L'altra donna
Letteratura italiana
Editore
Recensione della Redazione QLibri
Autopsia di un amore
Questo romanzo è un tavolo autoptico su cui giace un amore finito da più di dieci anni. Le parole, affilate e taglienti come un bisturi, non esitano ad aprire, spietate e implacabili, ma da quella ferita non sgorga più il sangue caldo della passione, della rabbia, della sofferenza. Quell’amore oramai è un corpo inanimato, da osservare e analizzare, non per riviverne le emozioni o per lasciarsi trasportare dalla nostalgia, ma per rispondere a un bisogno freddo e cerebrale, quello di capire cosa si cela dietro la distruzione di un rapporto, e perché distruggere a volte sia l’unica strada per trovare quel porto tranquillo tanto cercato.
Filo conduttore di questo viaggio introspettivo è l’idea che una coppia non sia una bolla abitata da due persone, ma una costruzione che deve fare i conti con tutti coloro che le rispettive storie si portano dietro. Le passioni brucianti, i trascorsi famigliari, il peso degli errori e delle fughe.
Elena, voce narrante, è una giovane contabile innamorata del suo ex professore di economia, Pietro, di trent’anni più vecchio. Lui ha un matrimonio alle spalle, tre figli ormai adulti, un passato complesso e stratificato, ma ad Elena non importa, è qualcosa di lontano, esterno al bozzolo di felicità che hanno costruito, calzando le maschere di giovani e spensierati sposini. Così quando l’ex-moglie Maria la avvicina con uno stratagemma, Elena percepisce per la prima volta che esiste un’altra prospettiva con cui guardare le cose. Chi è la protagonista e chi l’altra donna? Si può davvero costruire senza sapere la storia di quel matrimonio andato in pezzi, senza guardare in faccia le ragioni di quel fallimento, senza fare i conti con i non-detti? Conoscere significa però attraversare una barriera da cui non si torna più indietro, perché nella verità si nascondono debolezze, illusioni, paure, ed è difficile conviverci e accettarle. Ma indispensabile, perché per salvarsi bisogna prima assolvere, gli altri e se stessi.
“Era scesa tra noi l’illusione che tutto si potesse rifare sempre da capo, senza tracce di quello che era accaduto, come fossimo lavagne pronte a essere cancellate, riscritte, cancellate di nuovo”.
Cristina Comencini dà vita a uno scritto psicologico, introspettivo, riflessivo, in cui si percepisce l’urgenza di volere capire, addentrandosi nelle pieghe di stati d’animo e sensazioni, senza sconti e senza abbellimenti. Ottima la capacità dell'autrice di scavare negli angoli bui della famiglia e dell’animo umano, mettendo in scena un confronto femminile e generazionale che molto ha da comunicare. Lo stile asciutto, incalzante e aspro diventa un elemento cardine della narrazione, invogliando a proseguire nonostante una trama scarna, sfumata, che rimane quasi in secondo piano. Una lettura che costringe a riflettere e meditare, da cui mi sarei però aspettata maggiore intensità e trasporto emotivo e che mi ha invece lasciato la sensazione di una potenza inespressa e di un fuoco spento, di cui ho percepito solo qualche scintilla.
“Siamo una catena di storie d’amore, una dentro l’altra, e i fallimenti appartengono a tutti. Ero figlia di una serie di donne che venivano prima di me, come lui lo era degli uomini. Non ci si salva da soli”.
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L'altra donna sei tu
"Ora sapevo che non ci si salva da soli, che siamo una catena di storie d'amore, una dentro l'altra, e che i fallimenti appartengono a tutti."
No, non è "l'altra donna" nell'accezione comune che siamo abituati ad attribuire a questo termine, non è la storia di un tradimento, né quella di una donna che si interpone in una coppia, sfasciandola, semmai il contrario... è lui ad essere in mezzo a due donne, a fare da spartiacque tra due generazioni, due modi di essere, di vivere e di amare.
Due donne molto lontane, per età, vissuto, obiettivi, personalità, ma che hanno in comune l'amore per un uomo, in momenti diversi.
Una vive libera e leggera nella spensieratezza dei suoi pochi anni, l'altra è rimasta intrappolata nel suo passato... e per uscirne, ha dovuto coinvolgere lei, l'altra, la nuova donna, e far crollare il suo castello di carta.
La Comencini riesce, in un abile gioco di specchi, a parlarci di confronti generazionali, della rivalità femminile che non è necessariamente negativa, del passato che non ci lascia mai, neanche quando pensiamo di averlo sepolto per bene.
Perché siamo sempre il prodotto di chi è venuto prima di noi.
Ci portiamo dietro quello che abbiamo vissuto, le persone che abbiamo incontrato, amato, le madri a cui non volevamo assomigliare (quasi sempre fallendo), i padri diversi da come ce li aspettavamo, i figli che avremmo voluto crescere liberi e forti e che, invece, abbiamo reso fragili e insicuri.
Le battaglie combattute in nome di una libertà che poi non si è stati in grado di vivere, perché per liberarci davvero abbiamo bisogno, prima di tutto, di assolvere chi ci ha preceduto e scrollarci di dosso le colpe che non ci appartengono.
L'altra donna non esiste, l'altra donna sei tu.
Oh come sa scavare bene la Comencini, scende giù in profondità, illumina gli angoli più bui, esplora diverse prospettive e mette a nudo l'anima con la sua scrittura affilata, mai banale.
Un bel viaggio nell'introspezione femminile.
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Chi è l'altra?
Cristina Comencini è scrittrice, regista e drammaturga. Ora torna in libreria con L’altra donna. Un romanzo al femminile che tuttavia non mi ha convinto per nulla.
Racconta la storia di Elena. Ha un amore, Pietro, sembra un amore come tanti, ma non lo è. Lui è molto più vecchio di lei, ha già avuto una moglie, Maria, e tre figli. Lei non vuole figli, vuole solo lui, vive per lui. Ma Pietro va e viene, lei neppure sa dove va, qual è stata la sua vita prima di lei. Lei si illude di essere la migliore, quella che sa e capisce, la libertà totale e l’amore vero e vissuto. Ma è davvero così? Mentre Elena si crogiola in una quotidianità che è solo apparente, Maria con un falso profilo la contatta. Sembrano confidenze tra due donne, si raccontano ognuna il proprio uomo. Solo che l’uomo è uno solo, per una quando era giovane, per l’altra di trent’anni più vecchio, con differenze e similitudini…. E allora:
“Se un’altra donna ti dice qualcosa sull’uomo che ami, deve farsi attraversare dallo stesso dolore che provi tu, non può restarne fuori o argomentare con distacco. Da un uomo è accettabile, da una donna no, perché è un’altra te stessa.”
Si apre, così facendo, una finestra sui sentimenti che è
“un gioco di specchi che racconta guerre silenziose, feroci confronti generazionali e improvvisi gesti di dolcezza. Perché anche nel peggiore dei sabotaggi, in fondo, si può nascondere la chiave per salvarsi.”
Con una lingua tagliente ed affilata, Cristina Comencini racconta una storia di donne, di chi è “l’altra”, confine labile e finissimo, cui si finisce ben presto di perdere il filo. Un romanzo piatto, poco sentito, a tratti ingannevole, che non porta da nessuna parte. L’uomo è sullo sfondo, ma lui è capace di sentire e di amare. Non esiste che nella lotta tra le due, ma è una presenza ai margini. E’ una catena fallimentare che non trasmette al lettore che angoscia e sgomento. Mi aspettavo una lucida ed impietosa analisi dei sentimenti, magari con una vittoria eclatante dell’amore. Nulla di tutto questo. Solo un vicendevole sabotaggio, piatto ed ostico. Unica salvezza: il linguaggio raffinato ed elegante.
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Potenziale inespresso
«Voglio scrivere di quello che abbiamo scoperto insieme, e credo che vi interesserà, perché siamo tutti nella tempesta, alla ricerca di un porto tranquillo. Bisogna però prima distruggere la cattedrale che abbiamo eretto intorno all’amore. Poi forse si potrà ricostruirla, una chiesa di dimensioni più contenute, sulla porta un cartello: lavori in corso.»
C’è un amore nel nostro vivere che per quanto possa giungere al termine nel suo decorso mai davvero ci abbandona restando al nostro fianco, sedimentandosi nel nostro cuore e animo anche a distanza di anni e anni dal suo esaurirsi. Ed è questo sentimento, è questa storia che giunge al suo termine, l’oggetto della narrazione di “L’altra donna”, ultimo lavoro di Cristina Comencini ed edito da Einaudi. Come viene narrato questo amore? Viene narrato per voce di Elena, al tempo dei fatti una giovane contabile innamorata del suo ex professore di economia, Pietro, di trent’anni più vecchio, con figli ed ex moglie al seguito. Ed è proprio quest’ultima a irrompere nella sua vita con uno stratagemma; una falsa identità su Facebook, confessioni e conversazioni che si perpetrano per un anno sino quando, Maria, l’ex moglie, in arte Sara, si palesa alla nostra protagonista mostrandole un’altra faccia della verità. Perché se Elena aveva creduto a un amore puro e semplice, aveva scelto di non darsi pensiero o cercare spiegazioni di quel passato e di quella vita precedente dell’uomo che aveva al suo fianco, Maria, cattura la sua attenzione e le chiede se davvero si può conoscere anche senza sapere, anche senza voler sapere di un’altra vita. È l’altra donna a irrompere con questo pensiero che permea l’intero romanzo.
L’opera ultima della Comencini è ambientata a circa una decina d’anni dalla relazione, osserva con distacco, mette a confronto le due donne, scava nel profondo e ci dona un romanzo introspettivo e capace di far riflettere per cercare quelle risposte alle tante domande, per capire. Tuttavia, per quanto gli intenti siano ravvisabili nei risultati, la lettura sembra non decollare mai, a tratti è lenta e farraginosa come se stesse arrovellandosi su se stessa, chiede di essere sospesa e ripresa a piccole dosi e con intervalli con altri libri, manca di quell’intensità e di quell’emozione capace di trasportare che ci si attende da uno scritto di questa tipologia. La sensazione è quella di un componimento che non è riuscito a esprimersi completamente nel suo potenziale e nel suo essere essendo invece rimasto in una fase acerba, immatura, inespressa.
In ogni caso, una storia non per tutti. Un titolo molto particolare, con un suo messaggio ma che può respingere il lettore che non ama questo filone di storie.
«Dopo una distruzione, si ha nostalgia del tempo passato, sembra perfetto e felice, si cerca di rimetterlo in piedi, sembra possibile ma non lo è, bisogna andare avanti verso l’ignoto.»
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- sì
- no
Donne a confronto
Una scrittura, come sempre, rivolta all’ interiorità, a una profondità psicologica e relazionale molto femminile, la ricostruzione di un microcosmo sentimentale, un uomo condiviso da due donne in periodi diversi, il bisogno di capire il passato, una relazione virtuale nata sotto pseudonimo, lettere, conversazioni, intrecci a rievocare la propria storia.
Al centro una noiosa borghesia autoreferenziale sgretolata nell’oggi da cambiamenti sociali e culturali, da una neo dimensione personale, di ruoli e situazioni, da una fragilità esposta senza la necessità di essere mantenuta.
Maria, ex moglie e pittrice, Elena, ex studentessa di economia, c’è chi guarda l’opposto con gli occhi dell’ex marito e vorrebbe conoscere l’ altra per sentirsi più libera e chi vuole scrivere di quello che hanno scoperto insieme, della loro amicizia, di uno scambio epistolare durato un anno ricordando episodi di vita vissuta.
Un legame forse voluto da altri, una relazione accresciuta da confidenza e curiosità, il desiderio di essere ascoltate nella propria dimensione più vera, scoperchiando ogni fragilità.
Lui, Piero, è un professore universitario, uno di cui parlare senza saperlo, un uomo che avrebbe fatto soffrire la moglie e vissuto una storia d’amore con una ragazza di trent’anni più giovane, e chi ha incontrato un uomo dopo una vita vissuta con ‘un’altra sa che l’altra continua a esserci ed è impossibile liberarsene.
E allora che cosa si racconta e a chi ci si rivolge se non a se’ stesse, trascinando l’ esito di amori che ci appartengono e continuando a riviverne i fallimenti?
Un matrimonio, tre figli, dopo tanti anni Piero desiderava riavere la ragazza di un tempo e Maria che lui partecipasse allegramente al meraviglioso mondo famigliare da lei creato, per contro Elena continua a interrogarsi sui motivi di una scelta, sul proprio ruolo, con l’idea che si discuta di lei per parlare di loro.
Il passato incombe, un padre che ha celato la propria identità , una moglie che ha sottratto i figli a un segreto per preservarli e preservarsi, un figlio ( Francesco ) che non si è mai sentito amato, concepito nel pieno di una crisi matrimoniale, con problemi relazionali e di autostima, perché i figli respirano e assorbono l’aria di casa.
Piero ha pensato alla carriera, in fuga tra le braccia di altre donne, Maria ha sempre lavorato e si è occupata di tutto, rancorosa, Elena continua a cercare una strada che non sia la riproduzione di una affettività paterna negata.
Tutti fuggono da qualcosa e finiscono con il ripetere i comportamenti genitoriali, ciascuno è l’esito di svariate storie d’ amore e non si salva da solo, i fallimenti appartengono a tutti.
Elena è figlia di varie donne nate prima di lei, Piero di vari uomini e del suo matrimonio con Maria. Memorie, condizionamenti, gioie, errori, un amore nato da una fuga, storie che si sono pericolosamente toccate scoperchiando la fragilità della propria.
Oggi è ancora possibile liberarsene riuscendo a convivere o si è destinati alla fuga, a una ricerca protratta, al desiderio di un cambiamento futuro?
Il microcosmo borghese della Comencini ci accompagna in stanze affollate da ombre famigliari ( tante ), piccole trame per tornare all’origine, a dolori inespressi, a momenti di gioie inevase in un presente che insegue e fugge da un passato spesso celato, una reiterata seduta psicanalitica che ancora ricerca la propria essenza.
Vite a metà, per lo più indirizzate al fallimento ( relazionale ), generazioni a confronto in una resa dei conti che sconfessa bugie pregresse quando ormai pare troppo tardi, i tempi sono cambiati, passato presente e futuro nascondono insidie e fragilità diverse, la possibilità di rinascere, come sempre, insegue il riconoscimento, l’accettazione, il perdono, l’espiazione e il raggiungimento della giusta dimensione di se’.