Narrativa italiana Romanzi La bambina del lago
 

La bambina del lago La bambina del lago

La bambina del lago

Letteratura italiana

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Appennino emiliano: dall'alto di uno sperone di roccia, Paese Nuovo sovrasta un lago. Sotto le sue acque si intravedono la chiesa e il campanile di un altro villaggio, Paese Annegato, che venne sommerso quando fu costruita la diga per imbrigliare le acque del fiume Cigolo. Nell'estate del 1930 il dottor Astorre si trasferisce qui come medico condotto. Lo accompagna la figlia Aladina, dieci anni, molto provata dalla perdita della madre, che è nata e cresciuta proprio a Paese Nuovo. Alcuni abitanti li accolgono con affetto: Cleonice, che si occupa della grande casa in cui vanno ad abitare; Tina, la rude ostessa; il Podestà, giovane socialista nominato nonostante il fascismo; il Professore, che conosce i segreti del paese e non svela a nessuno i suoi. Il primo impatto della bambina con la montagna è traumatico: si chiude in se stessa e la madre le manca sempre più. Dialoga con animali domestici; osserva il mondo impenetrabile della quercia secolare che svetta di fronte alla sua finestra; pare sia la sola in grado di aprire la porta della soffitta che custodisce gli oggetti della madre bambina. Fino a quando, di ritorno da una passeggiata, racconta di un concerto di campane sgorgato misteriosamente dalle acque del lago. Il padre, temendo per la sua salute, pensa di tornare in città. Lo dissuade il Professore: Aladina non è la prima a sostenere di aver sentito le campane e, come riporta una storia popolare, potrebbe essere una delle poche privilegiate a possedere "il seme della magia". Tutto cambia quando Aladina incontra Gufo, un bambino solitario come lei che ama scorrazzare per i boschi. Guidata da Gufo e dal Professore, conoscerà la montagna e i suoi misteri, gli animali veri e leggendari che la abitano. Grazie al suo sguardo di bambina, scoprirà, e ci farà scoprire, alcuni dei segreti protetti dal lago o tenuti nascosti da secoli di superstizione.



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La bambina del lago 2020-03-27 15:50:59 cesare giardini
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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    27 Marzo, 2020
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Una bella favola (anche per grandi)

Loriano Macchiavelli, narratore poliedrico (una vastissima produzione, anche in collaborazione con Francesco Guccini), e la figlia Sabina (insegnante di scrittura creativa e di lingue straniere) hanno proprio costruito una bella favola, e non solo per bambini. “La bambina del lago” (già il titolo è molto suggestivo) ha infatti tutti gli ingredienti di una fiaba: il paesaggio, i personaggi (animali compresi), le vicende, la struttura della trama narrativa, tutto trasporta il lettore in un mondo quasi ai confini della realtà, dove l’immaginazione e la fantasia lo conducono per mano, obbligandolo a seguire percorsi dove ricordi del passato e nostalgia si confondono e fanno riflettere. La storia è semplice. Il dottor Astorre, medico, e la figlia Aladina lasciano Bologna e si trasferiscono nel paese di nascita della mamma, morta da anni, sui monti dell’Appennino tosco-emiliano. Qui il dottore apre il suo ambulatorio. Siamo negli anni ’30, stagione estiva: la piccola, ormai decenne, stenta ad ambientarsi, pur coccolata dalla brava Cleonice, già al servizio della madre Gialdiffa, che le fa da tutrice e cerca di metterla a suo agio in un nuovo mondo, quello povero e contadino, dove la vita scorre sempre uguale, tra i riti dei lavori campestri e le chiacchiere in osteria. Tanti e ben caratterizzati sono i personaggi: Gufo, un ragazzino scontroso e ribelle, che vive mimetizzandosi tra i cespugli e vede misteriosamente al buio, sua madre Verginia (con la “e”, come s’usa ancor oggi in certi dialetti), il Professore, di provenienza ignota, immerso tra i libri della sua vastissima biblioteca, Drago e la sua banda di giovani scapestrati, Libertario Chiaramonti, il podestà del paese, ex socialista, i capi fascisti del posto, Panzagrassa e Zagolin, comicamente descritti nei loro comportamenti autoritari (saluto romano compreso), Barbazza, un gigantesco omone, che incute timore e vive nel Palazzaccio, sede un tempo dei Signori del posto… L’ambiente è da cartolina: ci sono la casa colonica dove dimora Aladina, l’osteria del paese, il piccolo santuario di San Cigolino, il già citato Palazzaccio, tetro e pieno di misteri, un bel lago, formatosi in seguito alla costruzione di una diga, sul cui fondo si intravvede il vecchio paese sommerso, e poi prati, grotte, monti, insomma un insieme che a poco a poco conquista la timida Aladina che, guidata dal suo nuovo amico Gufo, sembra apprezzare questa nuova vita fatta di impreviste conoscenze e divertenti scoperte. Tra queste, strani animali da fiaba: il ghiro Codanera, la gallina Cococo e il liguarro, uno strano tipo di ramarro che si confonde con l’erba dei prati, nuota e perfino si libra nel cielo... Ma Adelina e Gufo hanno anche strani poteri: se Gufo vede al buio, Adelina sente campane suonare e per di più vive esperienze del passato, turbando il padre che non si capacita e chiede lumi al coltissimo Professore. Ma Adelina, così sentenzia il vecchio saggio, non è bugiarda né folle: ha solo tanta fantasia e immaginazione, sogna ad occhi aperti, ha insomma un “cuore puro”, ancora immune da condizionamenti e pregiudizi.
Il racconto, i cui titoli dei capitoli sono descrittivi, come nelle Avventure di Pinocchio o in certi romanzi inglesi dell’Ottocento, ha uno stile arioso, semplice, con molti termini dialettali: potrebbe essere adatto alla lettura anche in una scuola primaria. Ma, come dicevo all’inizio, anche gli adulti possono trovare spunti di riflessione: sui sogni dei più piccoli, sulle meraviglie dell’immaginazione, sul significato di cosa voglia dire avere un “cuore puro” e riuscire a “sentire” e “vedere” cose che alla maggior parte degli adulti non è più possibile sentire né vedere. Suggestivo in tal senso il finale, quando l’illustre Professore invita i bambini a non permettere mai a nessuno di costringerli sul mostruoso letto del mitologico Procuste: vale a dire, fuggite chi vorrà indurvi ad un unico modo di pensare e comportarsi, soffocando la vostra libertà di pensiero e di comportamento.
Dimenticavo: nel romanzo sono anche citate una visita di Guglielmo Marconi al paese, per uno straordinario esperimento scientifico, ed una capatina, in tempi remoti e di passaggio, nientemeno che di Giotto, testimoniata da un reperto ben nascosto nel piccolo santuario.
Buona lettura ed una raccomandazione: lasciatevi trasportare dai ritmi e dalla fantasia di una bella favola!

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La bambina del lago 2019-10-03 11:32:15 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    03 Ottobre, 2019
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Aladina

Il suo nome è Aladina ha appena dieci anni ed è fiera e felice di quel nome che trae origine da “Le mille e una notte”. Fanciulla di gran carattere e temperamento, da sempre ella attende la visita al Paese Nuovo, luogo natio della madre Gialdiffa e che purtroppo riuscirà a vedere soltanto quando la madre verrà a mancare. Il destino non aspetta i comandi degli uomini e non concede seconde possibilità. Aladina è sola con quel padre di nome Astorre che accetta, senza indugio e senza remore, di far da medico condotto presso proprio quella montagna ove la moglie era nata e cresciuta. È il 1930 quando il duo parte a bordo della Balilla a tre marce, è un giorno d’estate e la bambina è entusiasta all’idea di visitare Paese Nuovo, non è però consapevole, ancora, che si tratta di un viaggio definitivo e non di una breve vacanza.
Giunta nella nuova realtà e maturata questa consapevolezza la piccola muta nel suo atteggiamento, inizia a chiudersi. L’appennino emiliano domina dalla sua altezza, Paese Nuovo, sovrasta un lago che al suo interno cela una chiesa e un campanile di un altro villaggio, Paese Vecchio. Cleonice, Milcare del Poderetto, il Professore, il Podestà, il liguarro e tanti altri personaggi iniziano a far parte della vita dei protagonisti.
Aladina sente ma il mondo che la circonda diventa il suo parco giochi, gli animali i suoi migliori amici e poi ci sono loro, le campane. Le ha udite, e chissà, forse anche lei, ha quel dono così raro e particolare. L’incontro con Gufo, il bambino solitario che ama i boschi, la porterà a conoscere animali leggendari e altrettanti veri, porterà il lettore a scoprire quei segreti custoditi da una superstizione più forte di ogni altra cosa.
Con una penna magica, lineare e preziosa, Loriano e Sabina Macchivelli donano al grande pubblico una favola in piena regola che solletica le corde più intime del lettore grazie a una genuinità e a una naturalezza capace di raccontare e affrontare attraverso la magia tematiche importanti quali la perdita di un genitore. Al tutto si sommano le ambientazioni che sono, agli occhi del conoscitore, magiche e vivide nella mente. L’impostazione narrativa adottata è tipicamente in stile Macchiavelli, così come le ambientazioni storiche che ricorrono nei suoi elaborati più famosi, quindi, se deciderete di leggere questo componimento, vi sentirete semplicemente a casa. Vi è perfino un indice introduttivo atto a delineare le caratteristiche principali dei tanti protagonisti di questo ricco testo.
“La bambina del lago” è una storia che fa sorridere e che fa commuovere, è una storia che sa tenere imbrigliato il suo lettore, è una storia che sa far divertire ma che sa anche solleticare le corde più sensibili del cuore. Un romanzo che si divora, che si legge d’un fiato, che fa sognare e riflettere e che per questo è adatto tanto ad un pubblico più adulto che più giovani.

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