L'incontro
Letteratura italiana
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"Loro sono quello che noi non siamo"
Sardegna, l’isola che per eccellenza è terra di magnetismo, di magia, di tradizione e di storia. Siamo nella metà degli anni ’80, e Maurizio che ha appena dieci anni non gioca mai con nessuno per la strada. Abita fuori dal paese, in campagna, in una terra lontana dalle urla degli altri bambini e dai legami che vi possono nascere, una volta, per sempre in modo unico e irripetibile. Fatti i compiti, la sua attività principale è sempre stata quella di guardare la tv, attività a cui si aggiunge l’allenarsi con le biglie contro il muro e il pregare per la maturazione delle more e dei rovi. Per lui l’estate non è altro che una curva a gomito da vivere e assaporare. Crabas, una cittadina di novemila anime, l’incontro. Quell’incontro in cui “io” diventa “noi”.
«A Maurizio non veniva così facile dire “noi”, perché non c’è plurale nel mondo di un figlio unico, educato dalla solitudine a diventare per sempre l’unica misura di sé stesso. A Crabas col “noi”, invece, bisognava farci i conti, perché i suoi nonni, i vicini di casa dei nonni, i loro figli e i bambini dei loro figli parlavano tutti di sé al plurale con la ronzante fluidità di uno sciame d’api intorno all’alveare. […] Era stato in quel momento che Maurizio aveva smesso di chiedersi cosa volesse dire “noi” a Crabas. Non era un pronome di una patria tacita dove tutto il tempo condiviso si declinava così, al presente plurale» pp. 14-16
Il “noi” non lascia spazio agli individualismi. L’infanzia è fatta di giochi, sere d’estate, avventure – talvolta anche pericolose con sorci inarrestabili e il fuoco – e corse fino ad avere il cuore in gola e il fiato corto e il sorriso stampato sulle labbra. Si respira l’amicizia, la solidarietà, l’affetto, la condivisione a discapito di quell’egoismo proprio del soggetto singolo. Un breve racconto, che nella sua fugacità scandisce lo scorrere del tempo, scandisce i rapporti umani, di sangue e di vicinato, sconfiggendo quel concetto de “l’altro” che spesso e volentieri si appropria della nostra mente e ragione. Un elaborato che arriva al cuore e fa respirare e riassaporare quegli anni di semplicità che le generazioni attuali probabilmente nemmeno immaginano.
«Quella sera non si sedettero a prendere il fresco con il vicinato. Maurizio non era ancora in grado di intuire che cosa fosse l’orfanitudine senza lutto dell’essere figlio di un emigrato, ma l’estate di un ragazzo di dodici anni è troppo calda e piena di avventure perché una cosa così grande possa essere importante da capire subito.» p. 62
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Piccole storie
Breve o lunga che sia la storia, non importa: ogni volta la scrittura di Michela Murgia ha il dono d’incantare e sorprendere, confermandosi profondamente semplice e straordinaria allo stesso tempo. Quella raccontata ne “L’incontro” è una Sardegna che, in verità, non si sa se esista ancora da qualche parte: un’Isola dove il significato della parola comunità, in cui il singolo trovava armonica collocazione, non era astruso né sconosciuto e il conseguente “noi” che ne scaturiva non lasciava spazio a individualismi di sorta; dove l’infanzia aveva il sapore di giochi a perdifiato per la strada e dove le sere d’estate, per chissà quale naturale prodigio, si tingevano di basse sedie di paglia, posizionate a mo’ di platea davanti agli usci di casa, e di storie di anime inquiete sussurrate dalle voci più anziane depositarie di leggende e realtà ormai tra loro inscindibili. Da ogni angolo di quel vissuto, lontano appena una manciata di lustri, la narrazione fluisce lieve, riportando alla memoria l’odore del tempo e atmosfere sfumate per molti di coloro appartenenti alla generazione di Maurizio, il protagonista, che a metà degli anni Ottanta era un bambino di dieci primavere e si compiaceva della dimensione sociale di cui era parte. Un racconto che palpita di amicizia e parentele di vicinato più forti di quelle di sangue, mostrando come “l’altro”, in fin dei conti, sia frutto di frontiere invisibili tracciate anzitutto nella nostra mente.
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Semplicemente bambini
Piccolo libro, che si legge in un soffio, che racconta una storia un po’ strampalata di una sagra paesana ambientata in un immaginario paesino della Sardegna. Viene organizzata in modo litigioso perché il paese viene di fatto spaccato a metà ed ognuna delle due metà organizza la sagra praticamente per conto proprio, in concorrenza con l’altra metà del paese. I più saggi sono i bambini, che, con un piccolo espediente, riescono a fondere questa guerriglia paesana, a modo loro, creando un punto d’incontro fra queste due faziosi schieramenti. La morale della storia ci porta a riflettere sulle capacità innate che hanno i bambini…e che purtroppo perdono via via che crescono. Per tutto il resto, comunque, il libretto è davvero un po’ noiosetto.
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Io, anzi noi
L’incontro di Michela Murgia ha diverse valenze.
È l’incontro che Maurizio realizza tra la propria soggettività e l’identità collettiva (“Noi, una parola che tutte le bocche declinavano in continuazione come fosse la spiegazione stessa del mondo”) di Crabas, ove il ragazzo trascorre le proprie vacanze nella casa dei nonni.
È l’incontro ludico con Giulio e Franco il rosso: in giochi ora spericolati (“Il racconto della morte delle merdone e della spedizione nella canala occupò praticamente tutta un’estate”), ora un poco crudeli (“Così se non prendiamo gli uccelli possiamo sempre giocare ai pirati”), ma sempre entusiasmanti e impregnati d’infanzia.
È l’incontro con una condizione forzata (“Intuire che cosa fosse l’orfanitudine senza lutto”), quando i genitori decidono di partire per il continente (“Papà guadagna più in continente, amore…”).
È l’incontro con il desiderio di preservare l’unità popolare, quando il borgo si spacca in due fazioni…
Attraverso la rappresentazione di riti, tradizioni e luoghi magici (“Lungo la riva dello stagno… parlarono di uccelli, conchiglie e anguille…”), Michela Murgia contrappone la purezza dell’infanzia ai meccanismi degli adulti, la pienezza del “noi” all’angustia dell’ego.
Giudizio finale: nostalgico, rurale, palingenetico.
Bruno Elpis
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VALORE AI PICCOLI
Premetto che, per lo stesso spirito conservatore con cui misuro favorevolmente gli uomini con un po’ di pancia, i libri, per mio personale gusto, devono contenere almeno 300 pagine, possibilmente scritte fitte fitte… Evito quindi accuratamente tutti i testi di volume inferiore, i racconti, i saggi brevi e via discorrendo, consapevole dell’enorme perdita che subisco ma indifferente a tale dannazione.
Ci sono però quei viaggi in treno in cui la valigia pesa più della mia pigrizia, scomodi sufficientemente per farmi temporaneamente cambiare idea… ed è in queste occasioni che vado alla ricerca di libricini brevi e al di sotto dei due etti.
E’ così che improvvisamente sono finita a Cabras, paesino di mare della Sardegna. Qui Maurizio passa le sue vacanze estive insieme ai nonni, spensierato, divertito, finalmente ingranaggio attivo nel suo gruppo di amici.
Con gli amici di Cabras si gioca, si costruisce, si inventa, si partecipa. Si va a letto tardi per stare al fresco con i grandi, in un luogo contemporaneo ma travestito da paese di altri tempi.
La processione è l’evento principale della comunità. L’incontro della statua della Madonna con quella di Gesù, è atteso e immaginato con passione e fermento. Cosa succede quando, improvvisamente, questo incontro a due diventa a quattro?
Breve, piacevole e divertente, è una fotografia allegra e veritiera di una realtà fortunatamente più viva che mai. A dimostrazione inoltre che la protezione del proprio territorio fa parte del corredo genetico che millenni di evoluzione hanno ritenuto utile conservare.
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Il senso del "noi"
Il senso del nostro esistere è il co-esistere. Un presente plurale, introdotto dal "noi"...Si respira, il "noi", in ogni pagina di questo libro delizioso, ricco di riferimenti alle tradizioni di una terra meravigliosamente misteriosa...Una Sardegna incantevole, come i suoi silenzi, le sue solitudini, i suoi racconti popolati da figure, come le Panas, in cui si celebra, in definitiva, il valore dell'esistenza, a partire dal parto. Ma poi, nelle difficoltà della vita, oltre le incapacità e le difficoltà di una comunicazione profonda, si sperimenta sempre la gioia di un incontro. Della madre con il Figlio, dell'Amico con l'Amico, del Sindaco con il Parroco, dell'umanità con un Dio Perduto...Il messaggio del libro è semplicemente questo: è bello coltivare il sogno- che ha però la consistenza di una speranza - che nei momenti più difficili, emerga la forza di fare un passo nella direzione giusta, verso l'altro, verso la gioia di un incontro, che dona la ricchezza di un "noi" ritrovato.
Da leggere
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Conosco bene quel..... NOI.
Può un libriccino di poco più di cento pagine diventare una piccola macchina del tempo impostata sul passato? Io l'ho letto, ho impostato il timer sul passato a meno trenta e ho ricordato cose che lentamente andavano sbiadendo.....
Parlo del romanzo "L'INCONTRO" di Michela Murgia, che dopo Ave Mary torna alle sue origini in uno spaccato che tanto immaginario non è....
GRAZIE MICHELA!
Perché in queste poco più di cento pagine mi hai ricordato il vecchio "lato di bambina scalza sarda".... quella che, in un altro piccolo paesino assolato della stessa isola, una trentina di anni fa passava "magiche" estati con i cugini, con lo spauracchio de Sa mama de su sole e con il grande e temuto nonno Giacomo (il mio si chiamava proprio così) che esigeva ordine e disciplina a tavola e raccontava di un temibile Sarchiapone nascosto dentro il cesto da pescatore appeso sopra il divano nel quale qualche volta dormivo con mia cugina. Anche noi, come Maurizio e gli amici, passavamo le vacanze escogitando qualche gioco pericoloso o qualche scherzo ai danni del più piccolo....che per ripicca faceva la spia....e tutti in punizione. Allora si costruivano telefoni artigianali (con due bicchieri di plastica e un filo di nylon) per comunicare da una finestra all'altra durante "il confino" pomeridiano.
GRAZIE perché sono questi i libri che ti fanno capire quanto sei fortunato ad aver avuto un'infanzia "da romanzo", aver trascorso le tue estati di bambina all'aria aperta, con la "famiglia", quella indelebile e di forte presenza che sancisce il NOI dalla nascita.
Questo è un libro che si legge e rilegge carico di sensazioni forti e "collanti", quelle che spesso dimentichiamo, avvinti dalla freneticità della vita quotidiana che fa scorrere inesorabilmente il tempo e ti "allontana" dalle radici alle quali appartieni, al tuo IO-BAMBINA così importante da ricordare, magari da raccontare a figli e nipoti, per non dimenticare la fortuna di essere stati un NOI, di essere cresciuti liberi e scalzi.
Chiudere il libro, e scoprire all'ultima pagina che è una storia inventata, mi fa accaponare la pelle....perché io buona parte di questa narrazione, l'ho vissuta veramente!!!
La copertina poi, ti ricorda che il tempo scorre, il passato non torna ma può essere "fermato" su carta o nei racconti intorno al tavolo di ferragosto, dove il mio "nonno Giacomo" che ormai non c'é più, rivive più nitido che mai.....
GRAZIE.......
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A che santo votarsi?
Con l'Accabadora, una storia di eutanasia ante litteram, la Murgia ha commosso e intrigato,mentre con questo nuovo romanzo "L'incontro",tanto breve quanto accattivante devo confessarvi che mi ha sorpreso
e divertito.Sono un uomo del sud , vivo in un piccolo paesino come Cabras, dove si svolge il racconto ed è nata la Murgia, e di processioni, di gelosie fra confraternite e preti non sono affatto a digiuno.Dunque è stato interessante calarsi nelle vicende di Maurizio,ragazzino che d'estate viene "parcheggiato" dai nonni, mentre i genitori sono a lavoro in città. Da "forestiero" Maurizio ha modo di conoscere i riti dei paesani, quelli che determinano l'appartenenza ad una comunità.
I guai cominciano quando ci mette lo zampino il di...di,no,no...il Vescovo! Il vecchio prelato che prima di lasciare il bacolo al suo successore, di punto in bianco, chiede di realizzare una nuova chiesa nella periferia,fra le case popolari :il Sacro Cuore di Gesù. Pensate in un paesino dove c'era sempre stata una sola chiesa , quella di Santa Maria , grazie alla "pensata", del vecchio vescoso sorgerà un nuovo tempio! Dunque quali parrocchiani confluiranno nella nuova comunità religiosa? Quali sono i confini del territorio della nuova parrocchia? I due preti, cominciano a guardarsi in cagnesco, il vecchio sacerdote non vuole cedere un centimetro della sua diocesi al nuovo sfrontato e intraprendente.I parrocchiani "nuovi" desiderano un campanile che sia il più alto che si sia mai visto,devono morire d'invidia quelli di Santa Maria! Infine la processione storica della città, quella che si svolge a Pasqua,durante la quale la statua del Cristo risorto dopo aver attraversato il paese "incontra" la statua della Madonna che a sua volta è stata portata in giro per il paese alla ricerca del figlio risorto.
Con l'istituzione della nuova parrocchia le statue del Cristo e della Vergine raddoppiano,così come i percorsi, ma il Sindaco è uno,da che parte sta?, la piazza dove avviene lo storico "incontro" è una, chi cederà delle due confraternite?
Etnografia,antropologia e tanto humor nel nuovo libro di Michela Murgia.