L'età estrema
Letteratura italiana
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Opinioni inserite: 10
Mah!
Dopo aver trovato questa lunga serie di recensioni entusiastiche non ho resistito e ho acquistato il libro.
Sinceramente, tolta qualche pagina in cui le descrizioni sono ben fatte, la lettura si presenta estremamente faticosa.
Condivido il giudizio negativo sul modo in cui viene trattato il mondo femminile. Chi attribuisce un valore positivo alla irreale e fredda Claudine sembra abbia letto un altro libro.
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sfida al lettore
L’età estrema è un libro intenso e struggente: colpisce e suscita emozione. Colpisce soprattutto il controllo razionale che Luperini, con una scrittura calibratissima, con la razionalità dell’impianto diaristico e persino con l’emblematicità epocale dello scarno sistema dei personaggi, impone alla materia narrativa finendo quasi col chiudere gli spazi di libertà del lettore.
Si veda ad esempio la presentazione lucida e spietata dell’io protagonista fin dall’esordio, quando la sua dromomania è subito esplicitata nei termini clinicamente esatti di una fuga dalla propria angoscia: «mi agito. Mi muovo, mi precipito in posti lontani. Fuggo la morte, e mi accorgo di correrle incontro» (p. 12). Il lettore, colpito da tanta nitidezza, non può che prenderne atto.
Eppure questa volontà di controllo, questa urgenza di mettere le cose in chiaro non è una prevaricazione che si compie ai danni del lettore, ma un appello a lui rivolto. I commenti che cadono a piombo e le chiose che chiudono i frammenti del diario, difatti, sono anche prese di posizione nette che dovrebbero suscitarne altre in risposta. Come quando a proposito del postmodernismo si legge: «se può caderti sulla testa una bomba, è difficile pensare che il mondo è solo linguaggio, che non esistono fatti ma soltanto interpretazioni» (p.92). L’età estrema, dunque, sfida il lettore ad uscire fuori da ogni ambiguità: la sua rappresentazione del mondo, la sua ipotesi di realtà invitano alla condivisione o al rifiuto, in ogni caso alla scelta. Ed è qui che la forma del romanzo breve, con la sua razionalità esatta e impietosa, incontra il contenuto della realtà raccontata, essa stessa dolorosa, ma certamente per l’autore non opaca.
Ema
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Dicotomia perfetta
In questo racconto lungo, in cui si intrecciano realismo ed espressionismo, si ritrovano i tratti del grande romanzo del ‘900. Torna l’impegno di una letteratura che vuole incidere sulla realtà. Le frasi brevi e ben meditate, la prosa essenziale, i rari commenti del protagonista, lasciano spazio alla riflessione del lettore, costretto a ripensare ogni singola frase e a diventare partecipe della narrazione. Bellissime le descrizioni dei sogni, implacabile il giudizio sul nostro mondo.
Ambiguo il rapporto tra le donne e il protagonista. Le due donne amate nel romanzo sono infatti fredde, improbabili, prive di valori. La prima riflette una profonda ipocrisia di vedute, accetta di avere una storia con il protagonista, ma non di renderla pubblica. Teme il giudizio altrui. Si vergogna dell’età di lui e con freddo calcolo rifiuta l’idea di un possibile svolgimento della storia d’amore che, a suo avviso, non porterebbe a nulla. I sentimenti restano in sordina, divengono insignificanti in un mondo da cui è scomparso ogni senso. Non migliore è Claudine. In lei si esprime una razionalità estrema, che si estrinseca in modo meccanico. Il suo è un individualismo esasperato, portato all’estremo limite. Claudine vive per sé stessa, si concede raramente, se ne infischia delle reazioni degli altri, decide per tutti e non tiene assolutamente conto dei sentimenti altrui. Difficile trovare una donna tanto egoista, algida e abulica. L’incoscio del protagonista, che cerca in lei una via di uscita, seppure momentanea, alla sua situazione di angoscia, determinata dalla vecchiaia e dall'impossibilita di intervenire sul mondo, la trasforma, però, totalmente, attribuendole caratteristiche positive: è nel sogno che l’amata ritrova una dimensione umana, riacquista spessore, diviene dolce, accogliente, materna. La dicotomia tra realtà e sogno è perfetta. In questo rapporto ambiguo è l’inconscio a farla da padrone, a costruire l’immagine di una donna che in realtà non esiste. Il complesso rapporto dello stesso autore con la realtà femminile è del resto ben delineato anche nel suo primo romanzo autobiografico "I salici sono piante acquatiche". Gli altri personaggi del romanzo sono appena appena abbozzati e fanno da cornice al devastante quadro di una civiltà ormai giunta al suo epigono.
È un libro che farà orrore a chi ama Moccia e Melissa D, ma chi ancora cerca una lettura impegnata e bei libri non resterà certo deluso.
In un Italia in cui tutti sono convinti di saper scrivere, finalmente qualcuno che sa scrivere. Non è poco.
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L'amore ai tempi del terrore
Il libro appare, nelle prime pagine, difficile da leggere, quasi astioso... poi, però, la penna si distende, i tratti si fanno morbidi e leggeri...
Questo romanzo, così autobiografico all'apparenza, è scenario invece di una importante analisi sociologica, quasi antropologica della nostra era.
Tratteggia i contorni di un Uomo allucinato, divenuto schiavo delle proprie ansie, padrone non della propria vita (nanche nel suo aspetto effimero, neppure nel suo apice amoroso), ma solo della propria merce.
Qualcuno diceva che la nostalgia è un tratto tipico del post-modernismo: l'opera di Luperini mostra efficemente il lancinante sentimento che in fondo ci pervade tutt*, persino coloro, che, più giovani, non conoscono epoche diverse, non agiscono il proprio tempo, ma rimpiangono quello passato.
Nella corsa della-sulla verità, appare rifugio solitario ed ineludibile, così intimo e personale, al tempo stesso paradigmatico, la figura di Claudine: amore antico e profondo resta distante ed incondivisibile... quasi come il mondo sognato, come coloro che hanno vissuto il tempo d'allora.. un tempo in cui sogni erano possibili.
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Le strisce e il futuro
L'età estrema è un libro sulla morte e sull'apocalisse inarrestabile di quel "mostro mite" che è diventato l'Occidente; eppure non è un libro disperato. L'autore, docente universitario ai vertici della carriera, affida a una scrittura sapientissima, spietata e al tempo stesso pietosa, la ricostruzione memoriale della sua vita ridotta a una successione di episodi irrelati nel ricordo e nel racconto. La forma, frammentata ed ellittica, rinuncia a un plot serrato e oggittivante per render conto, con i vuoti e gli spazi bianchi, di quella fine della storia che, negli ultimi quarant'anni, avrebbe levato l'ingombro delle ideologie: solo "strisce" più o meno rilevanti, come dice Claudine, il personaggio femminile alter-ego dell'autore. Ma Claudine, disincantata ben prima di giungere alla sua età estrema, alla fine fa una scelta in controtendenza e accetta il figlio che le si annuncia pur non conoscendone il padre. In solitudine, certo, e senza alcuna enfasi, in parte per egoismo ("si deve pure far succedere qualcosa", confessa al protagonista da cui si congeda definitivamente), ma con una temerarietà sorprendente sceglie una striscia che la impegna verso il futuro. Claudine non è una donna fredda, è una donna forte. L'intellettuale-narratore, che si è autorappresentato ben due volte in una scimmia, ritrova nell'istinto biologico di maternità un gesto generoso e amoroso contro la presunzione di una gaia e mortale autosufficienza.
La tenerezza di questo racconto è anch'essa un gesto amoroso: verso tutti noi che in questo mondo ci tocca vivere e farci carico delle sue sorti. Ed è un bel controcanto all'imponente ultimo saggio dell'autore, L'incontro e il caso, sul romanzo europeo dell'Otto-Novecento.
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estremi
E’ un libro dalla prosa intensa, dove la scelta stilistica del diario scandisce la tortuosa consapevolezza di una condizione senile che non coincide solo con il privato di un uomo,ma qualifica il tramonto di una civiltà occidentale in balìa dell’insensatezza magmatica delle tante narrazioni possibili. Il personaggio principale di questo lungo racconto sembra così concludere il suo denso percorso esistenziale entro una storicità dai toni apocalittici.
Cruciale si rivela l’incontro con Robert, l’amico malato,l’interlocutore ideale, il coetaneo che, mentre muore, permette al personaggio di cogliere lo strazio di un ammasso corporeo che cede alla violenta insensatezza della malattia. Di forte impatto è inoltre l’incontro-scontro che impegna il protagonista contro gli insetti che invadono la sua stanza dopo che accade la “cosa”, l’evento destabilizzante. Il suo sostare stanco spossato su un letto con una ciabatta in mano ha un taglio cinematografico, è un’ inquadratura densa di significato.Una nota a parte meritano i personaggi femminili.Le donne sembrano percepite come presenze fantasmatiche con cui è impossibile intessere un dialogo, sicché i mutismi i silenzi le cose taciute o sottaciute si affastellano e dominano una relazionalità piuttosto intricata e complessa:così è per Serena, un grumo duro che non si scioglie all’abbraccio del padre, così è per la spirituale buddista, che modula nenie orientali, riappacificandosi con se stessa e con l’intero creato, ma è provvista di una logica disarmante che tronca ogni progettualità di vita dell’anziano protagonista; così è per la direttrice del Residence, in cui alloggia il personaggio,una donna fredda, algida come sembra suggerire il suo stesso cognome dai toni teutonici o per la sciura americana con la sua intolleranza colorita .E freddina è anche Claudine, la giovane donna amata dal protagonista,che palpita per la sorte dell’oscuro pakistano, ma liquida marito e amante con una flemmatica autorevolezza che non ammette repliche.Così preoccupata di far nascere bene il figlio che porta in grembo, frutto casuale e occasionale di un seme maschile non ben identificato.In un’epoca in cui ci si dilania per gli affidamenti della prole, che ci si divora per l’assegnazione degli alimenti,che proliferano blog in cui uomini separati rivendicano il diritto al paternage, la nostra Claudine immemore di tutto, ma non di se stessa e di ciò che vuole, si rifugia in un nido al femminile, interessata all’unica casualità che vuole possedere, ad un “figlio(tutto) suo” E’una donna, che votandosi all’indipendenza, sembra recidere un intero sistema di valori e di consuetudini. Musa di un’intera generazione…o femmina del nuovo millennio…?Da rilevare all’interno dell’asse narrativo è la funzione che svolge l’oceano.L’inizio e la conclusione del lungo racconto lo vedono coprotagonista impassibile.L’uomo sosta di fronte a questa vastità acquatica che gli rimanda il mistero stesso dell’esistenza.Dall’acqua non riaffiora nessuna dea dell’amore,ma un involucro dai tratti umani che si rivelerà, in seguito, essere ciò che resta di una foca, di una creatura in balìa degli eventi così come lo è il nostro protagonista. L’acqua non consola, non risucchia l’uomo nel suo grembo marino, non dà risposte, restituisce solo tracce della crudeltà umana.Su tutto, infine, domina, quasi eletto a nume tutelare del racconto, il quadro di Kirchner, un’esplosione di colori caldi e freddi in cui un anziano uomo cerca di concludere, cocciuto, la scalata necessaria per terminare il suo lungo viaggio.
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l'età estrema
La bellezza di questo breve romanzo risiede nella grazia e nella tragicità con cui sono messe a confronto la vicenda privata di un singolo uomo e quella collettiva del mondo circostante. La condizione esistenziale del protagonista,un vecchio professore universitario che non riesce più a fuggire l’idea della morte, sembra quasi anticipare e commentare la condizione dell’esistenza umana in quanto tale. In modo straordinario il corpo, martirizzato in descrizioni di accecante realismo,diviene il simbolo della decadenza etica della società.
Questo scenario così buio è illuminato solo una volta dall’incontro tra l’anziano professore e Claudine,suo antico amore. La donna,a tratti quasi ineffabile,assume nell’opera un duplice senso di rinascita:per il protagonista l’incontro con lei è l’ intensa illusione di un ritorno alla giovinezza;per il mondo è la speranza di un futuro che possa curare un presente così disperato,tutta racchiusa nel bambino che la donna scoprirà di avere in grembo.
Citando il Macbeth di Shakespeare: “Il mondo fuori è nero. Ma io,io ho un cuore così bianco”.
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Extrema ratio
Scrittura serrata, quella del secondo romanzo di Luperini, in forma di racconto lungo.
Piena di incessante procedere e regredire, di inquietudini e di ombre. Di lettura scorrevole e, ben si nota, con estrema attenzione ai particolari. Ogni espressione, ogni singola parola, appare levigata e scelta con cura. Uno stile innovativo il suo, denso di potenzialità espressive, di tensione narrativa, con squarci di vitalità profonda e di passione, di pelle.
La forma diaristica tratteggia a tutto tondo il protagonista mentre rari altri personaggi emergono: l'amico Robert, tratteggiato con delicatezza e poche figure femminili. Oltre a Claudine, sensuale e luminosa, la figlia Serena, umanamente ostile e una misteriosa bruna. Volutamente appiattite invece le altre figure maschili, in primis il marito Giorgio. Intorno un ambiente futuribile e minaccioso tra luci al neon e sirene di allarme.
Nessuna concessione quindi.
Lo spunto è dato dalla fine di un mondo, quello novecentesco, tra i cui detriti il protagonista
annaspa in un prossimo futuro, pure cercando ancora, in alcuni rari momenti, un fragile contatto d'amore, di amicizia, di vicinanza. Una donna che va per la sua strada e, solo talvolta, si concede.
Una rete fatta di istanti, di casuali incontri, di emozioni vissute tra immagini di morte
e di putrefazione. Pure permane un residuo tentativo di resistenza, magari come quella,
la sola ipotizzabile, degli scarafaggi. Da leggere con piacere e con attenzione.
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avanzare nella nebbia
“Non sopporto la quiete...mi precipito in posti lontani...fuggo la morte e mi accorgo di correrle incontro.”
Un professore italiano settantenne in un paese straniero, la California, a un decennio dall'attentato dell'11 settembre. Un'atmosfera in cui la paura diviene routine e il presentimento dell'apocalisse si sfilaccia “in un lungo crepuscolo di guerre lontane e malattie sconosciute”. Un regime “democratico” che fa sparire nel nulla i musulmani sospetti. Il professore fa i conti con se stesso, con la propria storia, chiuso in solitudine nella stanza del suo residence affacciato sul vasto oceano. E la stanza si popola di scarafaggi verdi, aggressivi e molesti come pensieri ossessivi, mentre fuori la nube tossica uccide gabbiani, piccioni, foche... le creature che non sono evacuate.
Una possibilità, se non si salvezza almeno di serenità ed equilibrio, è offerta da Claudine, una donna generosa e “leggera”, che invita il narratore a non aver paura, ad avanzare a passi sicuri nell'incertezza nebbiosa della vecchiaia e della morte.
E' questo un libro da leggere d'un fiato e poi rileggere, quasi fosse una lunga poesia in cui ogni parola porta su di sé il senso della totalità. Non è un libro “piacevole”, non è uno di quei libri che si leggono comodamente sdraiati in poltrona o sotto l'ombrellone: è un libro inquieto, eppure appare necessario, proprio perché “spoltrisce” il lettore, lo invita ad interrogarsi e si pone quindi nel solco della maggiore letteratura novecentesca.
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L'età estrema
Un docente universitario redige il diario del suo viaggio neli Stati Uniti nel decimo anniversario dell'attentato alle Torri Gemelle.
Il senso della fine e della morte è sempre presente. Morte personale ma anche di un mondo e di una civiltà. Solo Claudine, la donna amante e madre,sopravvive a tutto, vince su tutto. E' lei il personaggio portatore di senso.
I ricordi della giovinezza del protagonista si intrecciano con gli incubi (narrati con uno stile crudo, a tratti espressionistico) ed i timori del presente.
Il vecchio che faticosamente arranca per la salita della montagna trascinando dietro di se una mucca nel quadro di Kirchner ed il protagonista del racconto condividono lo stesso destino. Un destino in cui fatica e lotta sono private di senso.
Lo stile di Luperini è scarno ed essenziale. Con pochi tratti sapienti vengono descritti personaggi, paesaggi ed il magnifico quadro di Kirchner.
Un libro da leggere. Per riflettere certo, ma anche per il piacere di un'ottima lettura. Una mosca bianca nel panorama della narrativa contemporanea. E non è poco.