Narrativa italiana Romanzi L'albero delle conchiglie
 

L'albero delle conchiglie L'albero delle conchiglie

L'albero delle conchiglie

Letteratura italiana

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Con questo racconto Donato Altomare ci ammannisce un intreccio fantastico, rielaborando, con parecchie aggiunte personali, il plot di una leggenda marinara fiorita a Molfetta sulla cosiddetta Scogliera delle Monacelle e che non sarebbe certo dispiaciuta a Jack La Bolina (Angelo Vittorio Vecchj), il dimenticato autore di Leggende di mare e altre scritture (1921).



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L'albero delle conchiglie 2008-03-18 01:22:04 Renzo Montagnoli
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Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    18 Marzo, 2008
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Un albero magico

Le leggende, frutto di secoli di trasmissioni per lo più orali, mi hanno sempre interessato, perché, anche se spesso non hanno nemmeno un fondo di verità, però rappresentano la cultura letteraria popolare di zone ben determinate.

Donato Altomare, prendendo spunto da una leggenda marinara fiorita a Molfetta sulla Scogliera delle Monacelle, ha costruito, con la consueta abilità che gli è propria, un avvincente romanzo fantastico.

Eppure è rimasto fedele a certi aspetti che danno una credibilità alla vicenda, sia ambientandola in un’epoca di scorrerie saracene, sia mantenendo fede agli elementi tipici di quel tempo, e quindi senza incorrere in errori, sovente grossolani, che finiscono con il disorientare il lettore.

Di questo suo minuzioso lavoro di ricerca storica Altomare ci parla, a romanzo terminato, nelle ultime pagine, una sorta di resoconto di ciò che è stato necessario per la stesura dell’opera.

Quindi, pur nello sviluppo fantastico, restano fermi dei punti ben consolidati e che con la loro realtà costituiscono le fondamenta dell’intera struttura.

Non sto a raccontarvi la storia, ben articolata, con dei personaggi che destano una naturale simpatia, per non togliervi il piacere di leggerla.

Alle prime pagine ho avuto l’impressione di trovarmi fra le mani una fiaba, ma poi le caratteristiche favolistiche sono progressivamente venute meno, per dar spazio a una fantasia che non può lasciare indifferenti tutti i lettori, dai ragazzini a quelli meno giovani come me.

Infatti l’abilità nel descrivere certe scene, soprattutto quelle di battaglia, fa sì che l’intero percorso narrativo si snodi figurativamente come in una pellicola cinematografica, con una tensione e un mistero legati non solo al mostro (la Malombra d’Acqua), ma anche ai protagonisti.

La fine, come si conviene, è quel che ci si aspetta, ma una volta tanto fa piacere pensare che due giovani possano vivere felici e contenti, nonostante le miserie e gli orrori del mondo che li circonda.

E’ un messaggio di speranza, per loro, ma anche, soprattutto, per noi.

Concludo raccomandandone la lettura.

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