L'isola delle rose
Letteratura italiana
Editore
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Rimini 1968
E' una storia molto bella,che prende spunto da episodi realmente accaduti nel 1968, Veltroni sa reinterpretare gli avvenimenti rendendo tutto molto favolistico e sognante.
La trama: nell'estate del 1968 tre ragazzi riminesi felicemente realizzati negli studi, tutti laureati col massimo dei voti, decidono di dare sfogo alle loro fantasie e pensano di creare un luogo dove poter permettere a tutti di esprimere il proprio estro artistico di qualsiasi genere.
Queste idee si condensano e poi si materializzano nella creazione di una piattaforma al largo di Rimini, per poter attuare il tutto c'è bisogno innanzitutto di fondi e a dare una mano decisiva alla realizzazione dell'opera sarà il padre di Giulio, uno dei protagonisti del romanzo, insieme a Laura, Giacomo,Elisa, Alfonso etc.
Il progetto fu compiuto, dopo mille peripezie e insinuazioni di ogni tipo, appena oltre il limite delle acque territoriali e la piattaforma venne battezzata "L'isola delle rose" ,"Insulo de la rozoj " x l'esattezza sì perché come lingua ufficiale di questo posto fu scelto l'esperanto.
Bravo Veltroni a combinare bene i sogni, le fantasie, le aspettative e tutte le faccende personali, soprattutto sentimentali, dei ragazzi con quello che succedeva in quegli anni non solo in Italia , ma nel mondo.
Un bel mix di digressioni di tutti i tipi si trovano in questo libro, con la voglia e l'ansia di vedere realizzato un sogno così avveniristico e suggestivo.
Particolare
(Ps: in realtà nel 68 l'isola delle rose venne realizzata da un imprenditore molto scaltro che magari voleva sfruttare l'extraterritorialità per motivi fiscali etc
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"L'isola e le rose" di W. Veltroni - Commento di B
Mi sono accostato alla lettura dell’ultimo romanzo di Veltroni con un duplice atteggiamento: di diffidenza, quella che normalmente nutro nei confronti dei politici o degli ex politici, e di curiosità, tipica di chi vuole valutare una nuova ‘versione’ (quella di scrittore) di un personaggio pubblico.
Devo dire che, a lettura ultimata, sono stato percorso dalla dolcezza e dalla nostalgia che pervadono un romanzo che parla di gioventù, di ideali e di progettualità. Perché “L’isola e le rose”, con la tecnica del flash back, narra la storia di un manipolo di giovani (“… al Pincio, si erano giurati di restare amici per sempre. Erano davvero felici, la vita era un libro da scrivere, tutto intorno a loro sembrava sbocciare”) che decidono di costruire una piattaforma, oltre il limite della acque territoriali, nell’Adriatico, a undici chilometri da Rimini, per accogliere una comunità di artisti, poeti e musicisti. Una comunità indipendente e autonoma, sulla base di due presupposti: “la provvisorietà della struttura, in qualsiasi momento, e la natura extraterritoriale del sito.” “Un’isola del bello, della scienza e dell’arte in mezzo all’Adriatico.”
“Tutto diceva che quell’idea bislacca, quel sogno da Peter Pan, era fattibile.”
Il romanzo è una rilettura prevalentemente sentimentale del ’68. Con tanti riferimenti alla musica del tempo, con molti richiami al cinema, soprattutto a quello di Fellini.
Le pagine parlano di speranze – ai limiti dell’utopia – e di sogni. E trasudano di rimpianti, evidentemente causati dalla retrospettiva degli anni successivi al ’68.
Le parole, e anche qualche fotografia, narrano anche del crollo dei sogni, avvenuto con un’esplosione nel mare.
Il libro di Veltroni è piacevole e – a proposito di utopie, Platone docet – forse è lì a dimostrare che la politica dovrebbe essere lasciata nelle mani dei filosofi. O degli scrittori. E della cultura in generale. O è pura utopia quella di …
… Bruno Elpis?