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L'equazione del cuore L'equazione del cuore

L'equazione del cuore

Letteratura italiana

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Dopo la morte della moglie, Massimo, professore di matematica in pensione, vive, introverso e taciturno, in una casa appartata su un'isola del golfo di Napoli. Pesca con metodo e maestria e si limita a scambiare rare e convenzionali telefonate con la figlia Cristina, che vive in una piccola città della ricca provincia padana. A interrompere il ritmo di tanto abitudinaria esistenza la notizia di un grave incidente stradale: la figlia e il genero sono morti, il piccolo Checco è in coma. Massimo deve assolvere i suoi doveri. Crede, una volta celebrata la cerimonia funebre, di poter tornare nella sua isola, e lasciare quel luogo freddo e inospitale. Non può. I sanitari lo vogliono presente accanto al ragazzino che giace incosciente. Controvoglia, il professore si dispone a raccontare al nipote, come può e come sa, la "sua" matematica, la fascinosa armonia dei numeri. Fuori dall'ospedale si sente addosso gli occhi della città, dove lo si addita, in quanto unico parente, come tutore del minore, potenziale erede di una impresa da cui dipende il benessere di molti. Da lì in poi quanto mistero è necessario attraversare? Quanto umano dolore bisogna patire? Per arrivare dove?



Recensione della Redazione QLibri

 
L'equazione del cuore 2022-02-10 19:38:27 Bruno Izzo
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Bruno Izzo Opinione inserita da Bruno Izzo    10 Febbraio, 2022
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IL MARE FUORI

Stavolta la sua città, Napoli, qui non c’è.
Quella che è il personaggio principale, se non la protagonista assoluta di tutti i suoi libri, l’origine che vivifica e caratterizza tutto il suo narrare, qui non è manco citata.
Non c’è la città di cui ha scritto datandola appena prima dell’ultimo conflitto mondiale, con spettri appena sfumati situati negli angoli, percepiti in chiaro da chi ci riesce suo malgrado, e che illusioni o fantasmi non sono, ma semplici anime vaganti nei tempi plumbei del Ventennio.
Nemmeno c’è la metropoli contemporanea di cui ci ha raccontato sempre, e che a lui si confida, solare, caotica e chiassosa, viva e palpitante di umori, dalle mille contraddizioni ed ossimori viventi, dove coesistono gomito a gomito procaci signorine, distinte ed anonime signore avanti con gli anni con i capelli grigi, ed emeriti bastardi di nome e di fatto.
Napoli non appare neanche di straforo nell’“Equazione del cuore”, l’ultimo romanzo di Maurizio De Giovanni. È giusto così: questa è e resta comunque una sua storia, un buon romanzo come lo sono stati tutti i suoi precedenti, personalmente lo trovo scritto ancora meglio, una penna più matura, forgiatasi sulle pagine precedenti; è sempre smaccato ed evidente lo stile suo proprio, semplice, gradevole, lineare, il discorsivo uguale a come comunemente ci si esprime nella vita reale; eppure, il suo linguaggio appare forbito ed elegante allo stesso tempo, un corsivo che si va perfezionando e tipizzando sempre di più, semplice e profondo, un intarsio di pregio.
Questa, perciò, non è una narrativa diversa, è la sua, un elaborato che lo rispecchia come autore e come persona, ripropone i suoi temi, il suo sentire, il suo animo, la poesia che cela nel cuore, è una storia compiuta come lo sono sempre tutte le sue storie, anche quelle seriali.
Un racconto redatto come un registro, la prima nota narrante l’esistenza di un uomo esperto di numeri ma ignavo, non ignaro, di note, talmente assorto, involuto sullo scorrere aritmetico dei suoi giorni, da farsi sfuggire inopinatamente che ambedue, scienza e musica, creano armonie, tra loro in sintonia.
I numeri scorrono in sequenza come in sequenza si susseguono le note sullo spartito: ambedue presentano ritmo e cadenza, suonano, scandiscono, descrivono, significano, emozionano.
Imprescindibili.
Questa, perciò, è la redazione di una vita, e di più vite: perché nessuno sta solo sul cuor della terra, sebbene trafitto dai caldi raggi del sole delle terre del sud, si resta sempre connessi, lo si voglia o meno, con altre vite, quelle che sono il frutto delle proprie scelte responsabili, è il legame di sangue che non si spezza mai, nemmeno a distanza, neppure giacenti su altri lidi avari di sole, terre fredde, umide e nebbiose. Legami che chiamano al soccorso, quando è tempesta, e non ci si può sottrarre.
Devi porti al timone, ritrovare la rotta e le secche, tenere il diario di bordo, il romanzo sciorina lettere su righe anziché numeri in quadretti, sembra un’equazione ma si legge come la più insigne delle relazioni, quella tra i nostri affetti, i nostri amori, ogni uomo ha cuore interconnesso ad altri cuori, malgrado provi a negarlo ed a privarsene, sono e siamo grandezze dipendenti le une dalle altre, per chiunque vivente sorge spontanea per natura un’equazione di vario grado, che può essere soddisfatta solo attribuendo precisi valori alle incognite che in esse compaiono; allora, e solo allora, si arriva alla relazione perfetta, la quadratura del cerchio.
Di tutto questo ci racconta qui Maurizio De Giovanni: ci parla di persone, di affetti, di famiglia, e stavolta la sua città, Napoli, qui non c’è.
Perché qui c’è molto di più : se può servire a consolare gli habitué sconsolati che richiedono il consueto menù, certamente qui c’è anche un mistero, e un poliziotto che nutre dubbi su come siano andate effettivamente le cose, un questurino “capatosta”, testardo se non cocciuto, come sa esserlo un meridionale, ed infatti è
“…nato a San Giorgio a Cremano, il paese natale di Massimo Troisi, pace all’anima sua.”
Ma sono coincidenze, semmai. Qui c’è molto di più: c’è il mare, sapete. C’è il mare fuori.
Il mare quello vero, quello che non bagna Napoli, come scriveva Annamaria Ortense, e bagna invece tanti luoghi, tutti i luoghi dove si aggira umanità, anche quelli distanti dal mare trecento chilometri, e che magari vantano però un grande fiume, il più grande che ci sia.
Ogni acqua corre al mare.
I fiumi, grandi o piccoli che siano, sempre nel mare sfociano.
Come noi: siamo tutti connessi e naviganti nell’oceano dell’esistenza.
Poi c’è un’isola, all’inizio della storia, quasi appena accennata, di sfuggita: anche qui manco a farla apposta, è l’attuale capitale della Cultura, sembra citata ad arte a significare che nessun uomo è un’isola. Quest’ultima come è noto è quanto scriveva John Donne, ripresa anche da Hemingway. Tutto il romanzo indica quindi una sola cosa: nessuno si salva da solo.
Il protagonista del romanzo è un ex professore di matematica a riposo; dopo la scomparsa della moglie, ed il felice e fortunato matrimonio dell’unica figlia, con relativo trasferimento della giovane in una prospera cittadina della provincia settentrionale, trascorre solitario la propria esistenza ritirandosi in volontaria reclusione su una piccola isola. Anche se la moglie lo aveva pur messo in guardia, quando era ancora in vita:
“…una figlia, a differenza della didattica, non si chiude con un diploma e arrivederci.”
Il professore non insegna più, si divide tra le sue passioni, la pesca in mare cui si applica con certosina diligenza ed aritmetica disciplina, e la matematica, naturalmente, che per il docente assume non tanto la consistenza di un metodo scientifico da apprendere, applicare al quotidiano e divulgare, ma una filosofia di vita che lo induce a tradurre ogni momento della vita in numeri, forme, figure geometriche che incanalano in modo logico e rigoroso tutti i fatti e gli eventi dell’ esistenza, la sua e quella degli altri. Anche perché considera finita la sua esistenza. Si sbaglia, e vedrà da solo come si sbaglia:
“…si può pensare solo una volta che la vita è finita. Una volta. Non due.”
Il professore è una brava persona, di indole buona e modi bruschi, solo che, in qualche modo, basta ora a sé stesso, e si incarta a crederlo: dopotutto, ha svolto linearmente e con rigoroso scrupolo tutti i suoi compiti, i suoi doveri istituzionali di marito, padre, professionista, docente, e seppure con minore assiduità, ha sbrigato con efficacia anche il suo ruolo di nonno nei confronti del suo unico nipotino. Senza nemmeno sforzarsi e rendersi conto che agli occhi del bambino egli è divenuto un emblema, un esempio se non un mito, un supereroe al centro dell’affettività del piccolo, un gigante, se non un Nettuno, dell’arte della pesca, che incanta e intriga il ragazzino, malgrado il burbero nonno neanche se ne dia per inteso. Agevolato in questo dal fatto che l’unica figliola, infatti, è convolata a nozze con il discendente ed erede unico e diretto di una impresa di grande spessore economico, un colosso nazionale e non solo presumibilmente del comparto agro alimentare, con sede in una piccola ma prospera cittadina della pianura padana:
“…una città di vecchi. Di vecchi e di ricchi…una ricchezza che fa male.”
La figlia Cristina è ora una donna ricca, certo, come il figlioletto, ma ambedue immensamente soli.
Il genero è uomo buono, marito innamorato, padre affettuoso; tuttavia, riveste responsabilità che sono temporalmente intense e possessive, vanno a discapito delle visite nel buon ritiro isolano al padre/nonno, ma senza che nemmeno costui ne abbia a male oppure provi a incrementare le sue visite al nord; i rapporti sono quindi sporadici e brevi, due sistemi che si sono compenetrati e poi distanziati, ognuno a sé stante.
Niente di più sbagliato, lo dimostra paradossalmente proprio un’equazione matematica, il teorema di Dirac: “…uno studente, un certo Paul Dirac, nome francese ma ragazzo inglese…”.
La matematica per il professore è il colmo della gioia, gli fornisce giustezza di sé, lo completa e lo definisce, costituisce motivo valido e ragione al trascorrere in solitudine i propri giorni, letteralmente lo relega in un’isola, esattamente come fosse al confino. Ma c’è il mare fuori, lo ha sotto gli occhi, e non lo vede. Ne calcola il moto ondoso, ma non lo sente. Pesca, ma è azione meccanica senz’anima.
L’esistenza è come il mare, prima o poi chiama: il mare esiste per navigarci, per pescare, per interagire con gli altri viventi, finanche per affrontarne le tempeste, ricercare porti e approdi sicuri, certamente non per fare da contorno ad un’isola. Dall’isola serve staccarsi, erigendo ponti, barche, passarelle.
Il Professore non è solo tale, è anche un Pescatore, nemmeno si accorge che sono figure in palese contraddizione: il matematico calcola ampiezza e profondità, il Pescatore il mare lo rispetta, e con esso le sue creature. Apparteniamo tutti al mare, da quello veniamo, a lui ritorniamo.
Non lo vede il professore che il suo stesso nome è un ossimoro, un uomo triste e razionale che ha nome Massimo de Gaudio. Massimo commette un errore madornale: confonde la matematica, e per lei la Fisica, per la conoscenza della Natura, uomo compreso.
In realtà, la Fisica è lo studio dei fenomeni della Natura.
Il modo come la Natura agisce, e la matematica traduce quelle azioni.
Fisica e Matematica sono quindi strumenti dell’arte, discipline che si fanno per simbiosi esse stesse Arte: e l’Arte implica emozioni, quindi sentimento.
Il cuore non è adatto a calcolare, ma a sentire, non è il computer, è un programma di vita.
Perciò, quando Massimo è costretto a precipitarsi al nord in seguito ad una disgrazia familiare, si vede costretto a riconsiderare a forza la propria esperienza di vita, le proprie convinzioni, riscoprire tutto il mondo affettivo a lui ignoto celato nel cuore della propria figlia prediletta, e in quello del bambino.
Nel finale sospeso, incalzante e struggente, al capezzale dell’adorato nipotino in coma, a cui occhi è sempre e solo apparso come “Il Pescatore”, Massimo prova a dare filo alla lenza, a trarre in salvo il suo personale Pesciolino. Smarrito e lontano dalla sua isola, vagante in un nebbioso paesaggio padano, a nulla gli può servire calcolare la temperatura, l’umidità, la pressione barometrica, si ritrova protagonista di un dramma lirico, accusa lo stesso straziante dolore di Rigoletto al cospetto della figlia Gilda, e però...però, a differenza dell’opera verdiana, c’è un pesciolino di cui può ancora prendersi cura, un “caro nome che il mio cor festi primo palpitar…” che funge da catarsi e salvezza.
Petrini Francesco di anni nove è la variabile con esponente alla massima potenza, e Massimo è il comune denominatore dell’equazione principe, quella dell’amore, un sunto che va oltre ogni calcolo logico. Petrini Francesco di anni nove è il numero, è l’algoritmo, è la ragione per cui Massimo vive.
Serve un assioma, un dato mancante senza la quale l’espressione non è risolvibile, non il pi greco, ma la costante dell’equazione del cuore: la Speranza.
La sola che permetta la sua risoluzione.

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Maurizio De Giovanni
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L'equazione del cuore 2022-04-19 15:45:22 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    19 Aprile, 2022
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Massimo e Checco

Già con “I guardiani” Maurizio De Giovanni aveva tentato di staccarsi dalle tematiche sue solite e care ma anche tendenzialmente seriali. Purtroppo con un tentativo che ha riscosso scarso successo. Con “L’equazione del cuore” l’autore torna in libreria con un nuovo romanzo ancora una volta non seriale. A esser padrone di queste pagine è Massimo De Gaudio un insegnante di matematica in pensione che ha fatto della materia il suo vivere a trecentosessanta gradi e che proprio all’inizio dell’opera rincontra un vecchio studente che ne esalta e ricorda le gesta. La matematica ha ricoperto tutta la sua esistenza, la sua dimensione. Questo lo ha reso anche un uomo freddo, distaccato. Ha perso la moglie e con la figlia i rapporti si sono incrinati. Vivono lontani e i rapporti si limitano a brevi conversazioni del più e del meno. Canoniche e ripetitive quanto paradossalmente sporadiche.
A causa di un evento nefasto e imprevisto la vita di Massimo sarà messa in discussione ed entrerà in scena Checco, il nipotino che finirà con il prenderlo come punto di riferimento. Questo anche se ciò è stato raffreddato da una distanza che non è stata solo chilometrica.
Quello che si apre ai lettori è un romanzo piacevole. Un romanzo che ha quale obiettivo quello di far trascorrere ore liete al conoscitore ma anche di consentire allo scrittore di staccarsi da quel formato e trend a cui spesso si è conformato portando avanti personaggi e storie tra loro consequenziali.
Non può definirsi l’opera prediletta e migliore di De Giovanni ma lascia gradevoli emozioni e si presta a una lettura rapida, che si esaurisce in poche ore senza troppe pretese. Un prodotto ben costruito in funzione delle esigenze di marketing del momento e a uno specifico target di riferimento destinato. Non un romanzo, ancora, indimenticabile ma capace di solleticare riflessioni in chi legge.

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L'equazione del cuore 2022-04-11 10:29:30 Valerio91
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Valerio91 Opinione inserita da Valerio91    11 Aprile, 2022
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Un De Giovanni "fuoriserie"

Sarebbe interessante, per ogni libro che si legge che sia degno di nota, riuscire a fare anche brevemente quattro chiacchiere con l’autore: sentire la sua viva voce, scoprire da cosa hanno avuto origine certe idee e certi elementi che ci ritroviamo a incontrare all’interno del suo lavoro. Per “L’equazione del cuore” di Maurizio De Giovanni ho avuto questa fortuna, essendo lui venuto in un liceo classico della mia città per una presentazione (molto riuscita per diversi motivi, devo dire, e anche per merito dell’autore stesso). Ora, io non sono un lettore assiduo di Maurizio De Giovanni, oltre questo romanzo ho letto di suo soltanto “Il resto della settimana”, che a sua volta mi era piaciuto molto perché incentrato su come Napoli vive la passione per il calcio, cosa che mi tocca molto da vicino. Devo dire tuttavia che non mi sono accostato (almeno non ancora) alle sue serie più famose, quella dei Bastardi di Pizzofalcone e del Commissario Ricciardi, per la mia difficoltà a impegnarmi a seguire assiduamente una serie letteraria; ricordo ancora il fallimento disastroso con “La torre nera” di King, che poi non mi era nemmeno dispiaciuto. Devo dire, tuttavia, che De Giovanni ha le qualità dello scrittore di valore a cui forse la produzione seriale sta un po’ stretta e che inoltre, come lui stesso ha ammesso, soffre del pregiudizio da sempre riservato agli scrittori di genere: l’indifferenza della critica. Questo è un male che andrebbe estirpato e che getta ombre su opere letterarie di enorme valore, come quelle prodotte da un Ray Bradbury e da uno Stephen King, che pure hanno prodotto capolavori come “Cronache Marziane” e “Il miglio verde”. Un male che, da scrittore ancora accidentato, mi tocca da vicino. Mi sto dilungando, ma questo è segno di come lo stimolante confronto con un autore possa aprire a riflessioni molto ampie.
La trama de “L’equazione del cuore” si focalizza sul personaggio di Massimo De Gaudio, insegnante di matematica in pensione che alla matematica ha dedicato tutto sé stesso, e che per mezzo della matematica giudica tutto il mondo intorno a lui. Massimo è un uomo freddo, distaccato, che ha perso presto sua moglie e ha lasciato che sua figlia si trasferisse molto lontano senza opporre poi una grande resistenza, limitandosi alla “chiamata della domenica” e accontentandosi dell’ormai vuoto “tutto bene” dato in risposta all’altrettanto vuoto “come va?”. Sarà un evento tragico a mettere in discussione nuovamente tutta la vita di Massimo, che si ritroverà costretto a fare i conti con sé stesso, col suo passato, col suo modo di relazionarsi col mondo e coi suoi affetti: in particolare col suo nipotino Checco, che vede in lui un punto di riferimento nonostante la sua lontananza e la sua freddezza.
“L’equazione del cuore” è un romanzo piacevole, interessante, che può occuparvi piacevolmente un paio di giornate. Non sarà un capolavoro, ma posso dire che ci dà indicazione di quanto De Giovanni possa aspirare a qualcosa di più; che abbia in sé le capacità per staccarsi di dosso l’etichetta di autore di genere e passare a uno step successivo… sebbene la cosa più giusta sarebbe che il mondo smettesse di affibbiare un'etichetta agli autori di genere, valutandoli senza pregiudizi e ammettendo finalmente che l’appartenenza a un genere non debba necessariamente intaccare il giudizio sulla “letterarietà” di un’opera. “L’equazione del cuore” mantiene l’impronta giallistica: c’è sempre un mistero da risolvere, delle morti sospette, qualcosa che deve tenere il lettore incollato alle pagine, ma come dico sempre la vera bravura di un’autore sta nel coniugare intrattenimento e riflessione, divertimento e poesia. Questa è, come intuiva Calvino, la direzione che dovrebbe prendere la letteratura nel nuovo millennio: i lettori cambiano e devono cambiare necessariamente anche gli scrittori: lo ha capito King, lo hanno capito gli sceneggiatori come Jonathan Nolan, lo ha probabilmente capito De Giovanni, che forse deve armarsi di coraggio e mettere in stand by per un po’ le produzioni seriali, imporsi con gli editori, e cercare un’altra strada che non è detto debba essere completamente nuova, ma possa arricchirsi di nuovi elementi di valore.

“Se mi senti, capisci questo: due sistemi, come per esempio due persone, o due anime, o due mondi, se entrano in contatto, per sempre, finché esisteranno, risentiranno l'uno dell'altro. Potremmo dire che questa scoperta, fatta da un solitario e silenzioso ragazzo nel secolo scorso, sia l'equazione che ci racconta. Potremmo proprio dirlo.”

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L'equazione del cuore 2022-03-12 10:29:52 Gesko
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Gesko Opinione inserita da Gesko    12 Marzo, 2022
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Un libro scritto con maestria

E' stata la mia prima volta con un libro di De Giovanni. Ed è stata una lettura molto piacevole.
Ragione e sentimento si intrecciano e combattono come due forze opposte per tutto il libro.
Se, da una parte, la razionalità permette di fare luce nei momenti più difficili, sono i sentimenti che aiutano a non sentirsi soli che scaldano una vita altrimenti vissuta - anche se volontariamente - nel freddo isolamento.
Forse il segreto sta proprio nel difficile equilibrio tra queste due forze opposte.
Massimo è un professore di matematica che vede la vita come un susseguirsi di numeri e di teoremi.
Sarà un bambino, che durante la narrazione è più una presenza o un flashback di ricordi che non un personaggio vero e proprio, a scatenare il cambiamento del professore e a permettergli di lasciare spazio a ciò che razionale non è.
Senza dubbio una storia che sa essere tenera ed avvincente al tempo stesso, che si legge tutta d'un fiato e che ti tiene legato sino alla "sospesa" ultima pagina.

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L'equazione del cuore 2022-02-13 14:11:46 ornella donna
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ornella donna Opinione inserita da ornella donna    13 Febbraio, 2022
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Il cuore e la matematica

Maurizio De Giovanni torna a deliziare i suoi lettori con un nuovo libro, intitolato L’equazione del cuore, ed edito da Mondadori. Abbandonata la bella Napoli, per una città del Nord, dove nevica sempre e la terra è ostile:
“In questa città perennemente deserta . (…) Faceva pensare a interni protetti piuttosto che a spazi in attesa di essere invasi dalla luce. Ci si doveva sentire sicuri lì dentro. (…) Nel dedalo di vicoli e piazze incrociarono qualche passante. Qualche auto, qualche vetrina illuminata, e il levarsi improvviso solo qualche metro più in là dal vento che si incanalava tra le case, su per straduzze e svolte, e spingeva chissà dove fragranze ed illusioni. “
Maurizio De Giovanni racconta una storia in terza persona, che incuriosisce ed affascina. Con uno stile sobrio ed elegante racconta la vicenda di Massimo de Gaudio, il professore di matematica, che dopo la morte della moglie:
“aveva scelto di vivere in un’isola e in quell’isola ci stava di gran lunga meglio nei mesi freddi, quando la tramontana teneva lontano i chiassosi bagnanti, quando i rifiuti non traboccavano dai cassonetti, quando il greve profumo di pesce a buon mercato cotto all’aperto non appestava l’aria e quando il sonno non era compromesso da un’incomprensibile musica sparata ad altissimo volume.”
Sua figlia Cristina con Luca, il marito, però vivono al Nord con il piccolo Petrini Francesco detto Checco. Una volta all’anno gli fanno visita e stanno un po’ con lui, che in realtà preferisce, da tempo, restare solo, senza bisogno di affrontare il mondo. Fino a quando una maledetta sera il suo perfetto equilibrio viene interrotto, e una telefonata squarcia il velo del silenzio. Sua figlia e suo genero sono morti in un incidente d’auto e il nipotino versa in gravi condizioni. E’ così costretto ad andare da loro. Ed ecco che entra in gioco l’equazione del cuore:
“L’equazione di Dirac, l’equazione del cuore. Perché noi siamo profondamente connessi, e rigorosamente interdipendenti. Lo siamo per forza, perché nasciamo l’uno dall’altro, percorriamo le nostre strade eppure restiamo insieme, dovunque queste strade ci portino. Ed ecco infatti io sono qui, a cercare di ripescarti dal tuo mondo fatto di buio e di silenzio.
Perché l’equazione di Dirac dice questo: se i due sistemi interagiscono tra loro per un certo periodo di tempo e poi vengono separati, non possono più essere descritti come due sistemi distinti, ma diventano un unico sistema.”
Che accadrà una volta arrivato dall’amato nipotino? Quali sono le tante incognite da affrontare?
Un libro bello, tuttavia con qualche dubbio. Un romanzo costruito interamente sulla figura di un uomo, il professore, che affronta la realtà attraverso i numeri. Ne scaturisce un ritratto di uomo non del tutto, a me personalmente, piacevole. Un uomo freddo, ma forse no. Un uomo che deve decidere se far vivere o meno il proprio nipotino. E perché? Forse è meglio tornare sull’isola. Poi giunge una incognita, che gli fa vedere il mondo in un’altra prospettiva. Una lettura discutibile, dove tutto è razionalizzato attraverso i numeri e la matematica. Ma è proprio così? Sarà perché non ho mai amato la matematica, che questo libro mi ha lasciato un retrogusto di amaro in bocca? Pur apprezzando lo stile elegante di scrittura, la lettura è rimasta una incognita da decifrare ….

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