Io non ho paura
Letteratura italiana
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emozioni presenti solo nei libri
“Io Non Ho Paura” di Niccolò Ammaniti, pubblicato nel 2001 dalla casa editrice Einaudi, è un romanzo struggente ed emozionante :uno di quei romanzi che ti lasciano il segno, indimenticabile. Fa parte della narrativa Italiana ed è persino riuscito a diventare uno dei classici della letteratura in quasi dieci anni. È ambientato in un piccolo paese del sud dell’Italia, il protagonista, che racconta la storia in prima persona, è Michele Amitrano, un bambino di nove anni. La storia comincia parlando di un semplice gruppetto di amici: Salvatore, il cosiddetto “Teschio”, Barbara e la sorellina Maria. Loro erano abituati ad andare a fare spedizioni intorno alla cittadinella di Acqua Traverse ma non si sarebbero mai aspettati di scoprire un segreto così stravolgente da cambiare la vita e la concezione di essa di uno di loro, Michele. Se devo essere sincera a scoprire questo segreto fu solo lui ma, entrando nelle sue vesti, mi immagino quanto sia stato terrificante vivere da solo con questo peso sulle spalle. Durante la lettura, ma anche durante il resto della giornata quando i pensieri finivano verso altri orizzonti, mi sentivo quel bambino: tormentato dalla paura di essere scoperto, costantemente in dubbio se parlarne; mi immaginavo come dovesse vivere lui, a soli nove anni, con questa sensazione che gli attanagliava lo stomaco. Questo segreto era una vita, aveva sulle spalle la vita di un bambino della sua stessa età.
“-Le cose sono di chi le trova per primo- aveva detto il Teschio. Se era così, il bambino in fondo al buco era mio”. Devo dire che appena letta questa affermazione rimasi scioccata, infastidita dal fatto che, secondo me, un segreto a tal portata dovesse essere custodito da più persone ma, adesso, sono contenta di questa decisione.
Il romanzo ti porta a schierarti dalla parte di alcuni personaggi, facendoti domandare: di chi si deve aver realmente paura?, e inoltre, riesce a farti calare all’interno della storia vivendo momenti di tensione, di gioia e di rabbia insieme ai personaggi. Il finale mi ha lasciata molto smarrita, ricca di domande, però riflettendoci si può immaginare quanto accada dopo.
È scritto con un linguaggio crudo, senza sottointesi, con frasi brevi e semplici, che trasmettono immediatamente le emozioni. I pochi personaggi del racconto sono stati ben descritti e ciò mi è piaciuto molto perché grazie a questo abbiamo potuto giudicare noi stessi da che parte schierarci e sapere di chi dubitare. Devo dire che ormai mi ero affezionata ai personaggi, a tal punto da rattristarmi alla fine dell’ultima pagina.
Un’altra citazione molto bella è “-Piantala con questi mostri, Michele. I mostri non esistono. I fantasmi, i lupi mannari, le streghe sono fesserie inventate per mettere paura ai creduloni come te. Devi aver paura degli uomini, non dei mostri- , mi aveva detto papà un giorno che gli avevo chiesto se i mostri potevano respirare sott’acqua”, adesso, rileggendola e riflettendo dal punto di vista di una credulona come lui, penso di aver inteso i veri dubbi che voleva far sorgere l’autore, ovvero: se bisogna avere più paura dei mostri o degli uomini.
Per fare un breve accenno all’autobiografia dell’autore inizio dicendo che Ammaniti ha cinquantaquattro anni e nella sua carriera da scrittore ha vinto molteplici premi piuttosto importanti: per questo romanzo vinse il Premio Viareggio Narrativa. Non c’è molto da sapere su di lui, basta conoscere i molti romanzi che ha scritto, per esempio: Che la festa cominci, Anna, Io e te, ti prendo e Ti porto via, Come Dio comanda …
Finisco parlando anche del film dedicato a questo romanzo: non sono riuscita a vederlo ma ho sentito da fonti esterne che il finale è diverso e quindi ripeto la classica affermazione che tutti i lettori abitualmente dicono “è meglio il libro del film!”
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Che ne sai tu di un campo di grano...
È ormai lontano il tempo della prima edizione di questo romanzo (2001) così come è, di conseguenza , già datato anche l’omonimo film di Salvatores, vincitore nel 2004 del David di Donatello , eppure mi sento di dire che è un prodotto letterario che ha lasciato il segno: non si è trattato di una meteora nel firmamento delle celebrità passeggere ma, è evidente, ha colto il segno.
Ancora oggi risulta richiesto dal mercato e viene continuamente ristampato, circola nelle scuole e funge da viatico per il passaggio a letture più mature. Soprattutto quando si è a digiuno. Viene letto da persone di tutte le età e molti ne serbano un buon ricordo. Ai ragazzi piace, cattura la vicenda, catalizza la suspense, attrae il linguaggio pulp, mimetico e necessario a rappresentare la miseria di un immaginario paese della Puglia, incastonato in bionde colline ricche di grano e circondato dai terribili anfratti delle più tetre gravine.
Un pugno di case, una strada, Acqua Traverse. Una banda di bambini, adulti allo sbando, il sapore della povertà, quella dove si insinua il malcostume, il guadagno facile, la moda, anche quella, dell’ignobile stagione dei rapimenti. È il 1978. La vittima è Filippo, un bambino del nord che viene catapultato in un buco del sud, lì gettato, in attesa del riscatto. Vittima con lui è Michele che lo scopre casualmente e cerca di capire le ragioni della sua presenza, indagando l’oscuro mondo degli adulti, i veri mostri da temere che detronizzano in un colpo solo tutte le ataviche paure di un bambino di nove anni. È la storia di un legame profondo, non cercato, capitato, che permette però di far luce su tutti gli altri legami, quelli consolidati, quelli creduti certi e indiscutibili. È anche indirettamente il ritratto dell’Italia e dei suoi storici divari. Un piccolo romanzo di formazione consigliato a tutti, soprattutto ai giovanissimi.
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Devi avere paura degli uomini, non dei mostri
Estate del 1978 in un piccolo paese di campagna del sud Italia. Mentre i grandi stanno chiusi in casa per via del caldo torrido che pervade la cittadina, i ragazzi passano le loro giornate tra giochi all’aria aperta e corse in bicicletta in mezzo ai campi di grano. Un giorno Michele, protagonista e narratore della storia, arrivato ultimo in una corsa di biciclette, deve affrontare la penitenza di passare da parte a parte una casa abbandonata. Qui però trova un buco nel terreno, apparentemente vuoto. Tuttavia scoperchiando il buco scoprirà un segreto destinato a cambiare profondamente la sua vita e che lo porterà a domandarsi se bisogna avere più paura dei mostri o degli uomini.
Capolavoro e romanzo più famoso di Niccolò Ammaniti, il quale è stato in grado di tenermi con gli occhi incollati alle pagine fino alla fine. La storia è raccontata in maniera lineare, non vi sono salti avanti o indietro nel tempo e tutti i passaggi chiave del racconto sono chiari. Il narratore, da come si evince attraverso qualche frase, racconta la storia dal futuro, quasi come se fosse un ricordo che sta condividendo con i lettori. Il racconto non manca di momenti di tensione che mi hanno fatto calare perfettamente all’interno della storia al punto da sperare per il meglio insieme ai protagonisti. Il finale scelto può lasciare il lettore con alcune domande che gli aleggiano nella testa, tuttavia si può immaginare quanto accada successivamente alle ultime righe.
Per la stesura del racconto è stato adottato uno stile molto semplice, con frasi il più delle volte corte e non complesse. La storia è raccontata con un linguaggio molto duro, crudo e pregno di turpiloquio che a tratti potrebbe urtare la sensibilità di qualche lettore. I personaggi del racconto non sono molti e a mio parere sono stati ben delineati dallo scrittore; ogni frase pronunciata, ogni atteggiamento assunto ha il suo perché all’interno del romanzo, anche se potrebbe non risultare chiaro fin da subito. Nel corso del racconto vi è anche una rivoluzione comportamentale da parte di alcuni personaggi: chi si riteneva fosse amico presto si scoprirà non esserlo.
Mi sento di consigliare fortemente questa lettura dal momento che è scritta in maniera semplice ed è molto leggera da affrontare. Sicuramente leggerò altre storie di questo autore che con questo romanzo mi ha appassionato facendomi sentire parte della storia e portandomi a schierarmi dalla parte di alcuni personaggi e a domandarmi: di chi si deve avere realmente paura?
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Il volto familiare del male
“ «Piantala con questi mostri, Michele. I mostri non esistono. I fantasmi, i lupi mannari, le streghe sono fesserie inventate per mettere paura ai creduloni come te. Devi avere paura degli uomini, non dei mostri», mi aveva detto papà un giorno che gli avevo chiesto se i mostri potevano respirare sott'acqua.”
Michele è un bambino di nove anni, vive in una minuscola frazione composta da quattro case, da qualche parte nel Sud Italia. Siamo nel 1978. In quella torrida estate, fra corse in bicicletta fra i campi di grano, giochi fra coetanei e penitenze da scontare, Michele si renderà conto, attraverso il suo personale vissuto, che i mostri, come se li era immaginati nella sua mente di bambino, non esistono, ma ci sono esseri peggiori purtroppo: gli uomini.
Il nostro protagonista è puro come solo i bambini possono essere e, alla luce di questo, riesce ad opporsi alla malvagità. Nonostante il male non sia lontano, confuso ed inafferrabile: il male è vicinissimo, concreto, ha il volto delle persone familiari, anche di quelle più importanti e più amate. Si può in questa condizione trovare il coraggio di schierarsi con il più debole, di scegliere il bene? Ammaniti riesce a metterci tutto questo davanti in modo realistico e naturale ma facendoci nello stesso tempo intuire con ogni parola la portata sconvolgente di una situazione del genere.
E' un meccanismo potenzialmente esplosivo ma funziona benissimo perché vissuto e narrato attraverso la voce, gli occhi e la coscienza di un bambino: l'unico che poteva incarnare il protagonista-eroe di quest'opera.
Un romanzo di formazione particolare, estremamente attuale, scritto con uno stile essenziale e allo stesso tempo coinvolgente, che, secondo me, può essere definito come un piccolo capolavoro letterario.
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Il coraggio di Michele
Struggente, appassionante e commovente questi sono i tre aggettivi per descrivere il famoso libro di Ammaniti, dal quale nel 2003 Gabriele Salvatores ha tratto il film omonimo. La storia è ambientata in una calda estate del sud nel 1978 tra le case sperdute nel grano e le campagne abbandonate. Il contrasto tra la luce abbagliante del giorno che accompagna le varie escursioni dei ragazzi e il buio della notte, è presente in tutto il romanzo. Protagonisti della storia sono sei bambini: Teschio, il capobranco forte ed intimidatorio cerca sempre di sfidare i compagni, Salvatore il figlio dell’avvocato, Remo e Barbara, una bambina molto in carne (motivo per cui perde sempre le sfide). Michele e Maria Amitrano, tra i sei, sono quelli che avranno un ruolo chiave nel romanzo, in particolare il primo. Difatti, un giorno salvando Barbara dalla penitenza egli si arrampica sui muri di una casa e fa una scoperta che non si aspettava. Nella casa abbandonata scopre per caso una lastra di lamiera ed incuriosito la solleva e trova una fossa. All’interno di essa vede scorgere un piede che esce da una coperta. All’inizio, Michele si spaventa e non realizza bene ciò che ha appena visto ma successivamente andrà regolarmente in quella casa e farà la conoscenza di un bambino della sua età di nome Filippo Carducci. Tra di loro nascerà un’amicizia un pò a senso unico, in quanto Michele cercherà di sfamare Filippo e capire da dove proviene ma quest’ultimo appare confuso e disorientato. Il ritorno del padre di Michele, l’arrivo del suo amico Sergio e l’annuncio al telegiornale di una madre disperata faranno luce sulla scoperta effettuata da Michele. Un segreto che cambierà la vita di tutti per sempre.
Attraverso un linguaggio chiaro e un’attenta cura delle parole, Ammaniti racconta un fatto di cronaca nera che ha come ambientazione il Sud Italia. Tramite le fantasie di un bambino si descrive il suo stesso coraggio nell’affrontare qualcosa che è più grande di lui, insinuandosi nella tragedia di cui gli uomini di Acqua Traverse sono protagonisti. L’autore alterna il mondo dei bambini con i loro giochi, con i loro dubbi e il mondo degli adulti, fatto di incomprensioni, di mancanza di denaro e disparità. Un romanzo rivolto alla scoperta di sé stessi attraverso il rischio più estremo per fare la cosa giusta. La figura di Michele rappresenta il bambino-eroe che si ribella alle ingiustizie pur di fare il bene, scava fino in fondo per comprendere la verità. Da una parte è come tutti i bambini desidera avere le stesse possibilità degli altri ma dall’altra parte la sua tenacia, il suo coraggio lo portano a distinguersi. Io non ho paura è un’espressione struggente che prende significato nel momento in cui Michele abbandona il suo mondo fatto di giochi, di avventure, di magia per lottare contro i mostri del tempo.
Il finale appare alquanto struggente padre e figlio, faccia a faccia: lo sparo, lo stupore, la disperazione e la risoluzione. Questa è una storia che una volta letta non può essere più scordata, ti si insinua sotto la pelle e porta il lettore ad un’analisi della situazione non solo di ieri ma di oggi.
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L'insostenibile segreto di Michele
"Piantala con questi mostri, Michele. I mostri non esistono. I fantasmi, i lupi mannari, le streghe sono fesserie inventate per mettere paura ai creduloni, come te. Devi avere paura degli uomini, non dei mostri."
Ci sono delle cose che i bambini durante la loro infanzia hanno, implacabili, dentro di loro che inevitabilmente vanno via esaurendosi man mano che la maturità e il loro essere 'uomini' li cambiano nella loro totalità.
Uno di questi bambini è Michele, un bambino di nove anni che sente la naturale necessità, assieme ai suoi compagni di avventura, di sperimentare, di conoscere, di esplorare i territori delle campagne del paesino del sud Italia dove vive. A causa di una penitenza durante un gioco, verrà a conoscenza della realtà che un coetaneo deve affrontare.
È un segreto talmente tragico che Michele si pentirà di aver scoperto. Sarà l'audacia a trascinare Michele in una situazione del tutto insostenibile, e a fargli capire, anche se troppo tardi, quanto le parole del padre siano state vere.
Il libro è commovente, anche se a tratti straziante, ma anche pieno di purezza e innocenza, tipicamente infantile.
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I bambini che non possono essere bambini
"-Le cose sono di chi le trova per primo- aveva detto il Teschio.
Se era così, il bambino in fondo al buco era mio."
Sicilia, 1978. Anzi, Acqua Traverse, soldi, 1978. Sì, perchè è questo il motore del romanzo di Michele Avetrano, di questo ragazzino che prima di metà romanzo si dimostra capace di un coraggio di cui ben poco adulti saprebbero parlare, un coraggio di cui, invece, Ammaniti ci porta a essere fieri testimoni. Alla fine, diventiamo genitori, fratelli sia di Michele che del piccolo Filippo, così fragile e annientato dall'avidità degli adulti. Sì, perchè in questo romanzo i cattivi sono gli adulti. Anzi, i genitori.
Non dirò di più per non creare spoiler, ma chi non l'ha ancora letto non si aspetti colpi di scena assurdi o un padrino con i denti d'oro che compare al secondo capitolo. Ammaniti va oltre, porta il lettore a sentire ogni scena come naturale seguito della precedente, creando però un romanzo da togliere il fiato, dall'inizio alla fine.
Lo stile è meraviglioso, i piccoli "errori" grammaticali (ovviamente voluti) fanno sembrare davvero che a scrivere sia un ragazzino siciliano la cui lingua è una fusione tra italiano e siciliano, come tutti i bambini cresciuti in paese.
Penso sia uno dei romanzi che ho letto in meno tempo. Non puoi smettere di leggerlo, DEVI sapere cosa succede poi, se Michele vincerà finalmente la gara con la Scassona, perchè proprio Filippo, perchè la famiglia di Michele è costretta a questa oscenità.
Da leggere.
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Devi avere paura degli uomini, non dei mostri
"Io non ho paura" di Niccolò Ammaniti è stato il primo "vero" romanzo che ricordo di aver letto.
In seconda media, la mia cara professoressa di italiano invitò tutta la classe ad un taglio con le letture targate "Il Battello a Vapore" tipiche degli anni delle scuole elementari, per favorire un approccio più adulto alla letteratura. Contemporaneamente iniziammo una sorta di cineforum, di cui ho ricordi vividi e teneri. Leggevamo libri, guardavamo un film alla settimana durante le lezioni pomeridiane, cui seguivano dibattiti in classe e recensioni scritte.
All'epoca il romanzo di Ammaniti, complice la versione cinematografica di un grande regista come Gabriele Salvatores, era un titolo molto conosciuto ed è per questo che in quegli anni la professoressa di italiano ci fece leggere il libro e successivamente vedere il film.
La storia è ambientata nel 1978 ad Acqua Traverse, un piccolo paese del Sud Italia.
Michele Amitrano, nove anni, trascorre una tranquilla e spensierata estate con i suoi amici e la sorella. I campi di grano, le corse in bicicletta, le prove di coraggio, gli scherzi ai vicini. Fino a quando un giorno Michele, obbligato a scontare una delle tante penitenze tipiche dei giochi dei bambini, entra in una casa abbandonata e scopre un buco nel terreno.
La curiosità lo spinge ad affacciarsi per vedere cosa si nasconda nella fossa.
Lo attende un'immagine che cambierà il corso di quell'estate e della sua infanzia. Un lenzuolo sporco, dal quale spunta un piccolo piede.
Personalmente considero questo romanzo di Ammaniti un piccolo gioiello letterario. L’autore romano racconta con efficacia la storia di un bambino che scopre per la prima volta non soltanto l'esistenza del male ma soprattutto la sua vicinanza.
E riesce a farlo immergendosi nella mente di Michele. Un bambino che affronta una vicenda più grande di lui. Impaurito e allo stesso tempo curioso. Le stesse sensazioni che prova quando di notte legge, nascosto sotto al lenzuolo, storie di mostri e fantasmi. E contemporaneamente si innesca nel lettore un meccanismo di difesa nei confronti del protagonista. Vorremmo proteggerlo, evitandogli di sperimentare la perdita dell’innocenza.
È un romanzo crudo e adulto nelle tematiche affrontate. Ma il tutto, filtrato dal punto di vista di Michele, assomiglia a tratti ad una fiaba. Una di quelle tante fiabe che, lette da bambino in versione edulcorata, narrano di fate e personaggi positivi volti ad un sottinteso intento formativo e didascalico. Ma che, se analizzate nella loro versione ottocentesca ed originaria, contengono spesso un lato oscuro, macabro e violento.
"Piantala con questi mostri, Michele. I mostri non esistono. I fantasmi, i lupi mannari, le streghe sono fesserie inventate per mettere paura ai creduloni come te. Devi avere paura degli uomini, non dei mostri".
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Acronimo
In una casa abbandonata, Michele scopre e conosce l’
Orrore della segregazione di un altro bimbo come lui.
Nella campagna di un Sud immaginario (Acqua Traverse) vi è un
Ostaggio da riscattare: Filippo, terrorizzato, denutrito e
Nascosto dai rapitori. Tra i due bimbi nasce l’amicizia.
Hanno in comune la paura e il disgusto per le azioni
Orrende degli adulti. In un tragico addio all’età dei giochi.
Potrà sopravvivere, Michele,
A un’esperienza tanto atroce, nella quale conosce
Un mondo crudele che coinvolge anche i genitori? Ci
Regala una storia intensa, di sensibilità infantile, un
Ammaniti in stato di grazia. Assolutamente da leggere.
Bruno Elpis
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il migliore Ammaniti
Questo libro non contiene una parola di troppo e rende tutto il candore e la purezza dei protagonisti.
E' una storia schematica e limpida che ha il tocco leggero di una favola. Da non perdere. Lo preferisco agli ultimi Ammaniti un po' troppo pulp per i miei gusti . In questo libro di esagerato o di superfluo non c'è proprio niente. E anche la storia è molto bella.