Io e te
Letteratura italiana
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Due
Questo romanzo breve, e anche datato, la sua prima edizione risale, infatti, giusto a dieci anni or sono, è a mio parere, l’opera migliore di Niccolò Ammaniti, o almeno quello che meglio caratterizza l’arte dello scrittore romano.
In verità, per essere precisi, credo che il suo cult sia “Ti prendo e ti porto via”, più esaustivo, di cui questo “Io e te” è una versione ridotta, diciamo così.
Ambedue questi libri che ho citato sono la summa che lo contraddistingue, nell'indole narrativa e nella preferenza tematica, che lo definisce bene, per stile di scrittura, secca, decisa, precisa.
Il suo modo di scrivere, suo, originale, è mirabilmente descrittivo, di luoghi, ambienti e personaggi, ma non tanto in sé e per sé.
Non è, infatti, Ammaniti uomo da visione ampliata, finanche quando ci parla di campagne assolate, non svaria, bensì si esprime meglio, con efficacia, tramite i dettagli.
Così indugiando nei particolari, solo quelli essenziali, restituisce all'immaginario del lettore un quadro d’insieme, e questo suo modo di scrivere ne mostra, in sintesi, limiti e grandezza del suo iter di scrittore.
Personalmente, ritengo, infatti, Ammaniti non un bravo scrittore, ma un grandissimo scrittore; e però, per un verso o per l’altro, non riesce mai ad estrinsecare completamente ed esaurientemente tutte le sue potenzialità, che sono notevoli. E lo restano comunque.
Può apparire strano, dopotutto ha al suo attivo ben altri titoli, a cominciare dal suo testo d’esordio, il dissacrante e originalissimo “Branchie”, per poi passare per il cupo e cinico “Fango”, per giungere al notissimo “Io non ho paura”, quello che gli diede immediata popolarità tra il pubblico, anche grazie alla fortuna del film omonimo.
Senza dimenticare “Come Dio comanda”, vincitore del premio letterario che lo ha consacrato definitivamente come scrittore, per giungere al suo ultimo, controverso e discusso “Anna”.
Eppure Ammaniti mi lascia sempre un che d’incompiuto, di sospeso, a ogni sua lettura.
Intendiamoci, piace, ti prende e diciamocelo, ti porta via per davvero; e però vorresti sapere anche qualcosa in più sulla destinazione finale.
Ti lascia come se…avesse troncato all'improvviso, quando mancava giusto un ultimo step per un’eccelsa simbiosi tra lettore e scrittore.
In “Io e te” Ammaniti non parla di luoghi e persone, anzi, potremmo dire che scrive un breve testo da cui letteralmente traspare claustrofobia.
Nemmeno i protagonisti sono personaggi agli antipodi, come talora ha scritto altrove, tutt'altro, è come se descrivesse la stessa persona, la stessa solitudine estrema che alberga, in apparenza, in due.
Sono un “io e te” che non si fanno due per farsi forza, una sola è l’entità che li contraddistingue.
Niccolò Ammaniti è come se si ponesse a fianco di uno specchio, di profilo, rileva due immagini riflesse, descrive uno e uno che sono due perché non si sovrappongono, ma in realtà è lo specchio che è difettoso, perché deformante.
Lo scrittore si cimenta non con il racconto di due persone, s’immerge invece nell'età più difficile e delicata dell’umana esistenza, quella della prima adolescenza.
Età particolare per chiunque, anni in cui vieni dalle medie, e non sei ancora ragazzo di liceo pieno, tempi in cui l’insofferenza verso i primi affetti, quelli parentali, si stanno ormai sbriciolando con facilità. Non sono più sufficienti i genitori, i fratelli, la famiglia in senso stretto a riempire la tua sensibilità affettiva, ma nemmeno hai testa, modo, e anima per cercare le giuste alternative al di fuori di quell'ambito, che ti appare ormai liso, vuoto, inutile, finanche ossessivo, opprimente, fastidioso.
Succede un po’ a noi tutti: giunge l’età in cui ci affacciamo alla vita di fuori, non ne possiamo più di mamma che ci sta addosso o papà che manco si accorge che esistiamo, e allora desideriamo altro.
Desideriamo amici ma amici veri, intimi, intrinseci; non compagni di giochi, ma traghettatori, compagni con cui condividere le emozioni esterne, e senza sapere bene come o perché nei particolari, cerchiamo…l’etica dell’esistenza.
L’altro. Il genere diverso. Il solo capace di indurci al narcisismo per apparire.
Per arrivarci, a questa nuova maturità affettiva ed esistenziale, servono gli amici, quelli nostri, quelli fidati. E se non riesci a procurarteli…soffri.
Questa è la storia del quattordicenne Lorenzo, che per questa sua difficoltà a intrecciare l’indispensabile empatia con i suoi coetanei, la sola che garantisce una sana crescita emozionale, soffre.
Sta male, si ammala, al punto da sviluppare un disturbo narcisistico di personalità.
Una vera e propria paura di essere. E cosa si fa quando si ha paura?
Si finge, si mente, e ci si da alla fuga, si scappa.
Letteralmente, con una scusa, Lorenzo si allontana da casa, ma non fa molta strada; si barrica in cantina, munito di viveri e munizioni, libri di Stephen King e playstation nello specifico.
Si rifugia in quel luogo per trascorrere di nascosto un po’ di tempo da solo, anzi non da solo, ma in compagnia della sua solitudine, fingendo con tutti una sua presunta normalità, quella cioè di avere amici con cui si è allontanato per trascorrere una settimana bianca sulla neve.
Sennonché, per tutt'altri motivi, nello stesso microcosmo, nella stessa cantina, si rifugerà Olivia, la sua sorellastra, di qualche anno più grande.
Olivia non è che la versione più matura di Lorenzo, di altro genere, ma il tipo di persona, distruggente e distruttiva verso se stessa, che Lorenzo rischia seriamente di divenire.
Attraverso un testo tutto dialogato, con linguaggio diretto e informale, “io e te” si ritrovano dapprima a scontrarsi, e poi a confrontarsi su svariate tematiche, come quello delle dipendenze dalle droghe, l’accettazione di sé, l’omologazione nel gruppo, la famiglia, gli amici, gli amori sbagliati, in estrema sintesi sull'adolescenza, ed i problemi che essa comporta quando ci arrivi impreparato, senza il necessario supporto affettivo, senza gli strumenti giusti per crescere in modo sano, equilibrato, armonico.
Attraversare l’adolescenza senza una preventiva preparazione, equivale a lanciarsi in acqua sapendo qualche nozione di nuoto, ma senza conoscere correnti e profondità. Si rischia, come sempre quando si è soli.
Sono “io e te”, sono ciascuno con la propria solitudine, solitudine che altro non è che un disperato bisogno di amore, quello non ricevuto.
Quando due solitudini s’incontrano, però, non è che si sommano, ne fanno una più grande, no. Accade che una si riversi completamente nell'altra, lasciando a chi ne resta privo, spazio per un’empatia futura, quindi speranza per il futuro.
Questo è quanto accade nelle struggenti righe finali, dico righe e non paragrafi, qui Ammaniti dà chiaramente il meglio di sé, indicandoci che se un vincitore c’è, è chi ha realizzato la sua crescita.
E chi no.
Così, qui e ora, Niccolò Ammaniti mostra tutto il suo talento.
Lasciando il lettore coinvolto ed emozionato, tanto e bene.
Però chi scrive desidererebbe anche altro, ecco, ancora un po’. Sarebbe l’apoteosi.
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In soffitta o in cantina?
Romanzo breve, anche troppo, veloce tanto da sembrare incompiuto; blando e sbiadito, un’idea in nuce, non sviluppata abbastanza. Non so quali siano stati i motivi che hanno dirottato questo scritto, ma tale appare , quasi un mezzo aborto.
Un adolescente problematico, forse solo irrisolto e in cerca di se stesso, risente a tal punto delle proiezioni materne e dei patemi paterni da trovarsi ingabbiato in una grande fandonia che, nata quasi inconsapevolmente, lo obbliga ad una scelta drastica: rinchiudersi nella cantina della propria casa per una settimana al fine di giustificare l’assenza per un viaggio con ipotetici amici che non lo hanno mai invitato anche perché non lo vedono nemmeno.
L’isolamento forzato è spesso interrotto dalle telefonate della madre che vuole accertarsi che tutto vada bene e dalla riapparizione inaspettata della sorella, figlia di primo matrimonio del padre, una tossicodipendente che lo costringere a una forzata resa dei conti con se stesso e con gli altri.
Ritratti psicologici appena abbozzati, una certa prevedibilità degli eventi, una prosa piana finiscono col facilitare una lettura veloce, di poche ore, che si spegne come un fuoco d’artificio acceso il tempo giusto per vedere il triste tramonto di se stesso senza toccare cielo.
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- sì
- no
no: se si esige spessore
Mi fai una promessa?
Lorenzo ha 14 anni. È un adolescente introverso, socialmente disadattato.
Spesso viene insultato dai compagni di scuola, nonostante finga di comportarsi come loro per essere accettato. O forse per passare inosservato.
Un giorno, sentendo una sua compagna parlare con tre ragazzi a proposito dell’imminente settimana bianca, inventa a sua madre di essere stato invitato per una vacanza a Cortina d’Ampezzo.
La madre, euforica per la notizia e per il sollievo che il figlio abbia finalmente degli amici, non immagina che Lorenzo abbia inventato tutto per starsene chiuso nella cantina di casa per una settimana, immerso nella sua amata solitudine tra musica, fumetti e videogiochi.
Solitudine che durerà fino a quando la sorellastra Olivia, ventitreenne altrettanto problematica e tormentata, lo scopre e in cambio del silenzio riceve ospitalità da Lorenzo.
“Io e te” parla di adolescenze difficili, di tossicodipendenza, di famiglie che non riescono a seguire con costanza e attenzione i propri figli.
Argomenti attuali e sempre più trattati nella letteratura e nel cinema, e per questo non facili da affrontare con originalità.
Ammaniti invece tratteggia ottimamente la psicologia di due personaggi complessi, che si ritrovano senza volerlo a dover rinunciare alla solitudine che tanto avevano sperato di trovare nella cantina. La cantina, il sotterraneo, il buco nel terreno (“Io non ho paura”). Un tema, quello del rifugio, che ricorre in quasi tutte le opere dell’autore romano.
E a tal proposito è curioso che dal romanzo sia stata tratta, nel 2012, una versione cinematografica da parte di un regista, il grande Bernardo Bertolucci tornato dietro alla macchina da presa dopo 9 anni di assenza dalle scene, che spesso ha dimostrato un’analoga affinità verso i luoghi chiusi (gli appartamenti di “Ultimo tango a Parigi”, “The Dreamers”). Tane in cui immergersi al riparo da tutto e da tutti. Prigioni solitarie, con l’unica compagnia dei propri conflitti interiori. Ma anche purgatori da cui tentare la risalita verso il mondo esterno.
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UN LIBRO VELOCE
Ho scelto questo libro senza troppe pretese dalla mia libreria, più che altro perchè avevo assolutamente bisogno di un libro piccolo e veloce da leggere per un fine settimana sotto l'ombrellone. Bhe... in un giorno lo si legge senz'altro ma, sebbene è un libro davvero con poche pagine, non mi è dispiaciuto poi così tanto e ci ho trovato un suo significato. E' anche vero che non mi è piaciuto subito, forse perchè sono abituata a libri avventurosi e pieni di colpi di scena. In questo libro invece si parla più che altro di problemi adolescenziali, problemi alle volte poco capibili dai grandi, altri invece sono problemi che si tramutano in guai seri se non vengono curati. Questo è un classico esempio di come una persona può cambiare solo perchè non si guarda bene dentro e cerca in tutti i modi di scappare davanti alle verità e alle altre persone, sentirsi in trappola e non sapere come scappare. Lorenzo, il portagonista, si rifugia nel suo mondo, fatto solo per lui, non vuole altre persone con sè e sta bene da solo. Anche se forse questa non è la verità, è solo ciò che pensa lui, forse perchè non capito e non voluto nella compagnia. Ma quando sua sorella cerca conforto e aiuto da lui, capisce che forse è ora di aiutare qualcuno che non sia solo la sua persona, capisce quanto può essere importante avere qualcuno al proprio fianco, anche se solo per parlare o per un semplice sorriso. Ma non possiamo comunque cambiare le persone... Non posso gridare al capolavoro, ma devo dire che mi ha commosso in alcune pagine.
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Io e te di Niccolò Ammaniti
E’ un breve racconto in prima persona di un adolescente borghese un po’ problematico, che si rifugia nella propria cantina per una settimana intera, fingendo di essere in settimana bianca a casa di una compagna di liceo. Lorenzo ha grande difficoltà ad essere “accolto nel gruppo” (come molti adolescenti), per cui cerca di SEMBRARE agli occhi degli altri ciò che non è, e che forse non sarà mai. Cerca di assomigliare loro, vestendosi nello stesso modo e copiando i loro atteggiamenti, ma in fondo sa di essere completamente diverso dal branco. Per questo cerca questo rifugio, che diventa il simbolo di un mondo a parte, costruito su misura per lui. Un mondo intimo, raccolto e tranquillo, almeno finché non fa il suo ingresso la – ancora più problematica – sorellastra Olivia, che stravolge l’equilibrio che Lorenzo aveva costruito. All’inizio la rifiuta (come rifiuta ogni rapporto con chiunque non sia uno dei propri genitori o la nonna); poi, pian piano, inizia a farsi strada una sorta di fratellanza dove la creatura più debole (Lorenzo) si trova a dover aiutare e proteggere quella, in teoria, più forte (la sorella ventitreenne) e in questo protendersi verso l’altro, a mio avviso sta la chiave della sua salvezza. Non voglio continuare il racconto, per non rivelare la fine, ma è un romanzo che mi è piaciuto e del quale consiglio la lettura.
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Due universi, due solitudini.
E’ un breve romanzo e pertanto sotto certi aspetti presenta delle lacune poiché proprio la sua concitazione non consente di sviluppare pienamente la storia lasciando al lettore dubbi e perplessità. La sensazione una volta conclusa la lettura è che da un lato il romanzo abbia “spiccato il volo” proprio sul finale e dall’altro che manchi quel qualcosa che rende la lettura esaustiva. Al tempo stesso questa sua brevità rappresenta anche il suo punto di forza poiché le pagine scorrono rapide, l’autore non si perde in dettagli e fronzoli inutili e in una giornata a dire tanto il romanzo si conclude, lasciando in eredità al lettore il messaggio che Ammaniti desiderava trasmettere. Significato che si mantiene indelebile anche a distanza di tempo.
E’ una lettura meno impegnativa rispetto a quelle a cui è abituato chi ha letto i romanzi di Ammaniti, la trama è solida e protagonista è la solitudine di due anime non poi così diverse. Nonostante la costruzione sia inferiore rispetto ad opere quali “Come Dio Comanda” e via dicendo, il romanzo non va sottovalutato in quanto apre le porte a numerosi spunti di riflessione toccando tematiche varie e attuali.
Un estratto:
“Era finita. Basta. A me questa fine sembrava buona. E poi, io odiavo le fini. Nelle fini le cose si devono sempre, nel bene e nel male, mettere a posto. A me piaceva raccontare gli scontri tra alieni e terrestri senza una ragione, di viaggi spaziali alla ricerca del nulla. E mi piacevano gli animali selvatici che vivevano senza un perché, senza sapere di morire. Mi faceva impazzire, quando vedevo un film, che papà e mamma stessero sempre a discutere sulla fine, come se la storia fosse tutta lì e il resto non contasse nulla. E allora, nella vita vera, anche lì, solo la fine è importante? La vita di nonna Laura non contava nulla e solo la sua morte in quella brutta clinica era importante?”
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tre metri sotto terra
Io e te [EINAUDI 2010] è un po’ come quelle pillole che usano gli astronauti nello spazio per mangiare. Portano via poco spazio e tempo, non riempiono la pancia ma sono piene di sostanza che non si sente ma che è necessaria al metabolismo.
Il libro si “apre” una volta finito di leggerlo. Non so come spiegarlo ma avete in mente quei piccoli cubi con cui si giocava da bambini che avevano un bottone su di un lato e, una volta schiacciato, si aprivano mostrando dentro un mare di colori? Non mi dite che me lo sono sognato…. comunque lo vedo così questo libro! Infatti, a mio avviso, tutte le realtà toccate da Ammaniti, alla fine, sembrano avere una “funzione” che è aldilà del loro “posto” nel romanzo:
la mimetizzazione sociale, il perbenismo, la cantina buia, l’abbandono, la droga, i guardiani, il conformismo, il pregiudizio… potrebbero essere capitoli di un trattato di neuropsichiatria infantile ma qui, nella potenza della realtà, vengono dipanati nella loro forma più chiara e disinvolta attraverso una storia che lascia il segno e anche se, in alcuni passaggi la voglia di prenderlo, chiuderlo e dimenticarlo c’è vince la convinzione di trovare un finaleche, anche se non è a sorpresa, apre, e non chiude, il libro.
Qui ci vorrebbe una digressione proprio sulla funzione sociale di questo[i] libri… ma non è il momento!
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Rimane impresso!
Questo mini-romanzo è un ottimo esempio di come possa esistere una storia dai contenuti veramente buoni e al tempo stesso immediata, senza fronzoli, quasi disadorna, ma capace di coinvolgere più di altri romanzi dalle mille sfaccettature che si sperticano in descrizioni minuziose e caratterizzazioni psicologiche da manuale. E' un romanzo lampo, rapido come una freccia... e proprio come una freccia riesce a fare breccia nel lettore. L'autore riesce a ricreare ambienti e personaggi con poche ma efficaci parole, fornisce analisi caratteriali accurate senza sforzo, la storia presente nel libro risulta talmente vivida da riuscire ad immaginarsela alla perfezione, come assistere alle scene di un film! E' il primo libro di Ammaniti che leggo e devo dire che, nonostante l'estrema brevità, per la quale so che ci sono state parecchie critiche (del tipo che l'autore non si è minimamente sforzato, che tanto è già famoso e gli pubblicherebbero qualsiasi cosa, ecc.. ecc...) a me è piaciuto tanto, mi ha tenuta impegnata per una sola serata, ma mi è rimasto impresso come difficilmente accade. Poi il finale... vabbè... è proprio come una freccia al cuore: provare per credere!
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Svelato l'arcano
Porco il porco! Chiedo umilmente perdono ma no. Non mi è piaciuto neanche un po'. E mi ha annoiato a morte. Ma senza ombra di dubbio il problema sono io, figuriamoci se è colpa di Ammaniti. Santo cielo, no. Non è colpa sua. Lo venero peggio della mia collezione di streghe. Sarei disposta a massaggiargli i piedi tutte le sere anche se soffrisse di sudorazione eccessiva piedesca (e mica solo Shakespeare può inventare termini). Scriverei sotto dettatura con l'orecchio sinistro ogni suo singolo pensiero anche nelle notti di luna piena. Gli spolvererei i mobili usando come straccio la mia amatissima felpa di Gargamella. Non mangerei più nutella per avere un suo autografo (beh, qui ho esagerato un po'). Insomma, avete capito. Quindi, in poche parole, è tutta colpa della lasagna, dell'arrosto, e delle vagonate di cibo che ho ingerito in queste feste. Per questo non sono riuscita a digerire il libro, perché avevo già lo stomaco indisposto.
Ommmiodddiooooo. Stavo per inviare la recensione quando ho capito.
Non l'ha scritto lui!
E' un caso di omonimia.
E il vero Ammaniti ancora non ha smentito perché probabilmente ha acquistato un pacchetto "all inclusive" per Venere (con escursioni su Marte, Giove e compagnia bella) essendosi visto accreditare una cifra a millemila zeri sul conto corrente.
E' così. Lo so.
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ricordi d'infanzia...
avevo dimenticato alcuni episodi della mia infanzia, che hanno contribuito alla formazione del mio carattere di oggi, ma grazie a questo libro sono riaffiorati... sono tornati chiari e oggi posso riesaminarli e riassaporarli! un libro scritto bene, che racchiude molti problemi adolescenziali, di autostima e di quanto è difficile farsi accettare da tutti...!!!