Narrativa italiana Romanzi L'amore che dura
 

L'amore che dura L'amore che dura

L'amore che dura

Letteratura italiana

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Non è un appuntamento d’amore, quello che si sono concessi Emma e Carlo. È piuttosto una resa dei conti. A quarant’anni da quando hanno scoperto l’amore insieme, a vent’anni dalla fine del loro matrimonio: quando Carlo è volato a New York a sfidare se stesso ed Emma è rimasta a Roma, a insegnare in una scuola di borgata. Oggi lui è un regista quasi famoso, lei un’idealista fuori dal tempo. Lui ha girato un film che racconta con nostalgia la loro love story adolescente, lei l’ha stroncato su una rivista online. Lui si è offeso, lei è pronta a scusarsi. Ma quella è la colpa minore. L’altra, ben più grave, si è piantata fra loro come una spina. Lui non la immagina neppure, lei vorrebbe confessare ma non sa come. All’appuntamento va in bicicletta, difesa da un gilet di velluto vintage, armata di una borsa a bandoliera che contiene quattro quaderni neri traboccanti di verità. Ma la resa dei conti non avrà luogo. Un incidente la impedisce, o forse la ritarda soltanto. Resta il mistero dell’amore che dura, che resiste, anche se più Carlo ed Emma si allontanano dalla prima giovinezza più aumenta la distanza fra loro. Che cosa continua a tenerli legati dai movimentati anni settanta fino al disincanto del presente? Quella che Emma chiama la chimica dei corpi? O qualcosa di più misterioso e tenace?



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L'amore che dura 2021-10-17 22:05:53 68
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68 Opinione inserita da 68    18 Ottobre, 2021
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Legame assoluto e fragile

Carlo ed Emma, una resa dei conti all’ interno di una relazione che dura da quarant’anni, una lontananza di venti con il rimorso per quello che si è fatto all’ altro, anche se allora era necessario.
Lui l’ha amata, lei anche, ad accompagnarli la vulnerabilità che l’amore inevitabilmente accende, un sentimento che non può scomparire definitivamente, con il quale fare i conti per sempre.
C’è un momento in cui ci si deve spogliare di tutto, accogliere il remoto e il male che ci si è fatti, in cui, maturi e invecchiati, riannodare i fili di un passato che ritorna, anche se ci si domanda il senso di tutto questo.
Anni trascorsi a inseguirsi, lasciarsi, negarsi, per intraprendere strade diverse, cercando di affermare se stessi, quel senso di gratificazione e giustizia che si prende cura degli altri ( Emma e la scuola ), la ricerca di un successo personale che nasconde desiderio e fragilità in un microcosmo artistico che prevede divismo, egocentrismo e applausi. ( Carlo e il cinema ).
Nel mezzo la vita di coppia, il matrimonio, viaggi, carriera, lavoro, la progressiva voglia di un figlio, due realtà contrapposte, il divorzio, un altro matrimonio, una figlia, relazioni fragili, un mondo borghese privilegiato e narcisista, un mondo operaio immerso nel quotidiano, con l’idea di un possibile riscatto, travolti da cotanto amore giovanile, intriso di una bellezza stupefacente, la propria.
E allora che cosa è questa forza seducente, attrazione fatale, unione tra entità convergenti, il respiro della pura bellezza, o semplicemente l’ inafferrabile e inspiegabile non sense che assumono i giorni privati l’ uno dell’altro, giorni pieni inesorabilmente vuoti, giorni investiti nella affannosa ricerca di un senso, di affetti e certezze consolidate, giorni destinati a svanire travolti da cotanto sentimento?
Forse si è trattato di una semplice evidenza negata, assorti nelle proprie certezze, ignorando l’ altro che era parte di se’, e quei desideri si sono rivelati mendaci.
Può un terribile incidente dare una scossa, impotenti di fronte alla morte, improvvisamente privati di un incontro quando finalmente sarebbe stato possibile, adesso che se ne aveva il tempo e la voglia, rimangono dei quaderni in cui riscoprire il passato e i propri sentimenti, le emozioni e la vita dell’altro, un mondo che inevitabilmente è parte di se’.
E c’è un film, espressione del proprio talento, che ritorna all’ infanzia quando tutto ebbe inizio e cerca di tramutare la vita in arte, rendendola eterna.
Nel mentre una giovane donna, ignara di tutto, sconosciuta a se stessi, rispecchia i propri desideri negati ed è il frutto meraviglioso di un amore siffatto.
È un amore che dura, inspiegabilmente, una fiammella riaccesa quando la vita sembrava sfuggire per sempre, e ci si ferma ad ascoltare e a parlare, in silenzio, come si era soliti fare, quando tutto ebbe inizio...
Romanzo sentimentale, psicologico, relazionale, molto femminile, che cerca di scoperchiare e analizzare la fragilità di una coppia apparentemente estinta. Non è il recupero di un passato ormai svanito ne’ il rimpianto per quello che non è stato a focalizzare i protagonisti, ma una attenta analisi di se’ come nuovo inizio. Il dolore di una possibile perdita accresce un senso di vuoto, generando un boomerang di ansia e angoscia, il tempo cambia le cose ma non i sentimenti, quelli veri.

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L'amore che dura 2019-09-13 09:24:31 Natalizia Dagostino
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Natalizia Dagostino Opinione inserita da Natalizia Dagostino    13 Settembre, 2019
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Relazioni attese

Serve la sapiente scrittura di Lidia Ravera che non molla mai chi legge, serve ad alzar la voce, come racconta Emma, la protagonista femminile del romanzo ultimo della Scrittrice con la quale, annualmente, ho appuntamento dall’adolescenza. Esistono amori che finiscono solo per quegli esseri umani che non si interrogano, che non approfittano delle situazioni anche dolorose per avviare un'indagine psicologica. Per se stessi, gli amori durano, anche se non ci si frequenta più. Durano perché quello che io sono diventata ha origine, anche, in quell'amore che combacia.

“La gente ha un cattivo rapporto con la tristezza, la vuole schiacciare sotto il tallone dei buoni propositi come un insetto nocivo, la vuole estirpare come un’erba infestante. Ma io no. Io ci tengo a questa tristezza riparatrice, la custodisco dentro di me, in una teca di vetro resistente alle interferenze esterne. E non permetto a nessuno di manometterla. Non intendo procedere per cancellazioni, io. Preferisco di gran lunga soffrire.”p.235

L’amore dura perché c’è la necessità, prima o poi, nella vita, di riflettere sulle situazioni, diverse, che ci hanno consentito di divenire ciò che siamo. Ci vuole energia. Permettere a se stessi di incontrarsi con le luci della gioia e con le ombre della responsabilità, magari non assunta pienamente quando serviva. Bisogna perdonarsi per non aver capito in tempo, per la fretta, per l’onnipotenza.

Ad un certo punto di vita c’è uno strappo: è quello il momento giusto per recuperare la propria origine e procedere con generosità verso i giorni nuovi. Proteggersi è operazione da grandi. E allora c’è davvero la possibilità di “rivivere… riassaporare” con uno sguardo consapevole. Emma e Carlo si innamorano a 16 anni, nel 1968, al tempo dei primi femminismi. Si sposano a 26, si separano a 36, si rivedono, lasciandosi andare a 46. A 56 anni, dinanzi al rischio di non vedersi mai più, vivono la libertà accogliersi per quello che sono.

“Ma io no, non ero contenta. Non sono contenta. Perché quando la storia che racconti rispecchia la nostra vita di rivoluzionari sedicenni mi sento usata e quando se ne discosta per concedere allo spettatore un po' di sana “action” mi sento defraudata della complessità dei miei ricordi.”p.49

Il tempo non trascorre invano e illumina l’identità dell’amore che è stato, rivelandolo in tutte le sue possibilità. Talvolta, gli amori giovani finiscono perché ciascuno dei due ha bisogno di uscire dalla simbiosi, di apprendere l’indipendenza, di sperimentare l’ebrezza di cadere liberamente senza trovare, sempre, il sostegno. Chi trattiene l’amore, non lo rivela mai pienamente. A tutte le Emma e ad ogni Carlo, l’abbandono serve ad incontrare se stessi e a vedere l’altro per quello che è, nella meraviglia di una fragilità senza magie e senza proiezioni personali.

Nel romanzo, il finale è senz'altro bellissimo e non ne chiederei un altro sottotono. Ma, in fondo, il finale da favola c'è sempre perché se mi vedo, vedo l'altro luminoso. L'amore dura perché gli uomini, come Carlo nel romanzo, talvolta, tornano. Quelli che se ne erano andati davvero, tornano. Carlo decide di capire, oltre l’orgoglio e “l’inconsapevolezza assoluta degli uomini belli, che non hanno bisogno di essere belli. E perciò diventano ogni anno più belli.”p.115

L’autonomia di sé si impara, attraverso le relazioni che innamorano ma che, anche, annoiano, mortificano, tradiscono perché la liberazione, di sé per prima, necessariamente conosce, misura e abbandona le catene che frenano e che impediscono l’evoluzione. E la libertà autentica, acquisita attraverso il dolore e la fatica della conoscenza, è un bene anche per l’altro.

“Come si pesano i pensieri? Quali sono i pensieri pesanti?” “Quando ti senti addosso la responsabilità della felicità degli altri, del loro benessere, quando ti sembra di non aver fatto abbastanza o di aver sbagliato… dacci un taglio. Non rimuginare su quello che è stato, che avrebbe potuto essere o che sarà.”p.354

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