La badante
Letteratura italiana
Editore
Recensione della Redazione QLibri
Un narciso invecchiato
Matteo Collura, pur avendo esordito come scrittore con il romanzo “Associazione indigenti” , è meglio conosciuto come giornalista e autore della biografia di Leonardo Sciascia “Il maestro di Regalpetra” oltre che per numerosi altri libri, la maggior parte dei quali dedicati alla sua terra d’origine, la Sicilia. Ha scritto anche una versione teatrale del romanzo di Sciascia “Todo modo”.
Con questo romanzo si direbbe torni alle sue origini, in tutti i sensi, non solo perché riprende in mano la forma romanzo ma perché pare ripercorra tutta la sua personale formazione dagli esordi come pittore- nel romanzo si fa riferimento ad alcune opere d’arte e al loro significato emblematico rispetto alla vicenda narrata- ma anche perché propone una sorta di selezione di citazioni che ne fanno apprezzare la sua ricca formazione letteraria e non solo. Cita inizialmente Manzoni per toccare Pirandello, Borges, Pasolini, Brancati ma tanti altri senza tralasciare il filosofo Emil Cioran,l’onirico Fellini di “8 e mezzo”, piuttosto che Lucrezio, Machiavelli e Kant.
Censire le citazioni e indagarle nella loro valenza di significato porterebbe senza ombra di dubbio a tracciare un quadro più fedele della “filosofia” che sottende questo, perché no, gradevole romanzo.
Si parla, a dispetto del titolo, di Italo, Italo Gorini, 83 anni, sul limitar della vita.
Un vincente che si prepara alla sua unica sconfitta: la morte, affrontandola razionalmente e col suo bagaglio culturale il quale gli permette di darsi risposte a domande che una fede non sentita non gli permette di ottenere. Ha un figlio, disoccupato o meglio perennemente occupato dal suo smartphone, una sorella e una cognata, anche loro anziane, ed è vedovo da cinque anni. Da quel momento, complici anche gli anni che lo costringono alla sedia a rotelle, seppur ancora capace di stare in piedi, vive in casa senza mai uscire, al suo cospetto una cameriera e una badante romena. Il brillante professore universitario, divenuto tale per un caso della vita, è un narciso invecchiato che irride tutti e tutto per demonizzare forse la sua paura più grande: la morte. Si impara a conoscerlo, a volergli bene con tutti i suoi limiti e difetti, a seguirlo nella ennesima lectio magistralis, a chiedersi come riuscirà ad avvicinarsi alla morte.
Il romanzo è tripartito ma in maniera diseguale a partire dalla pagina cento o giù di lì ci sono alcuni colpi di scena e delle evoluzioni nella storia che sono però affidate, volutamente, ad un numero esiguo di pagine. Ciò che c’era da raccontare è stato già abbondantemente detto prima, nelle ultime pagine ci vengono quindi incontro le riflessioni scaturite da una lettura veloce e gradevole. Ci si ritrova a riflettere e a rivivere scenari già noti con le loro possibili esponenziali ripercussioni in un domani non troppo lontano. L’Italia conterà (me compresa) , in prevalenza, popolazione anziana che non so se avrà la fortuna di avere una badante e/o una cameriera o, ancor peggio, i figli vicini. Unica consolazione, come Italo,sarà per me, riconoscendo il mondo ormai estraneo al mio limite temporale, farmi vanto e scudo con le mie letture.
La badante? Un dettaglio in una storia attualissima che si pone a paradigma di tante esistenze.
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Il gladiatore sconfitto
Dato l’avvicinarsi all’età del protagonista., è stato difficile sottrarmi alla lettura di un romanzo che ha come tema centrale non la badante, certamente più attraente come titolo, ma la fase finale del ciclo vitale dell’ultra ottantenne professor Italo Guerrini, pur sapendo di correre il rischio di un’ operazione masochistica.
Un tema difficile quello della vecchiaia nella nostra società, se lo scrittore cerca un rapporto introspettivo con il suo personaggio e vuole cogliere, senza averne un’esperienza diretta, la complessità degli stati d’animo che segnano un’esistenza avviata al tramonto e all'attesa della notte definitiva. In questa fase della vita il timore di affrontare le prospettive future porta in genere ad abbandonarsi al rimpianto del passato, senza cogliere le opportunità ancora offerte dal presente. A tale declino non intende assoggettarsi il protagonista, ex docente universitario che, pur bloccato su una sedia a rotelle, mantiene la vitalità dello spirito e dell’intelligenza. La sua è una vecchiaia agiata, essendo sostenuto, dopo la vedovanza, dalla presenza della sorella, di una cognata e del figlio, giovanotto disoccupato, e accudito da una cameriera e dalla badante. Pur in una situazione confortevole sente il peso dell’isolamento, dell’estraneità al mondo esterno, con cui non ha più rapporti diretti: un’estraneità che viene confermata in un episodico contatto con la realtà urbana circostante. Solo l’incanto delle notti lunari lo rasserena: tuttavia la solitudine, cosi come l’avvicinarsi della conclusione della vita, non lo spaventano e sono oggetto di una riflessione continua, stimolata dalle riproduzioni di tre quadri di forte espressività simbolica, posti davanti alla sua scrivania. È una figura che desta rispetto, descritto con forte incisività da Collura, nella prima delle tre parti del libro; un intellettuale che ama le citazioni, con un ampio ventaglio di nomi che rendono evidente la vivacità della mente, anche se ogni tanto la memoria vacilla.
Nella seconda parte, dedicata alle conseguenze di un imprevisto colpo di scena che scuote il tranquillo assetto familiare, il livello qualitativo del romanzo subisce una caduta di qualità. Tuttavia nella terza parte, la più breve, Collura dimostra un tocco descrittivo di notevole delicatezza, di grande sensibilità nel decifrare i segni, le ombre dei rimpianti e dei ricordi nel volto di un vecchio che, come un gladiatore ferito e vinto, attende il segnale che ne determinerà la fine.
Mi chiedo con curiosità quali potranno essere le valutazioni di lettori più giovani, che penso difficilmente attratti da questa tematica.