Impossibile
Letteratura italiana
Editore
Recensione della Redazione QLibri
Impossibile o possibile?
«Penso ancora oggi che l’arbitro sia lo scopo e la funzione dello Stato, permettere ai partecipanti uno svolgimento secondo le regole. È ingenuo da parte mia, le vedo bene le disuguaglianze. Ma continuo ad essere un tifoso dell’arbitro. Per più di mezza vita ho studiato la legge per praticare la giustizia nella forma più vicina all’esattezza. Non è arido il Codice se cerca l’equilibrio dei pesi sopra i piatti della bilancia. Considero il mio lavoro un dovere civile. Ho per la giustizia la devozione che altri esprimono attraverso la fede.»
Impossibile che lei non abbia commesso il reato. Impossibile che io sia accusato del delitto. Due uomini, un magistrato istruttore, un ex compagno, un uomo che durante una scalata in montagna, avvistata una persona precipitare, chiama i soccorsi. Ma perché allora, il funzionario, è così sicuro della sua colpevolezza? Perché sostiene a così gran voce che in verità la caduta non è stata accidentale bensì premeditata? Perché è convinto che sia stato proprio il fermato a spingerlo giù dalla Cengia? Forse perché i due si conoscevano? Forse perché il deceduto quarant’anni prima si era reso colpevole di tradimento denunciando quelli che erano suoi alleati diventando collaboratore di giustizia? Ma a quale scopo? Per quale ragione?
«Chi ha commesso un tradimento ha tradito anche se stesso. Per quanto si convinca di avere fatto la cosa necessaria, ha strappato una parte di sé, dalla sua gioventù. So di un efficiente traditore che accompagnava i carabinieri nei luoghi dove potevano arrestare i suoi compagni, perché erano per lui le persone migliori che aveva conosciuto. Sapeva che sarebbero stati torturati, ma pure tradendoli, continuava a stimarli.»
Una faccenda, quella narrata, che riguarda il detenuto e l’istruttore che rappresenta lo Stato. Un duello tra presente e passato, tra individualità e senso di collettività, di solidarietà, tra valori di un tempo e valori di un altro, tra uomini che hanno vissuto un periodo storico e altri che ne hanno appreso i colori e le sfumature sulla carta, sui verbali. A far da sfondo la montagna, che è anche movente con la sua immobilità, con la sua impossibilità. Un interrogatorio, quello che ha luogo, che non risparmia colpi, che non ha remore, che passa dalla natura alla letteratura citando addirittura Leonardo Sciascia concentrandosi nel periodo in cui quest’ultimo ricoprì il ruolo di parlamentare ed evidenziando come moralità umana e legalità talvolta possano non trovarsi sullo stesso piano.
«Può darsi. Opposto invece è sottolineare la propria presenza, il desiderio ossessivo di lasciare traccia, immagine, espressione. Voler aggiungere il proprio nome all’elenco delle celebrità, così innumerevole da coincidere con l’anonimato. L’ossessione di farsi dichiarare notevole dagli altri non mi riguarda. Sono stato di una generazione che ha agito in nome collettivo perciò considero insignificanti le individualità, le personalità.»
Con “Impossibile” Erri de Luca offre al suo pubblico un romanzo intelligente, di facile lettura ma non di contenuto irrisorio, anzi. Al suo interno, tra lo scontro verbale che prende campo tra i due protagonisti, vengono affrontate molteplici tematiche della nostra società, della sua evoluzione, di quel che è diventata. Già dall’impostazione grafica – viene utilizzato il carattere che soventemente è di uso per la stesura dei verbali in tribunale e non solo – l’opera conquista e lascia il segno. Nel suo scorrimento il lettore più attento viene invitato ad interrogarsi su questioni di grande attualità che dimostrano e confermano la particolare attenzione politica e sociale di uno scrittore non indifferente al nostro quotidiano.
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Un giallo non convenzionale
La ricerca della verità è il colpevole in questo libro. Non si riesce a trovarla perché la verità ha mille aspetti, e, si rischia di condannare più per convinzione che per accertata colpevolezza.
Fin da subito si intuisce che il magistrato durante gli interrogatori è incline a prestare attenzione a ciò che crede piuttosto che cercare di capire. È tutto proteso a trovare un cedimento, una contraddizione nelle risposte del sospettato, per confermare la sua tesi di colpevolezza, accecato dalla sua stessa volontà senza dubitare di se, per lui, l'accusato ha deciso di vendicarsi, uccidendo il suo sodale, che lo ha tradito ai tempi delle ribellioni ideologiche ai danni dello Stato subendo la carcerazione per diversi anni.
Un impossibile giallo dove i colpi di scena sono i pensieri espressi nelle risposte del protagonista durante l'interrogatorio con il magistrato molto più giovane, e legato ancora ad una certa rigidità e chiusura mentale tipica di chi non ha mai maturato un pensiero personale e autentico, affidandosi a quelli degli illustri personaggi come fanno i bambini che ubbidiscono prima alla mamma, poi agli insegnanti, al datore di lavoro ecc. senza mai elaborarli veramente e accettarli o rifiutarli dopo una profonda valutazione. Anche la ferma coerenza ai valori in cui l'accusato crede risulta incomprensibile e ormai superata agli occhi dell'inquirente il quale non riesce a cogliere fino in fondo i consigli invitanti a fare esperienze dirette magari recandosi sul posto dove è avvenuto il presunto delitto e avvicinarsi così allo spirito che muove l'interrogato perché solo l'esperienza diretta aiuta a comprendere e chiarire.
Ma sebbene il magistrato si sforzi è continuamente tradito dal suo ignorato difetto iniziale di metodo non messo in discussione nonostante le argomentazione e gli indizi celati nelle frasi.
Il finale, "coerente" con i dialoghi precedenti è celato tra le righe.
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Lotta senza vincitori =
Meno pittore del solito, piú indagatore e giallista. Nessun finale, solo una chiusura processuale. Tra l’inizio e la fine, due incontri non voluti e, forse, non cercati: con il passato fatto di fratellanza spezzata, con il presente che diventa occasione di condivisione di un sentire, che, pur con mezzi diversi, tende allo stesso fine di giustizia. Per il primo é la fraternità, per il secondo é la lotta, leale si, ma lotta. Il primo é un “criminale politico”, il secondo é un magistrato. Ruoli, apparentemente sovvertiti. É una storia che restituisce una resa: da una società nella quale non ci si riconosce e che ti fa ritornare alla natura, madre dell’impossibile; da una logica, che si snoda su ipotesi senza riuscire a formulare una tesi. Un libro amaro sunto di conflitti impossibili da risolvere.
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Un indagato e un magistrato
Erri De Luca
Impossibile
Molto particolare questo testo, con una parte in cui c'è un processo e un magistrato che cerca di incastrare un indagato, un'altra parte in cui un carcerato scrive lettere alla sua amata. Tutto si collega ed il minimo comune denominatore di questo testo è la coscienza pulita , l'essere coerente con se stessi e rispettare il proprio passato, pagando se necessario errori commessi, allo stesso tempo rispettando chi ci circonda. Concludo estrapolando un passaggio che mi ha colpito dove l'autore elogia la figura dell'arbitro
«Penso ancora oggi che l’arbitro sia lo scopo e la funzione dello Stato, permettere ai partecipanti uno svolgimento secondo le regole. È ingenuo da parte mia, le vedo bene le disuguaglianze. Ma continuo ad essere un tifoso dell’arbitro. Per più di mezza vita ho studiato la legge per praticare la giustizia nella forma più vicina all’esattezza. Non è arido il Codice se cerca l’equilibrio dei pesi sopra i piatti della bilancia. Considero il mio lavoro un dovere civile. Ho per la giustizia la devozione che altri esprimono attraverso la fede.»
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L'interrogatorio
“Conosce la leggenda di Teseo nel labirinto? Per la mia indagine non conta arrivare al Minotauro, ma risolvere i passaggi del percorso. Il Minotauro è alla fine una formalità.”
Da una parte del tavolo c’è un magistrato inquirente che sostiene l’accusa come elaborasse un teorema di geometria: la tesi è già assodata, c’è solo da dimostrarla. E la tesi è che la fatale caduta di un uomo dal passo della Cengia, in alta montagna, non sia un incidente ma un omicidio. Questo perché dall’altra parte del tavolo, ad essere sottoposto a interrogatorio, c’è un anziano signore che, quel giorno, era proprio su quel passo, a distanza di poco cammino dal morto.
“La pena serve a pagare il debito e pareggiare i conti con lo Stato, ma voi volete fare i creditori a vita. Irriducibili siete voi che continuate oltre le sbarre a esigere sconfessioni delle nostre vite.”
Il reato è evidente perché ottimo è il movente: morto e (presunto) assassino sono stati giovani insieme, hanno militato entrambi in un movimento rivoluzionario di sinistra, e, alla resa dei conti con lo Stato, il primo ha assunto il ruolo di delatore, mentre il secondo ha scontato la galera al pari di tutti gli altri compagni traditi.
La convinzione del magistrato è netta: come si può altrimenti spiegare che due nemici si trovino contemporaneamente nello stesso punto semidimenticato dal mondo e irto di pericoli? Semplice coincidenza? “Impossibile”.
L’ultimo libro di Erri De Luca è incentrato su una sfida tra due uomini. La posizione iniziale è di parità: il privato cittadino subisce la perdita della libertà (la custodia cautelare lo costringe in cella); l’uomo dello Stato non può reperire le prove che dimostrano il delitto (il teatro dei fatti pare non consentirlo). Eppure, mentre l’uno sembra non soffrire l’isolamento, l’altro si dimostra sicuro di poter arrivare alla confessione dell’omicidio.
Un romanzo breve che potrebbe essere un soggetto teatrale, svolgendosi per intero in due ambienti chiusi: la stanza dove il magistrato interroga l’indagato e la cella dove quest’ultimo scrive alla donna che ama, raccontandole tra l’altro l’evoluzione della vicenda preprocessuale. Il quarto ed ultimo personaggio è l’avvocato d’ufficio che la procedura assegna al sospettato, e che lo stesso deliberatamente ignora o rinnega.
Una vicenda scarna, in fin dei conti, che dà modo al suo autore di fissare l’attenzione sulla contrapposizione tra due uomini e ciò che ciascuno di essi rappresenta, nonostante le ripetute divagazioni (che a volte appaiono troppo fini a se stesse).
Alla fine, non uno dei migliori lavori di Erri De Luca ma comunque un libro da leggere. Con una certa attenzione a taluni particolari, sì da scongiurare l’idea che il finale, per come scritto, non voglia dare soddisfazione sui fatti realmente accaduti su quel passo di montagna.