L'ombra di Artemisia
Letteratura italiana
Editore
Maurizio Cohen vive e lavora a Roma. Scrittore e sceneggiatore, è esperto di arte tessile orientale. Ha scritto di arte e di viaggi per diverse riviste specializzate. È autore dei romanzi La gabbia (Marsilio 1988) e Novanta (Mondadori 1990).
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Un'occasione persa
Uno stupro. Violento e volgare come tutti.
Uno stupro. Un fatto talmente comune, frequente, "normale", da essere ormai notizia da ultima pagina, poco più se la malcapitata ci lascia anche la vita.
Capita a Jenny, in una bella serata romana, in una stradina nei pressi di piazza Navona (ricorda un reale fatto di cronaca di molti anni fa).
In tre la violentano, la brutalizzano, la umiliano, la lasciano tra la vita e la morte e si allontanano sghignazzando, fieri di loro stessi ... ma vengono colti sul fatto ed arrestati.
Jenny è una giovane attrice e sta girando in quei giorni un film sulla vita di Artemisia Gentileschi, che fu a suo tempo violentata da un amico del padre e, trovato il coraggio di denunciarlo, si trovò ad affrontare un terribile processo contro lo stupratore.
La vita di Jenny comincia da quel momento a sovrapporsi a quella di Artemisia, in una sorta di transfert che la aiuterà a sopravvivere, ma che la costringerà ad affrontare il processo due volte, in parallelo, al mattino nella vita reale e al pomeriggio in quella cinematografica.
Dovrà scoprire che nulla è cambiato in quattrocento anni per una giustizia che consente il tentativo di addossare alla donna la responsabilitá della violenza con la scusa della provocazione.
La trama mi aveva affascinata: Artemisia Gentileschi, un po’ per la sua vicenda umana e per il periodo buio in cui si svolse, un po’ per le sue eccezionali doti di pittrice mi ha sempre emozionato. Non potevo resistere e ho letto il libro.
Poi me ne sono dimenticata: il ricordo è tornato a galla oggi mentre assistevo in televisione ad uno di quegli spazi dedicati ai nuovi libri in uscita, in cui Maurizio Cohen presentava il suo lavoro. L’intervistatore accreditava il libro di credibilità e valore documentale, oltrechè di valore letterario.
A mio parere il libro avrebbe potuto davvero essere interessante, se si fosse approfondita la figura di Artemisia, evitando di trattarla come un personaggio qualunque, nato dalla fantasia dell’autore.
Artemisia fu di carne e sangue, soffrì ed ebbe coraggio da vendere nel denunciare la violenza subita, ben sapendo a cosa sarebbe stata sottoposta in fase processuale. Fu capace poi di ricostruirsi e prendere in mano le redini della sua vita, dimostrando autonomia e indipendenza, in anticipo di almeno 400 anni sul suo tempo, divenendo, negli ultimi decenni del secolo scorso un’icona del femminismo e non solo in Italia.
Purtroppo non ho trovato un reale approfondimento di questa grande figura di artista e neppure i personaggi del nostro tempo, Jenny e tutti gli altri, mi sono sembrati ben definiti.
La storia, anche se sostenuta da una prosa gradevole, non cattura e rimane in superficie.
Il finale, poi, mi è sembrato eccessivamente teatrale.
Peccato, un’occasione persa!
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L’anello freddo e squadrato dell’uomo vestito di nero la graffiò riportandola alla realtà: non doveva pensare a nulla che potesse offrire a chi le stava davanti la sensazione del piacere, col tempo aveva acquisito la consapevolezza che non avrebbe mai più permesso a qualcuno di profanare la sua spiaggia. Il desiderio rimaneva protetto, dove quel dito che le rovistava fra le cosce, come un cane in una tana troppo profonda, non poteva arrivare.
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Indicazioni utili
Un'ombra per davvero
Mai titolo più azzeccato per un romanzo simile. In senso negativo, ovviamente.
Mi spiego: il fulcro della storia dovrebbe (e ripeto “dovrebbe”) essere la perfetta quanto struggente simbiosi tra la straordinaria Artemisia Gentileschi e Jenny, attrice dei nostri tempi e interprete della pittrice nel film che sta girando, legate indissolubilmente dal fatto di essere state violentate, e ciò si dovrebbe avvertire soprattutto in Jenny che, oltre ad aver subito violenza, deve anche interpretarla sul grande schermo.
Avrei forse scritto codeste parole se tale contenuto vi fosse?
Perché qui Artemisia è un’ombra in tutto e per tutto, una macchietta e poco altro, viene trattata quasi come se non fosse esistita realmente, come un personaggio immaginario. Le sue emozioni tratteggiate in modo approssimativo, il suo contesto storico completamente dimenticato e non arricchito.
Non sono riuscita a percepire questo tanto esaltato connubio spirituale caratterizzato da parole vuote e semplicemente inchiostrate, incapaci di suscitare qualche emozione.
Nemmeno Jenny è stata ben caratterizzata: per tutta la durata del libro non fa altro che ripetere come una macchinetta le battute del film o andare al processo del crimine compiuto a suo danno senza svolgere alcunché di significativo.
Non c’è quasi nessun momento di vita quotidiana che permetta di comprendere che tipo di persona abbiamo davanti, esattamente come tutti i personaggi di contorno, mille volte più insignificanti o stereotipati della protagonista: il produttore cattivone “tutto soldi e niente cuore”, il regista-pesce lesso innamorato dell’attrice, l’attore pervertito e arrogante, gli squali violentatori che si fingono perbenisti e sono il male in persona, l’avvocato testa di legno che vuole vincere la causa a tutti costi…. Insomma ce ne sono così tanti che si potrebbe metterli insieme e farci un circo dei luoghi comuni.
Poi tutto il resto è il tedio per antonomasia: processi, tribunali, querele, momenti di prove e di recitazione del film sempre tutti uguali fra di loro.
Mi sarebbe piaciuto, inoltre, che fossero state un po’approfondite le tecniche di realizzazione di una pellicola cinematografica: se il libro non avesse detto che gli attori stavano recitando per un film, non ci avrei creduto.
Concludo riportando il pezzo del libro che a mio parere raggiunge il picco dell’assurdità: Jenny, dopo essere stata violentata, si trova in ospedale ridotta peggio di uno straccio, e nella sua stanza irrompe nel nulla un avvocato donna che dice di volerla sostenere nella sua causa giudiziaria perché non capitava da anni di trovare degli stupratori con le mani nel sacco e quindi questa è la sua occasione d’oro.
A parte il fatto che ci dovrebbe (ri-ripeto “dovrebbe”) essere il rispetto per la vittima e lasciarle un attimo di respiro e riflessione per riprendersi e affrontare il trauma, io, trovandomi di fronte una tizia così, mi farei delle domande: ma questa da dove salta fuori? Cosa vuole veramente? E’una trappola? E poi non mi può lasciare in pace?
Probabilmente la congederei con il massimo dell’educazione possibile, farei qualche indagine sul suo conto, ma non mi fiderei subito di lei, non correrei il rischio di accettare così su due piedi.
Secondo voi la protagonista si fa tutti questi scrupoli? A voi la risposta.