è di sicuro il personaggio più approfondito: le sue idee, i suoi malesseri e le sue aspirazioni emergono con chiarezza e ironia.
La guerra che gli Scipioni portano avanti è solo contro sé stessi e scaturisce dalla loro incapacità di omologarsi e appiattirsi, restando un “po’ all’antica” e perseguendo i valori e i principi che stanno sempre più scomparendo, senza peraltro rinunciare alle loro aspirazioni, giuste o sbagliate che siano. E’, in fondo, la malattia del vivere quotidiano, che diventa tanto affannoso e pesante quanto più ne siamo insoddisfatti. E allora perché non prendersi una piccola pausa dalla vita?