L'intagliatore di noccioli di pesca
Letteratura italiana
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La vita è storta
Creazione di Nico Orengo proprio come “La guerra del basilico”, L’intagliatore di noccioli di pesca è Pietro Scullino, professore in pensione che scrive recensioni sul quotidiano locale “La riviera”. A lui è infatti affidata la critica italiana del giornale, che si avvale per la critica straniera dell’affascinante Lilli Longoni-Piva.
Il professore conduce una vita familiare di sussistenza: la figlia Lucrezia intraprende attività economicamente fallimentari, è separata nella casa dei genitori dal marito Silvio, un creativo senza arte né parte, respinge in modo clamoroso i consigli di lettura del padre (tirandogli in testa i libri della Tamaro e di Baricco). La moglie Margherita, una donna dotata di senso pratico, vive una pacata relazione con il commercialista Giovanni, che aiuta Lucrezia nell’ennesima impresa: avviare un agriturismo…
Scullino, però, ha un’intensa attività erotica con l’amante Marisa, titolare della Casa Serena di Bordighera. A Marisa si deve il titolo del romanzo: il nocciolo di pesca è infatti il nomignolo che i due amanti assegnano alla voglia che la donna reca sulla natica (“Domandarsi come stava il «nocciolo di pesca» era un loro antico gioco verbale, un’allusione erotica”). Quando il cuore del gaudente professore cede, proprio in ospedale Scullino scopre per la rivale Longoni-Piva un’attrazione che si manifesta in erezioni plateali e incontrollabili.
Intanto, tra il professore e gli amici, si è fatta strada l’idea di rivitalizzare un premio letterario (“Si vuol far rivivere il Cinque Bettole”) e qui s’innesta la parodia di Orengo, perché – come ogni concorso che si rispetti – anche il Cinque Bettole ha già il suo vincitore (“Per la rinascita del premio Cinque Bettole… pare che il vincitore sia Giorgio Faletti”), con tanto di motivazione (“È bravo il ragazzo, siamo nel consumo intelligente”) e garanzia di risultato (“Insomma, come ai grandi premi, penso a Strega e Campiello, ci teniamo un parchetto di voti che caliamo alla fine, secondo convenienza”).
Tra il surreale, il boccaccesco e il campanile (“Scullino guardò Silvio versare la pasta nei piatti fondi: era profumo di mare, c’erano gli Scoglietti e le Calandre, Muro Rosso, il Sasso Lungo e la spiaggia di Pestarino, Mamante e Capo Begliamino, l’Arma e Capo Mortola, Miruna e il Darsenone e i Balzi Rossi e poi tutta la Riviera Blu”), la storia scorre godibile, tanto più per noi che ci trastulliamo non soltanto a leggere i libri, ma anche pretendiamo di recensirli.
Nel finale mistery del romanzo quattro vele in mare distendono un drappo in mare e una scritta che fu il motto di Scullino: “La vita è storta”.
Giudizio finale: saporito, rivierasco e ponentino, tardo-erotico.
Bruno Elpis