L'anima altrove
Letteratura italiana
Editore
Anna Maria Mori, giornalista e scrittrice, è nata a Pola, ai tempi in cui la città era italiana. Nell’infanzia ha preso la via dell’esodo, trasferendosi a Firenze. Già caporedattore di «Annabella», è stata una dei fondatori e poi inviato speciale di «la Repubblica». Ha anche lavorato per la radio e la tv, realizzando fra l’altro documentari sulla propria terra d’origine. Tra i suoi libri, Bora (con Nelida Milani, Frassinelli, 1999; Premio Rapallo Carige per la donna scrittrice; Premio Alghero per la narrativa femminile; Premio Costantino Pavan di San Donà di Piave) e Nata in Istria (Rizzoli, 2006, Premio Recanati) sono stati bestseller. Nel 2009 le è stato conferito il Premio Internazionale del Giorno del Ricordo, sezione letteratura.
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“L’anima altrove” di Anna Maria Mori - Commento d
Dopo “Bora” (Premio Rapallo Carige per la donna scrittrice e Premio Alghero per la narrativa femminile) e “Nata in Istria” (Premio Recanati), Anna Maria Mori, giornalista nata a Pola e già inviata speciale per “la Repubblica”, torna a raccontare la tragedia dei profughi istriani con il suo ultimo romanzo, “L’anima altrove”. Un libro ricco di riflessioni: sull’uomo, sulla storia (che “avanza diritta senza sfumature e sottigliezze”), sull’importanza dei ricordi.
Nella prefazione, l’autrice traccia il suo percorso di scrittrice: “Bora … racconta l’esodo; e Nata in Istria … spiega … il rapporto tra la geografia nella quale sei nata e la tua identità … L’anima altrove … dopo la storia, la geografia … qui il tema non è più l’esodo, ma l’esilio ”che è “una condizione dell’essere” e “una dimensione dello spirito”.
Condividendo un’espressione di Saramago (“Siamo la memoria che abbiamo, senza memoria non sapremmo chi siamo”), l’autrice proclama l’importanza delle cose, “quelle dalle quali non ti sei mai separato, dalle quali sai che non puoi separarti”: al punto da promuoverle a protagonisti del libro. Insieme a Irene, costretta a rivolgersi alla psicanalisi per curare il proprio disagio.
Le cose parlano, le cose sono la personificazione della vita e della felicità perduta nel dramma degli esuli ben compendiato dall’autrice:
“E dato che la guerra l’avevamo persa, dovevamo pagare … il prezzo della sconfitta e, prima ancora della rovinosa e tragica alleanza con la Germania di Hitler. L’abbiamo pagato, questo prezzo: la cessione dell’Istria alla Iugoslavia di Tito.” “… gli italiani d’Istria. Cinquemila, forse diecimila … uccisi barbaramente dentro le foibe della loro terra, tanto gentile quanto insidiosa. Trecentomila … sono stati costretti ad andarsene, via dalle loro case, dalle loro sicurezze materiali e psicologiche. Quando sono partiti, tanti, quasi tutti, sulla nave Toscana, erano ‘i profughi’. Sparsi nei centonove campi profughi (ndr: chiusi dieci anni dopo, con l’assegnazione delle cosiddette “case minime”: così nasce il “Villaggio degli esuli” di Torino) disseminati lungo lo Stivale, o … ospitati … da qualche lontano parente di buon cuore, tutti … sono rimasti per il resto della loro vita esuli, nel senso che hanno convissuto perennemente con il senso della perdita, con il sentimento insidioso dell’estraneità.”
L’ultima riflessione è per l’attualità: il nostro “tempo delle passioni tristi”, quello nel quale “la violenza economica, qualche volta, non è meno feroce di quella della guerra”, quello che conosce nuovi esuli: quelli che viaggiano su “barconi, qualche volta navi, persino celle frigorifere dentro ai Tir”.
“L’anima altrove” è un libro vibrante, un prezioso documento della storia sublimato nella narrazione romanzata.
Bruno Elpis