Io sono la bestia
Letteratura italiana
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La bestia che è in noi
«Non lo sanno, loro, non lo sanno cosa sono le cose dolorose. E li guarda, tutti, tutti in quella sala. Tutta quella gente, in quella sala, a cosa pensa? Pensa al da farsi? Pensa a come poter aiutare Mimì? Pensa a come poter aiutare la famiglia di Mimì? A cosa pensa, quella gente, a quanto sia tremendo essere lì, in quella sala, tutti insieme, ammassati in un dolore? Che poi dolore non è. Mimì ci pensa, non è per tutti dolore. Nemmeno per lui, no, non è dolore. È un’altra cosa.»
Il suo nome è Mimì ed è folle di dolore perché il figlio adolescente Michele ha brutalmente interrotto la sua vita buttandosi dal settimo piano di quel palazzo avuto in dote al momento del matrimonio con quella moglie che persiste a puzzare di cipolla esattamente come il giorno in cui l’ha conosciuta. Perché Michele amava Nicole, perché Michele aveva scritto delle poesie per la coetanea, perché quest’ultima aveva riso sguaiatamente. E quel riso è costato una vita, o almeno così sembra. Perché il gesto di Michele è così inaspettato, così duro da richiedere un’analisi più profonda, così duro da richiedere una motivazione concreta. Ma ha anche bisogno di un capro espiatorio e quel capro non può che essere la quindicenne. E Mimì che è il boss della Sacra vuole vendetta. Il passo è breve. La reclusione della vittima/carnefice nella casa sperduta nella campagna salentina con Veli, l’uomo che amava Arianna, l’altra figlia del capoclan, adesso a sua volta reclusa nelle stanze di quell’appartamento scenario di una morte inattesa e di una nuova realtà fatta di silenzi e racconti e pensieri con e su Emanuele interrotti esclusivamente da una madre arrabbiata e preda di molteplici dolori, è conseguenza certa.
«E vorrei pure dirti di non avere paura. Vorrei dirti che andrà tutto bene, che tutta questa cosa sarà solamente un ricordo di quelli brutti. Che tornerai a scuola e durante le assemblee di classe tutti ti chiederanno di raccontare quella storia di quando sei stata prigioniera della Sacra. Che un giorno, da qualche parte, in qualche tempo, saremo ubriachi e canteremo di nuovo i Nirvana. Che crescerai, e tanti uomini ti diranno che sei bellissima. Vorrei dirti che andrà così. Promettertelo.
“Ma non puoi”.
“Ma non posso”.
[…] Non ne posso più di questo allontanarmi da me. Di questo sterile e vuoto pensarmi addosso. Di questo seguirmi e tracciarmi in un minimo gesto con la paura di perdere pezzi di me. Di questo sentirmi ombra di un me stesso che ormai non conta più niente.
Non ne posso più. Di me stesso.
Non ne posso più.»
Ma chi è la bestia? Cos’è la bestia? Come può prendere il sopravvento sulla ragione, come può radicarsi nel cuore e nella mente, come può trovare sedimentazione in un terreno tanto arido quanto fertile? Come può trarre forza e linfa dal silenzio, dal dolore, dallo sconforto che un qualsiasi evento traumatico può determinare?
“Io sono la bestia” è un viaggio introspettivo nell’animo umano. Un viaggio tra luci e ombre, un viaggio dove l’oscurità appare con quel sangue sporco che è sinonimo di crudeltà e orrore, di spietatezza, di uomini che diventano bestie in una terra riarsa, brulla, arida. Una terra fatta di non possibilità e dove ogni tentativo di rinascita è precluso.
Al contempo, a questa storia dai ritmi serrati e le atmosfere gotiche, si somma una prosa incisiva, che sa essere poetica e che sa essere durissima. Uno stile narrativo inconfondibile che già dal suo esordio dimostra tante potenzialità. Un romanzo corale che semplicemente arriva, che suscita domande, che chiede di essere ascoltato e che chiede delle risposte a quegli interrogativi inevitabili.
«Vorrebbe rispondere che non le importa. Che questo non lo rende un padre buono. Che il male che ha fatto con certe parole resta e resterà. Che ormai c’è un vuoto, in quelle loro vite: non si riempie, quel vuoto, perché è il vuoto delle cose morte. Vorrebbe urlare a suo padre che non solo Michele è morto: sono morti tutti, in quella casa. Sono morti e non torneranno.»