L'assaggiatrice
Letteratura italiana
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L'amore aiuta a sopravvivere.
E’ il primo romanzo di Giuseppina Torregrossa, siciliana e per anni ginecologa a Roma. Uscito da Rubbettino Editore nel 2007, è un inno godibilissimo alla buona cucina siciliana, messa in tavola dalla protagonista, Angelina, una bella siciliana non più giovanissima, laureata ma in cerca di lavoro, madre di due ragazze e moglie di Gaetano, “un ometto insignificante, basso e un po’ grassoccio, la faccia tonda e la testa grossa”. Ad Angelina, che è l’io narrante, piace cucinare. “Cucinare è una cosa che mi rilassa, mi svacanta l’anima, mi calma il cuore e il respiro” confessa, assaggiando in corso d’opera i suoi manicaretti ed assaporandone boccone dopo boccone i gusti più diversi. Per i buongustai, numerose ricette intervallano i capitoli: sono ben tredici, spiegate nei dettagli, e vanno, per citare le più comuni, dal pane cunzatu alla caponata, dall’antipasto alla siciliana (un tripudio di colori e sapori!), alla zucca in agrodolce, dalle brioches con crema di fichi alla frittata con ricotta fresca, cannella e pomodori secchi, e via mangiando. Un brutto giorno, però, Gaetano scompare, lasciandola sola e disperata. Non le resta che rimboccarsi le maniche e, nella piazzetta del paese, mettere in piedi un negozietto di souvenir per turisti ed una specie di punto di ristoro, grazie alla sua abilità culinaria. Gli affari non vanno male, il ricordo di Gaetano la tormenta, ma Angelina non si arrende: è bella, ancora attraente, se Gaetano è svanito nel nulla il suo desiderio impellente di essere desiderata ed amata la spinge a nuovi assaggi, stavolta non culinari. Non sa resistere al fascino maschile (“un’onda calda mi sale lungo il corpo… le gambe si ammorbidiscono… uno strano languore riempie il mio corpo”, così confessa Anciluzza), e le occasioni non mancano. Il commissario che indaga sulla scomparsa del marito le fa un po’ di corte e lei prova qualche brivido (“ sento una scossa che mi attraversa tutto il corpo”), poi compare Hamed (“ un pezzo di maschio che non è facile incontrare”) con cui divide la passione per la buona cucina e, su un materasso in un angolo del negozio, altre ben più confortanti passioni. Ma la bella Angelina non si dà mai pace, ed eccola consolarsi con Cicciu lu Sceccu, che riesce ad attirare in negozio e di cui vuole provare le reclamizzate capacità amatorie. “Il mondo gira attorno al sesso” pensa l’insaziabile Angela, e, per non farsi mancare niente, si intrattiene più volte con l’amica Adele, con la quale consuma nuove esperienze amorose, descritte dall’autrice con dovizia di particolari. Il ritorno improvviso di Gaetano non emoziona più di tanto Angela: ha con il redivivo un rapporto sessuale ai limiti della brutalità, e, dopo averlo schernito, lo scaccia preferendo la sua nuova vita, da donna libera, piena di vita e di speranze, confidando nel ritorno del giovane e muscoloso Hamed: “vattene, è inverno, la nostra estate è consumata, ce la siamo buttata alle spalle… vai via, io già non ci sono più… sorrido con il cuore pieno di aspettative, tornerà Hamed e con lui la vita viva”.
Si vorrebbe rimproverare la Torregrossa per un eccesso di erotismo negli incontri di Angela, una sorta di compiacimento nella descrizione di momenti particolarmente piccanti, soprattutto nei rapporti con l’amica Adele: secondo il mio parere la narrazione, in tutto il suo contesto, fa parte di un atteggiamento che descrive ed esalta la figura femminile, non più sottomessa e schiava di un maschio padrone, ma padrona essa stessa del suo corpo, della sua vita, finalmente emancipata e libera. E Angelina, da brava siciliana dal cuore ardente e dai sogni apparentemente irrealizzabili, ne esce bene, con nessun rimpianto per un passato da dimenticare e grandi speranze in un futuro tutto da costruire e da vivere appieno.
E’ ben descritto anche il rapporto tra cibo e sesso, connessi da una stretta relazione psicologica: un rapporto vissuto in chiave edonistica nelle civiltà antiche, poi in modo quasi peccaminoso nella tradizione cristiana. Nel romanzo il piacere di gustare i cibi preparati è complementare ai piaceri del sesso, ed i cibi stessi vengono spesso utilizzati come stimoli eccitanti. Del resto l’autrice, da bravo medico quale è, sa benissimo che sesso e cibo sono entrambi regolati dall’ipotalamo, tramite gli stessi neurotrasmettitori.
Sullo sfondo, un paesino siciliano come tanti, con personaggi particolari e ben caratterizzati, il caldo bruciante sulla piazzetta assolata, il refrigerio della brezza marina, la tristezza di una stagione che sta per finire, con gli emigrati in visita ai luoghi d’origine che se ne tornano a casa, le case in affitto che si svuotano, le giornate che si accorciano: in primo piano la storia di Angelina, una donna siciliana come tante, che si dispera, piange, ricostruisce una vita e trova nell’abbandonarsi all’amore i motivi per sperare in un avvenire meno tribolato.
Tutto è ben descritto, con la passione di chi conosce bene la sua gente e la sua terra. Verranno poi opere più complesse, entrerà in scena la commissaria Marò Pajno, protagonista di una nuova fortunata serie, ma mi sento di consigliare la lettura di questa opera prima, anche per constatare l’evoluzione dello stile narrativo dell’autrice nelle opere successive.
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L'Assaggiatrice Assatanata
Prendete una come me. Una che in giovane età ha abbandonato la sua terra d’origine – a causa delle svariate ragioni di cui ci si fa scudo e si abbandona la propria terra al sud – per trasferirsi definitivamente altrove. Una che, tuttavia, la propria terra ha sempre continuato ad amarla, e di un amore infinito; ragione per cui ha sempre accuratamente evitato di imbattersi in quella letteratura in grado di riportarla a casa, vuoi per le ambientazioni, vuoi per l’abbondante utilizzo della lingua del posto.
- Leggiti Camilleri, è bello, non sai cosa ti perdi
- No, Camilleri no, non ci riesco proprio; tutto quel dialetto.
Ma a questo punto, la confessione è dovuta: una come me, Camilleri non lo legge perché è come ricevere un pugno di nostalgia allo stomaco: fa male, insomma.
Poi, un bel giorno, una come me, decide di ovviare alla regola e di leggere L’Assaggiatrice di Giuseppina Torregrossa. E all’inizio tutto è meraviglioso, così meraviglioso che quasi c’è da commuoversi: eccola la Sicilia, bella e profumata come una magnifica femmina al sole, fatta di usanze e tradizioni, veleggiata dalla musicalità della lingua, intrisa di sapori unici, incarnata dai visi volitivi e sensuali delle donne che da sempre ne rappresentano la forza.
Sicilia che è pure Anciluzza, abbandonata improvvisamente dal marito e che si ritrova da sola, disonorata e senza soldi, a dover provvedere a se stessa ed alle due figlie.
Le fondamenta della storia sono ottime, lo stile impareggiabile, le descrizioni dei personaggi veritiere oltre ogni aspettativa, i paesaggi sublimi, l’idea delle ricette locali, che intermezzano i capitoli, a dir poco squisita.
Non fosse che Anciluzza ad un certo punto si perde. Le basta metter su negozio, dove prende a vendere spezie e prodotti locali, e improvvisamente non è più lei. Anciluzza ha bisogno di sesso, e solo di quello. Se ne frega delle figlie rimaste senza padre, della nuova libertà conquistata grazie alla quale affermare il suo essere donna indipendente ed autonoma, della ricerca di un nuovo amore: Anciluzza cucina e gode, che sono le uniche due cose che le interessano. Il suo è un chiodo fisso, ed anche se le sue preferenze vanno ad Hamed, misterioso uomo di colore che ogni tanto compare nella sua cucina per nutrirsi e soddisfarla, non può certo disdegnare chiunque le capiti a tiro.
Così, ho finito per sviluppare una sorta di antipatia per questa protagonista tutta carne e poco sentimento, e non è per bigottaggine o puntiglio, ma proprio non ce l’ho fatta a sorbirmeli i suoi ghirigori mentali di donna-porno-assatanata.
Giuseppina, che ti devo dire, ho capito che tu di professione fai la ginecologa, ma avevi tra le mani i migliori ingredienti e te ne sei uscita con un piatto quasi immangiabile: troppo sale, troppo peperoncino, troppo olio ed una cottura eccessiva.
Consiglio il libro solo perché ben scritto e per le autentiche atmosfere che è in grado di offrire: sul contenuto ognuno giudichi da se.
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Al marito non far sapere come è buono il moro con.
Ancilluzza,bella siciliana, vive una di quelle vite noiosamente rassicuranti,sposata con l'ingegnere capo di un piccolo Comune, due bambine Amalia e Caterina, una famiglia come tante della piccola borghesia di provincia.Un giorno però alla porta di Ancilluzza bussa la polizia, il marito Gaetano è
scomparso. Si pensa subito al peggio:basta aprire le pagine di cronaca di qualsiasi giornale italiano per capire che certe cariche pubbliche , soprattutto appalti e cemento fanno gola alla mala vita e Gaetano "a quaccheduno avrà pestato i peri!"
Dunque Ancilluzza, con due bambine,senza marito e senza lavoro, con mutui e debiti da pagare dapprima passa il tempo a chiànciri e ad "attapanarsi"poi grazie a Fifidda,sua sorella, tosta di carattere e di cuore, raccoglie i cocci della propria vita
e decide di trasferirsi a Strafalcello,baglio trapanese, zona turistica dove il vecchio padre possiede un magazzino. In questo luogo ameno, Ancilù e Fifidda che di professione
fa l'architetto, mettono su un negozietto di prodotti locali "Odori e Sapori".Il capitale iniziale è esiguo,mentre i debiti continuano a crescere,ma nonostante tutto la bedda matre siciliana prende coraggio e si dedica anima e corpo a costruirsi una nuova vita.La felicità sembra di nuovo fare capolino nella vita della mischina diversi mesi dopo la disgrazia:un pomeriggio bel raggio di sole entra nel suo negozio, si chiama Hamed, è alto bruno,ha fame!,lei gli serve il pane cunzato: taglia il pane e pensa a quei muscoli ben torniti,taglia i pomodorini
e pensa a quelle labbra rosse e turgide,affetta il formaggio e pensa a quei denti bianchi,pulisce le sarde vi spruzza origano e pepe nero e pensa all'odore di mare di quel corpo, dipinto fatimida,caduto dalla volta di una cappella palermitana,abbaglia,intriga,conquista!
Alncilluzza e Hamed "si assaggiano": eros e cibo sono il filo conduttore di quest'originale
romanzo da gustare fino in fondo,ma u pastizzu e che Gaetano tornò, vivu era...
di Luigi De Rosa