La chimera
Letteratura italiana
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i tempi delle streghe non finiscono mai
LA CHIMERA, DI SEBASTIANO VASSALLI (1990). E’ il primo libro di Vassalli che leggo e mi ha conquistato fin dalle prime righe, non solo perché amo i romanzi storici “seri”, quelli scritti sulla base di una solida documentazione, ma anche perché la prosa di Vassalli è per me tra le più belle e più limpide che io conosca della letteratura italiana. Il suo periodare ha un ritmo regolare come il respiro: calmo, con le pause giuste, così da trattenere il pensiero e l’immaginazione abbastanza a lungo perché accompagnino le parole. Con questa sintassi sciolta e un lessico ricco senza essere prezioso Vassalli racconta la storia di Antonia, giovane donna che nel 1610, a 20 anni di età, fu arsa viva a Zardino, un piccolo borgo poi scomparso vicino a Novara. Di un fatto storico preciso si tratta dunque, ricostituito in tutte le sue sfaccettature grazie ad un lavoro di archivio molto attento e ad un’immaginazione che è solo del genio, la quale colma la distanza tra il documento d’archivio e la vita vissuta. L’esattezza e la vividezza della ricostituzione storica, che nulla hanno da invidiare a quelle per esempio dei romanzi di Zola, non esauriscono però la bellezza del romanzo. Personaggi e avvenimenti sono collocati nello spazio (la campagna novarese) e nella storia vera e propria (quella a cavallo tra ‘500 e ‘600) ma anche nell’ampia prospettiva di un tempo … senza tempo, in cui le cose cominciano, producono rumore e svaniscono: chimere! ombre! cose che hanno la consistenza dei sogni, per quanto grande sia stata la sofferenza di chi queste cose le visse. E’ a causa di questa prospettiva temporale talmente ampia da diventare intemporale (è un gallicismo di mia invenzione :), che fin dalle prime righe ho sentito agire la stessa suggestione, lo stesso fascino, di un altro grande romanzo storico: Memorie di Adriano, della belga Marguerite Yourcenar. Quando Vassalli e Yourcenar raccontano, si è come proiettati sul palcoscenico dell’eternità, perchè il passato ci mostra in forma stilizzata e perciò più visibile\\\\ che il presente di chi visse non è diverso dal presente di chi vive oggi, per quanto cambino i paesaggi e le forme esteriori del vivere. Scrive infatti Vassalli alla fine della Premessa, il cui sottotitolo è “Il nulla”: “ Il presente è rumore: milioni, miliardi di voci che gridano, tutte insieme in tutte le lingue e cercando di sopraffarsi l’una con l’altra, la parola “io”? Io, io, io ...Per cercare le chiavi del presente, e per capirlo, bisogna uscire dal rumore: andare in fondo alla notte (con riferimento al titolo di Céline?), o in fondo al nulla; (…) Nel villaggio fantasma di Zardino, nella storia di Antonia. E così ho fatto.”
Ora, “Il nulla” è anche il sottotitolo del “Congedo”, alla fine di un romanzo che si conclude con la descrizione della grande atroce festa che si tenne in occasione del rogo in cui Antonia venne bruciata in nome di Dio: finalmente la pioggia sarebbe tornata e la morte non avrebbe rapito bambini! In nome di Dio. Ultimo capoverso del libro. “Tutto finito?” Tutto finito, sissignore. O forse no. Forse c’è ancora da rendere conto di un personaggio di questa storia, in nome del quale molte cose si si dissero e molte altre si compirono, e che in quel nulla fuori dalla mia finestra, è assente come è assente ovunque, o forse è lui stesso il nulla, chi può dirlo! E’ lui l’eco di tutto il nostro vano gridare, il vago riflesso d’una nostra immagine che molti, anche tra i viventi di quest’epoca, sentono il bisogno di proiettare là dove tutto è buio, per attenuare la paura che hanno del buio. Colui che conosce il prima e il dopo e le ragioni del tutto e però purtroppo non può dircele per quest’unico motivo, così futile! : che non esiste. Non meno di tutto ciò che l’uomo fa, anche Dio è una “chimera”: è la chimera con cui esorcizziamo la paura “del buio”. Cosa poi sia “il buio”, cambia certo aspetto da uomo a uomo e a seconda delle epoche: per il contadino contemporaneo di Antonia è la precarietà della vita, per il devotissimo vescovo Bascapé, discepolo di Carlo Borromeo, è il Diavolo, però insieme, contadini e preti, immolano Antonia per ristabilire il Bene. Perché proprio intorno ad Antonia si coagula la “paura del buio” in quella precisa situazione? Perché Antonia è un’orfana, è bella ed ha carattere, come si desume molto chiaramente da quanto Vassalli trascrive delle sue dichiarazioni agli inquisitori. E come si coagula l’odio intorno a lei? Do la voce a Vassalli, che lo dice molto bene: “All’inizio del ‘600 (…) le voci nascevano per intero dalle ossessioni e dai livori di chi lle metteva in circolazione e si diffondevano in un solo modo, da bocca a orecchio; ma il risultato finale non aveva poi niente da invidiare a quello di oggi, perché quelle voci passavano con grandissima rapidità da una stalla all’altra intrecciandosi con altre voci d’altre stalle, d’altri villaggi, d’altri inverni: formavano un tessuto inestricabile di menzogne e di mezze verità, un delirio verbale di tutti contro tutti che finiva sempre per sovrapporsi alla realtà, condizionandola, nascondendola, determinandone sviluppi imprevedibili; fino a diventare , esso stesso, la realtà” (p. 73, Ed. Einaudi)
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Manzoni Verga Vassalli : una storia di vinti
Letti i due terzi di questo libro pensavo che la storia si riducesse alla cronaca di quello che doveva essere un ingiusto caso di condanna per stregoneria. Ma l’autore che sorprende per lo stile duttile ed estremamente versatile adatta e dosa la propria empatia in una sorta di climax ascendente in cui per comprendere a pieno il senso della triste avventura della protagonista è necessario che il lettore si fornisca di tutta una serie di informazioni fondamentali di carattere storico sociale e politico che circondano il piccolissimo paese di Zardino . Utilizzo il verbo “circondano” perché tutta la narrazione si incentra sulle vicende degli abitanti del paesello che scorrono in modo del tutto avulso e parallelo a quelle della vita politica dell intera Italia ma anche dell’allora Ducato di Milano e di Novara che ne faceva parte. Le guerre di religione L editto di Nantes, L avvento del metodo scientifico , la Controriforma erano avvenimenti vicini vicinissimi ma A Zardino tutto ciò che succede si narra e si spiega con gli occhi della gente che ci viveva , molti eventi rimangono degli interrogativi a cui i contadini non potevano dar risposta per il semplice motivo che in alcun modo potevano o dovevano esserne coinvolti. Degli esseri viventi totalmente invisibili agli occhi della realtà e dei potenti e a cui non sarebbe toccato altro che di subire gli eventi o esserne strumenti inconsapevoli ,i fili di una trama che qualcun altro era destinato a tessere. Si tratta in fondo di un racconto di vinti , descritto in maniera più feroce del realismo verghiano dove L’ inquietudine del progresso non è vissuta con una certa consapevolezza ma rimane una attesa o un’illusione che non si palesa mai ma trascinerà i suoi destinatari a tempo debito. Non si tratta neanche di un romanzo storico di stampo Manzoniano, non c’è speranza , non c’è Provvidenza, non c’è quella giustizia divina che punisce o redime i cattivi e premia i buoni. In questa vicenda i semplici vengono stritolati nell’ingranaggio della follia dei fatti e pilotati da una sorta di malignità universale ed endemica composta di ripicche, vendette personali che si intrecciano con oscure trame politiche e d’ambizione personale, a cui la verità è e deve rimanere completamente estranea. La durezza materialistica della riflessione conclusiva dell’autore sul Nulla che apre e chiude la storia del mondo così come la storia di Zardino non mi trova concorde. Abbiamo tutti i quanti il dovere di testimoniare la verità e di garantire la democrazia e la partecipazione di tutti alla vita sociale. La storia non è solo fatto ma è anche evoluzione e maturazione dell’essere umano che ha il dovere di rivedere le proprie colpe ed i propri errori... per non ripeterli!
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Come un quadro di Brueghel
Questo romanzo storico, ambientato tra la fine del 1500 e l’inizio del 1600, inizia in sordina, prosegue senza grandi momenti in crescendo, a volte anche con tratti molto piatti, e comunque non esplode mai. Nel complesso è comunque una lettura molto piacevole ed interessante, non tanto per la trama, quanto per l’ambientazione, intesa sia come paesaggio, che fa da sfondo agli eventi, sia come contesto storico-culturale. Azzardando un paragone, assomiglia ad un quadro di Brueghel, in cui non ti colpisce il singolo elemento, ma l’insieme. Ed osservando l’insieme, solo dopo ti incuriosisce comunque anche concentrarti sui singoli personaggi. Ci viene raccontata la vita nei paesi della bassa pianura piemontese. E la nebbia di quelle zone non impedisce all’occhio del lettore di cogliere anche i particolari.
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Agnello sacrificale
La chimera, premio Strega 1990, è un romanzo storico bello e interessante, ambientato nei due decenni a cavallo tra la fine del 1500 e l’inizio del 1600 a Novara e nella campagna che da questa città si spinge a occidente fino al fiume Sesia, cioè nelle zone dove Sebastiano Vassalli, nato a Genova da padre lombardo e madre toscana, trascorse gran parte della sua vita.
A differenza di tanti romanzi storici capaci di scalare le classifiche di vendita grazie a colpi di scena e atmosfere da thriller, La chimera non cerca di impressionare il lettore con la spettacolarizzazione della Storia e mantiene costantemente uno stile distaccato e un linguaggio in cui ogni parola sembra essere accuratamente studiata e soppesata.
E’ evidente, palpabile, il minuzioso e accurato lavoro di ricerca che lo scrittore ha condotto e la passione con la quale ha riportato indietro di quattro secoli il paesaggio, l’ambiente e la società di un territorio oggi attraversato dalla linea ferroviaria dell’Alta Velocità e dalle tratte autostradali che uniscono Milano, Torino e Genova e che ai contemporanei sembra così grigio, piatto e anonimo da non riuscire ad immaginare che potesse aver avuto, in un tempo nemmeno troppo distante, una vita animata e degna di essere raccontata.
In questo romanzo ho trovato decisamente più interessante il contesto e la ricostruzione storica che la trama, in sé molto scarna: il processo per stregoneria a una giovane ragazza “esposta” (cioè abbandonata alla nascita e presa in carico da un convento) e adottata da una coppia di contadini di Zardino, un villaggio che, come dichiarò l’autore, è esistito realmente, tra gli attuali comuni di Recetto e Vicolungo (dove oggi sorge un famoso centro commerciale) e che poi scomparve, forse travolto da un’alluvione del Sesia.
Mi ha molto interessato la descrizione della società dell’epoca, con una inevitabile eco del capolavoro manzoniano, cui più volte l’autore sembra richiamarsi in una sorta di contrappunto. Ritroviamo quindi la dominazione spagnola con le sue grida inutili, emesse tanto per mostrar di far qualcosa, i signorotti locali e le loro angherie compiute sul contado, i bravi, i criminali che trovano asilo e protezione nei conventi (e che però, non toccati dalla divina provvidenza, non si redimono).
Nel romanzo di Vassalli vediamo anche il lato oscuro della Chiesa e del potere ecclesiastico, fatto di intrighi, strategie e cinica consapevolezza che il male che alberga nel cuore di ogni uomo può essere accarezzato, manipolato e utilizzato in nome di qualche santa finalità, senza troppo curarsi né delle vittime, né degli occasionali vantaggi materiali e terreni che questa spregiudicatezza può portare a un buon numero di peccatori, uomini di Chiesa inclusi, né dei vizi o delle nefandezze private alimentati in nome della difesa di qualche pubblica e sacra virtù.
Si tratta della Chiesa che manda le streghe e gli eretici al rogo senza sporcarsi le mani, infatti la condanna e l’esecuzione della pena sono compiuti dalle autorità civili, limitandosi la Santa Inquisizione a cercare con ogni mezzo (proprio con ogni mezzo) un segno di pentimento “sincero” e sufficientemente evidente da permettere di capire che l’anima e il corpo della sventurata o dello sventurato non siano ormai irrimediabilmente posseduti dal demonio.
Vassalli ci parla anche di altri protagonisti della Storia, meno noti, come i risaroli, sorta di braccianti che ogni anno scendevano dalle montagne per raccogliere il riso in condizioni di schiavitù, una piaga che stranamente, osserva, è passata sotto silenzio, o come i “camminanti”, vagabondi senza fissa dimora che rifiutavano il lavoro e vivevano di espedienti, o come i “quistoni” che nella zona di Novara era il termine usato per i falsi preti che giravano nei paesi per raccogliere elemosina, vendere indulgenze, prescrivere medicamenti e interessati consigli.
Antonia, la protagonista del romanzo, in fondo è un semplice pretesto per raccontare una delle tante vicende di oscurantismo che appartiene al nostro passato italiano, europeo, occidentale. Una storia in cui il fanatismo di pochi, l’ignoranza di molti, l’intreccio tra politica e religione e tanta corruzione a tutti i livelli della società potevano mandare a morire una ragazza innocente di vent’anni, bollandola come “la strega di Zardino”.
Il sacrificio di Antonia è stato l’esito imprescindibile di un fitto intreccio di convenienze e casualità. Le rivalità da cortile e le maldicenze messe in circolo nelle chiacchiere tra comari sono state solo la scintilla che è poi divampata in incendio per una triste combinazione di casualità e interessi personali, politici, curiali. Un ingranaggio implacabile che, una volta azionato, non ha più potuto essere fermato.
Il libro si chiude con un proclama di ateismo e con l’amara constatazione che dopo tanto affannarsi esiste solo il nulla, che inghiotte tutto e tutti, colpevoli e innocenti, vincitori e vinti. Ma questi sono altri discorsi, altre temi per infiniti altri libri.
In conclusione, il Seicento di Sebastiano Vassalli, mai rischiarato dalla luce della fede e mai coperto dal velo della pietà, è più crudo, cupo e disperato del Seicento del Manzoni e si percepisce come molto più realistico. Di Vassalli ho apprezzato moltissimo anche lo sforzo di far parlare la terra, con le sue tradizioni, le sue espressioni, i suoi umori, il suo clima, il suo paesaggio. Detto questo, non me la sento proprio di accostare le due opere. Appartengo ad una generazione per la quale quella manciata di mostri sacri che ci hanno tanto afflitto sui banchi di scuola continuano a metterci soggezione e ci obbligano a classificarli “fuori concorso” in qualsiasi successivo giudizio letterario! :-)
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La storia come espressione del nulla?
Come la nebbia diradandosi permette di mettere a fuoco i contorni di un paesaggio e di farlo apparire ai nostri occhi per l’oggettiva bellezza che gli è propria e che, fino a qualche minuto prima, pareva inimmaginabile, così il romanzo di Vassalli squarcia la dimenticanza e fa affiorare un vissuto particolare perso nella Storia. Il sole dirada la nebbia e restituisce la visione del Monte Rosa, la scrittura, unita all’indagine storiografica, precisa e puntuale, riporta in vita uno scorcio di primo Seicento, di cui oggi non è rimasta traccia visibile ma solo documenti scritti. Lo storico riesuma la storia , lo scrittore la romanza e la ammanta di una personale visione, dura come la constatazione dell’assoluta assenza di Dio. La storia è quella di una comunità intera, Zardino, paese della bassa novarese e con essa di Antonia, giovane esposta, adottata da una famiglia del piccolo borgo e condannata al rogo in qualità di strega. Un ventennio appena , quello contenuto fra il 1590 e 1610, per ritrarre una singola esistenza e con essa un’epoca , nel tentativo, ben chiarito dall’autore, di sopprimere il chiassoso presente echeggiante di voci individuali ed egoistiche, rumoroso e inutile, cercando una verità nella storia del passato. A lettura ultimata, il congedo però richiama ancora quel nulla della premessa in una costatazione amara e feroce : tutto è finito, non c’è verità, non c’è niente, niente; le pagine della storia, rumorose e crudeli si aprono e si chiudono con assordante disinvoltura che evolve poi nel nulla silenzioso.
L’approccio al romanzo è stato molto positivo proprio per la potenza della sua premessa che è di una bellezza nostalgica e poetica, l’avvio della vicenda interessante anche se progressivamente ha perso di interesse ai miei occhi ai quali, prepotente, si affacciava il modello manzoniano. Delusa forse dalla mancata caratterizzazione della giovane Antonia, a tratti venendo rapita dalla descrizione d’ambiente, ho attraversato fasi di interesse vivo, alternate a fasi di stanca e di piatta assoluta. Quando, infine , la vicenda particolare di Antonia si è imposta prepotente, con la narrazione del processo, della carcerazione, della condanna e del rogo, ho goduto pienamente di questa lettura.
Non dico di essere ancorata al modello provvidenziale del Manzoni nella visione della storia ma questa veduta nichilista mi ha deluso e fatto rimpiangere l’ironia manzoniana sorniona e utile ad alleggerire la finitezza del mondo e dell’uomo. Ho bisogno inoltre di proiettare, come dice Vassalli, la mia immagine e tutto il mio essere in quel buio che non posso associare al nulla.
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La strega di Zardino
Per Vassalli la Storia possiede le smisurate fauci di un organismo che impersonalmente crea e distrugge se stesso con volontà impassibile e ostinata, concedendo alle comparse che siamo l’illusione di sentirsi protagoniste di trite vicende che non possono guidare.
In questa circolare danza di vita e di morte ad essere stritolati per primi sono i figli più innocenti ad opera dei più avidi e cinici, pronti a dilaniare e dilaniarsi per rimanere aggrappati ai bordi del tempo un secondo più degli altri, prima di essere annegati a loro volta nel silenzio.
Vassalli dirada le nebbia dell’alta padana novarese per fare riemergere, effimera come l’abbaglio del sole nell’acqua delle risaie, la storia vera e dimenticata di una giovane innocente che per poco fu sulla bocca di tutti come la strega di Zardino. Antonia è la vittima della macchina spietata che tiene insieme la grandi ruote della storia del Seicento, gli Spagnoli, la Controriforma, l’Inquisizione e i cardinali riformatori, ma anche i minuti ingranaggi del potente di provincia che si sente legibus solutus e l'ignoranza invidiosa del piccolo uomo, che gode della disgrazia rovinosa di una ragazza le cui uniche colpe sono la bellezza della gioventù e l’esuberante intelligenza. Una storia antica, di cui Antonia rappresenta solo una delle innumerevoli variazioni che sono state, e che saranno.
Il romanzo ha uno stile linguistico pulito, a volte secco ma mai piatto, che risente anche della parlata regionale. Felicissimo poi è l’uso dell’ampio sguardo del narratore onnisciente in cui si palesa lo scrittore stesso, riuscendo nella bella impresa di portare il lettore dentro e fuori del racconto, attraversando metaforicamente la nebbia che separa gli uomini e le donne che abitarono Zardino dalla nostra civiltà rumorosa, dove, ignari di ciò che è accaduto, distratti automobilisti inseguono i loro affanni sulla Torino-Milano. In queste efficaci emersioni nel presente le parole di Vassalli si fanno amare, venandosi di un pessimismo sciopenauriano che non s’impone al lettore ma rimane discreto contrappunto a questa storia semplice, cui fanno da sfondo le vicende di un secolo determinante per la storia italiana.
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LA COLPA DELLA BELLEZZA
Una linea che percorre tutto il libro è la macchia impressa quasi una lettera scarlatta su questa prima, bimba, poi donna che si permette di essere semplicemente BELLA nonostante sia una esposta e quindi all'ultimo scalino di una ipotetica gerarchia sociale. Si permette di addirittura di "rifiutare mariti", cosa avrai mai in testa questa esposta? L'invidia legata al bigottismo soprattutto femminile del paese ci dimostra come le nemiche delle donne siano state sempre in qualunque periodo storico le donne stesse.
La religione e i suoi pazzi dogmi che arrivano a costruire storie fantastiche intorno a persone comuni che altro non sono che semplicemente se stesse magari rifiutando regole sociali imposte. L'assurdità di regole che oggi affibbiamo a religioni lontane dalle nostre terre, questo approfondito romanzo ci fa capire quanto siano appartenute alla nostra religione cristiana :
"Il vescovo..aveva dichiarato illecite le sacre del raccolto e della fertilità; aveva proibito i maggi e i balli sull'aia, le feste di nozze e i banchetti funebri; ...aveva messo al bando quell'usanza pessima e perniciosa che va sotto il nome del carnevale.." e così via. Leggendo queste pagine, ho immaginato immediatamente terre aride lontane sui monti afgani. Ma il '600, secolo che viene raccontato qui non è poi così tanto lontano come si possa pensare.
Antonia, la strega di Zardino che come racconta lo stesso autore in nota postuma è stata una sua seconda scelta come soggetto del romanzo, ma nel contempo è stata la sua fortuna. Una storia profonda ed intrigante descritta storicamente nei minimi dettagli come è giusto che un romanziere storico faccia. Nonostante l'elemento storico sia molto forte e pregnante, trovo che non togli nulla alla storia di questa ragazza tacciata di essere una strega, ma invece ci conferisca un quadro perfetto dove inserire ogni personaggio che ci viene introdotto uno alla volta in capitoli dedicati.
Un libro fitto di dati storici, termini arcaici che venivano utilizzati all'epoca che fanno capire l'immenso studio che c'è dietro un libro del genere per cui Vassalli non può che essere apprezzato, anche se a volte ammetto che mi distraevano dal filo del discorso, tanto che ho impiegato un pò di tempo per leggerlo.
Infatti consiglio sicuramente questa lettura ( e dopo aver letto prima di questo Terre Selvagge ho capito subito quanto il primo non fosse rappresentativo dell'autore) ma non per una lettura veloce e mi si passi il termine "semplice".
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Verba movent, exempla trahunt
Correva il giorno 11 settembre 1611 anno del Signore ed in nome di Dio e delle sue consuetudini Antonia Renata Giuditta Spagnolini di anni ventuno venne ricondotta a Zardino dopo l'inopinabile condanna della Santa Inquisizione di Novara, e tra gli sputi e gli insulti e le maledizioni del popolo, per la liberazione in terra e la riconciliazione in cielo, destinata al rogo .
Al rogo la strega di Zardino.
Antonia nacque dal peccato piu' sozzo, il peccato carnale. Un fagottino abbandonato sulla ruota in legno fuori dalle mura di Novara, accolto nella Casa di Carita' di San Michele dove venivano cresciute queste povere anime. I capelli rasati ed indosso una veste verde come ognuno di quegli sfortunati prigionieri, Antonia crebbe bella, con un viso di occhi neri profondi come l'universo ed un neo birichino sopra le labbra carnose. Due occhi che colpirono la Signora Francesca ed il marito che, compiuti i nove anni, la portarono nelle campagne, amandola come la figlia che insieme non ebbero mai.
Ma il Medioevo era terra feconda di superstizione ed orrore e tanta bellezza tra poverta' e risaie inquietava gli animi. Ripicche di cattivo vicinato, voci nelle stalle, una vacca resta senza latte, un albero smette di produrre frutti, il caldo ammutolisce la pioggia. Non puo' essere che opera del diavolo e della sua sposa Antonia, maledetta strega.
Moderatamente corposo e decisamente avvincente, il libro di Vassalli potrebbe sfamare gli appetiti di palati piu' esigenti così come dei piu' umili.
In assenza di citazioni bibliografiche, chiarimenti dell'autore o riscontri su internet dei personaggi chiave, ritengo che questo romanzo storico sia basato su una vicenda di fantasia.
Cio' non toglie che se anche Zardino e Antonia non fossero esistiti mai, la ricerca storica e sociale del Vassali sicuramente e' stata accurata, perche' egli produce una ricostruzione dettagliata del clima medioevale: geografia , usi e costumi di un'epoca.
Lo fa come narratore esterno, citando talvolta frasi latine o testimonianze in dialetto locale, lasciandoci la sensazione di assistere ad un resoconto di una storia vera. Esplicita l'ironia del soggetto contemporaneo che guardando indietro, con gli occhi puntati su un'epoca inquietante come quella Medioevale, riscontra risvolti grotteschi nell'assurdita' delle consuetudini di quel tempo in cui la cattiveria diventava voce, la voce testimonianza, la testimonianza denuncia. E poi l'Inquisizione dove con la tortura si induceva alla confessione anche l'anima piu' pia.
In nome di Dio e per mano dell'uomo, ovviamente.
Buona lettura.
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LA CHIMERA - VOCE FUORI DAL CORO
Premetto, è la mia prima recensione qui.. e ho deciso di dire la mia su questo libro perché sono stata costretta a leggerlo per scuola. Ci tengo a precisarlo: sono un'appassionata lettrice, non una di quelli che leggono solo per l'insegnante di italiano, e solo se lo si deve fare per forza.
Solitamente impiego poco tempo a leggere un libro: divoro le pagine nel tragitto casa-scuola e scuola-casa in corriera e mi ritaglio solitamente un'oretta per farlo anche durante la giornata. Ma questo, che non è neanche troppo lungo, mi ha richiesto tre settimane.
Una delusione profonda. Il romanzo sembra essere incentrato più sulla corruzione della Chiesa del tempo (che è parecchio esagerata) che sul dramma della Strega di Zardino. Ogni pagina da l'impressione di essere un pretesto per denunciare abusi di ogni genere da parte del clero, rappresentato da suore adultere, preti opportunisti, fornicatori e avari e missionari assassini. Dati amplificati notevolmente. La Chiesa ha sì attraversato un periodo di forte corruzione, ma non tutti erano così, caro il mio Vassalli!
A parte questo... sinceramente l'ho trovato pesante e lento, privo di ogni attrattiva. Ho letto le ultime righe con un sospiro di sollievo, perché non mi piace lasciare libri a metà, e ho così concluso questa ardua impresa. Fortuna che me l'aveva prestato un'amica: credo proprio che se l'avessi comprato, avrebbe contribuito al riscaldamento della mia sala (quella dove c'è il camino).
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La chimera.
"Infine uno dopo l'altro morirono: il tempo si chiuse su di loro, il nulla li riprese, è la storia del mondo."
Con questo romanzo ambientato nell'Italia dei primi del 1600, ci caliamo in una realtà difficile dove sporcizia, povertà, malattie, carestie, sono all'ordine del giorno, la gente è completamente ignorante (non conosce, non sà), il tempo dopo la giornata lavorativa nei campi lo passa nelle stalle a costruire storie, dicerie, pettegolezzi,leggende, il più delle volte infondate, le famiglie spesso per un non nulla discutono, bisticciano e portano rancore per vite intere da padre in figlio, poi a corollario di tutto c'è la Chiesa che predica che il male è in mezzo a loro, il Diavolo è dappertutto, se vogliono salvarsi devono continuamente professar fede e soprattutto offrire doni (polli, capponi, maiali ecc.) e questue in denaro.
Questo il mondo in cui è costretta a vivere Antonia, una che parte già svantaggiata perché abbandonata alla nascita, costretta a crescere con le suore, poi un giorno viene adottata da due brave persone che la portano a vivere a Zardino, un piccolo paese della bassa (vicino Novara e che ora non esiste più), lei cresce, e cresce sempre più bella creando invidie e gelosie, ogni fatto che la vedrà protagonista verrà interpretato in maniera sbagliata, e, su di lei nascono storie e dicerie, che la porteranno piano piano ad esser considerata una strega. Lei diventerà il capro espiatorio di una società retrograda, di una Chiesa corrotta che cerca potere e soldi, e pagherà colpe mai commesse morendo sul rogo.
Grande storia di Vassalli ricostruita in maniera dettagliata e minuziosa, ci fà riscoprire un tempo lontano, ormai perduto, e nonostante questo ci porta a riflettere su tanti temi, da leggere!
"Il mondo è un gomitolo di strade e seguendole trovi tutto: vita e morte, miseria e felicità, lacrime e consolazione, avventura e amore."
"Misuriamo le ore
Col suono e con l'ombra
Con la polvere e con l'onda
Perché noi stessi siamo polvere e ombra
Rumore e lacrime....e nient'altro."