L'archivio segreto
Letteratura italiana
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Per riconoscersi in una comune identità
Ci sono libri, comunque piacevoli per tutti, il cui punto di riferimento appare immediatamente noto solo a chi ha coltivato le stesse letture. Scatta allora una sorta di riconoscimento empatico, la sensazione di una comune identità. E' il caso de "L'archivio segreto", di Annarosa Mattei, ispirato alla tradizione settecentesca del conte philosophique, di cui sottolinea certi aspetti visionari o più modernamente onirici.
Nella moderna malattia dell'aridità e dell'assenza che fine ha fatto l'amore, o l'entusiasmo, o la passione dell'arte?
La risposta può essere in certe persistenze del passato? può essere nella segreta tessitura dell'universo, fatto forse della stessa materia dei sogni?
Sono domande che caratterizzano in particolare le epoche storiche schiacciate tra vecchio e nuovo, come è appunto la nostra. Ma sono anche domande legittime sempre, labirinti che è inevitabile esplorare...Un libro, questo, che si presenta come un classico dell'oggi, originale, intelligente, stimolante. Da leggere con profitto.
Liliana Cantatore
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l'archivio segreto
L'Archvio segreto è il viaggio alla scoperta di quanto pur essendo sotto i nostri occhi quotidianamente, non cogliamo perchè assolutamente non inclini a metterci in gioco.
La recensione scritta da un grande come Giovanni Bollea unitamente a quella di Maria Vincenza Zongoli, riassumono i motivi per quali amo questo libro, dove le cose più banali non sono solo quello che appaiono. E la nuova dimensione quella che non tutti riescono o vogliono cogliere, l'autrice la narra in rima, quasi un rimando al linguoggio ludico dei tempi passati... quasi a suggerire di riacquistare lo sguardolimpido e puro e dell'infanzia.
La figura del gatto Gregorio, appare splendida e affabulatrice. ....... e se la funzione del gatto Gregorio fosse stata espletata nella narrazione da un io narrante interiore, da una voce dell’inconscio e/o da un amico immaginario oppure ancora da un essere umano tangibile ma senza nome? insomma non riesco a condividere la necessità di distinguere o di individuare scientificamente la natura del gatto. Penso che Gregorio svolga egregiamente il suo ruolo: è memoria storica dei luoghi e di chi li ha abitati, è contraltare onirico all’abitudine di volersi strettamente limitare al tangibile, è la metafora che stimola a non fermarsi alle apparenze. Alla pagina 205, dopo il commento seccato “Siamo in un deposito di spazzatura! E’ qui che mi porti con tanta premura?” gli chiedo seccata sentendomi ingannata.” Gregorio risponde:”vieni con me….. e potrai vedere cose davvero interessanti… non ti pentirai di esserti fidata”.
E poi a pagina 214 Gregorio dice: ” … Il sentiero interrotto e smarrito forse l’hai già ritrovato e il giorno non è del tutto finito…… Ma bada alla mente che inganna e liberati dalla sua condanna. Il cuore è capacedi intendere meglio di un sapiente dottore…. Lasciati andare”
Gregorio è il tramite mediante il quale scoprire che esiste molto di più di quanto la percezione materialisticamente visiva ci mostra.
Insomma che importanza ha stabilire se è un gatto naturalisticamente inteso, se è un gatto demone o se non è né l’uno né l’altro
E allora, alla lettrice scrontrosa della recensione precedente, suggerisco, sempre che ne abbia volgia, di provare a rileggere il romanzo, magari con gli occhi di Gregorio... o anche con cuore più sereno
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sentendosi come Gesù nel tempio<br />
si sa che la gente da' buoni consigli<br />
se non può dare cattivo esempio"... ecco le parole della Signora Padula, sono un pò come i benpensanti di De Andrè. Colgo nella verbosità spigolosa e arrogante quasi un motivo di personale risentimento nei confronti della scrittice; o forse è solo invidia nei confronti di chi, non nega il suo essere "dilettante" ,non ha fatto nulla per nasconderlo, ma - proprio in virtù delle qualità narrative - ha avuto credito. Un editore come Mondadori non sceglie di certo narratori quali quelli descritti dalla livida Olga.<br />
Troppo di tutto ha inserito nella sua recensione, e in senso più generale non esiste mai una così totale e assoluta negatività.
l'archivio segreto, meglio se resta segreto
E' una lettura imbarazzante, come tutte le performan's dei dilettanti. Se é vero che l'autrice é un'esperta di libri, si dimostra che esiste un abisso fra la conoscenza della critica letteraria e la capacità di scrivere un racconto.
In particolare l'impianto narrativo risulta artefatto, faticosamente costruito con trasparente scaltrezza.
Nel primo capitolo, che svolge la "fondamentale"funzione di guida interpretativa per la lettura dell'intero libro, i personaggi, che rappresentano ciascuno un'ideologia, appaiono ridicoli nella loro unidimensionalità. Addirittura patetico il colloquio della protagonista con i due turisti nel teatro di Marcello, il modello é quello dei dialoghi di Platone passando, forse, per Leopardi, cito da pag.141, parla la turista: "Le pietre vive? La memoria delle pietre? Ma che favole sono queste? Allora anche gli spiriti dei trapassati ci vivrebbero dentro? Uh, che paura avrei!Che ne dici tu Luigino? Perchè stai sempre zitto? Ma no, cara lei, son tutte fantasie, favole...chi ci crede al giorno d'oggi alle magie, al soprannaturale? Quel giovane laggiù... lo vede? Sa tutto di questi luoghi. E il nostro libro é attento a ogni dettaglio. Legga anche lei... Non si fa parola di pietre viventi."
La mancanza di autoironia é talmente grande che si commenta da sola.
Vi raccomando evitate accuratamente la lettura di questo testo.