Il vento soffia dove vuole
Letteratura italiana
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La fiamma dell'amore.
E' la storia di Chiara, che, tramite tre lettere, alle due figlie ed al marito, ripercorre la sua vita, narrandone vicissitudini liete ed amare, dall'infanzia alla maturità, e inducendo il lettore a riflettere su legami familiari apparentemente solidi ma sempre esposti ai capricciosi soffi del vento, che "fugge dove vuole".
Lei, Chiara, è una sessantenne di nobili origini, biologa con antenati famosi, agnostica non battezzata, lui, Davide, il marito di umili origini, pediatra per vocazione, un montanaro refrattario alle contese tra baronie ospedaliere, tutto dedito alla cura disinteressata di bambini poveri e fragili. Le figlie sono due, più diverse non potrebbero essere. Alisha, adottata, di origini indiane, solare, introspettiva, ansiosa di conoscere le proprie origini, e Ginevra, la figlia naturale, più pratica e socievole, concepita inaspettatamente proprio alla vigilia della partenza per Calcutta per portare a casa la piccola Alisha.
Nelle tre lettere Chiara, approfittando di una prolungata assenza dei familiari in gita, mette a nudo la sua anima e la sua vita, un viaggio senza sconti sul proprio passato, alla scoperta di sè stessa, e, forse, di quello che poteva essere e non è stato.
Ad Alisha confida la propria disperazione quando si accorge di essere incinta di Ginevra: vuole rinunciare al viaggio in India, diventa intrattabile, finché, passando alcune notti nella stanza preparata per la bimba adottata, si rasserena, convincendosi di poter idealmente "partorire" anche la piccola indiana. Piccola che, crescendo, vuole sapere le sue origini e che, grazie alla luminosità del suo carattere, accetterà senza ripensamenti.
Nella lettera a Ginevra Chiara aprirà il suo cuore senza tentennamenti. Sapremo della sua famiglia di ricchi latifondisti ferraresi, della vita nel collegio di Poggio Imperiale, della sua espulsione per ribellione, della laurea in biologia, dell'incontro con Davide pediatra di campagna e dei primi timidi approcci fino alle nozze. Nozze religiose, anche se Chiara non è battezzata: il Vescovo accetta il suo "sì", perché, sostiene, l'amore vero e incondizionato supera qualsiasi ostacolo procedurale. Chiara confida a Ginevra anche un segreto familiare: il nonno materno, notissimo avvocato, era deceduto per infarto in casa della giovane amante. Una morte inaspettata, disdicevole: sorpresa e rabbia della nonna, ceneri gettate in un canale, una macchia sulla nobiltà del casato.
Ed infine la lettera di Chiara al suo Davide, il compagno fedele, l'uomo che ha ben chiaro il concetto di bene e di male, il medico che per dedicarsi ai suoi piccoli pazienti ha rinunciato ad una carriera più prestigiosa. Il cuore di Chiara si apre, ci sono ferite che ancora sanguinano: l'aborto che aveva affrontato come il male minore dopo una relazione spensierata con Carlo, uno studente che diceva di amarla, è una macchia che a distanza di anni ancora pesa e la induce ad amare riflessioni sui grandi temi della vita e della morte.
Così come l'infamante accusa, infondata, di pedofilia a Davide, che sconvolgerà la vita dei coniugi e li indurrà ad una vita ritirata nel convento benedettino di un lontano parente: qui Chiara ritroverà lentamente la serenità perduta, una spiritualità che si era diluita nel tempo, una specie di rinascita alla vita ed un accostamento alla fede che la convincerà ad accostarsi al battesimo contemporaneamente all'ultimo nato, Elia.
Si può essere d'accordo o in disaccordo con le tematiche e le convinzioni di Susanna Tamaro sui grandi temi affrontati, come quello dell'aborto e dell'accostamento alla fede dopo una vita di convinto agnosticismo. Leggendo le lettere di Chiara non si può comunque non essere attratti da una scrittura ammaliante, che affronta con leggerezza e con sapiente dosaggio di argomenti grandi temi di convivenza generazionale, soprattutto in tempi come gli attuali, dove tecnologia esasperata e miti superficiali ed ossessivi la fanno da padroni.
Si legge la Tamaro come si ascolta una fiaba: trasportati dagli aliti di un vento che fugge dove vuole. Le tre lettere, a ben pensarci, sono tre fiabe, con un unico pressante invito. A "non temere". "Non temere, Ginevra" scrive Chiara alla figlia in un messaggio accorato che non può lasciare indifferente anche chi legge " perché la vita è sempre più grande e più forte dei cupi fantasmi che si aggirano nei nostri cuori e si rinnova con straordinaria creatività quando siamo in grado di tenere viva in noi l'unica fiamma capace di affrontare il dolore del mondo: la fiamma dell'amore".
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Anticonformista, ma non troppo
Seconda parte della readalong dedicata a Susanna Tamaro, potremmo definire "Il vento soffia dove vuole" come il seguito ideale del suo celeberrimo "Va' dove ti porta il cuore". Infatti entrambi i volumi si presentano come degli epistolari, nei quali la voce narrante è quella di una donna non più giovanissima che desidera raccontare la sua esperienza di vita -e fornire qualche consiglio- ai familiari.
In questo caso la protagonista è la professoressa di biologia Chiara che, per la prima volta da anni, si trova a passare le vacanze natalizie a casa da sola. Non è stata però abbandonata dalla sua famiglia, anzi: lei stessa li ha incoraggiati a far visita agli amici e a dedicarsi ai loro hobby; nel mentre, lei si cimenterà nella stesura di tre lettere, da consegnare alle figlie -Alisha e Ginevra- ed al marito Davide. In ogni missiva, la donna ripercorre alcuni episodi del suo passato, svelando segreti e dispensando insegnamenti.
Proprio alcuni di questi insegnamenti rappresentano per me uno degli aspetti meno riusciti del volume; sarà una preferenza personale, ma i messaggi pro-life, le sviolinate al cattolicesimo e la demonizzazione del mondo contemporaneo (con tanto di endorsement ai cambiamenti climatici) mi hanno infastidita parecchio: ho avuto l'impressione che l'autrice ficcasse a forza alcune frasi in bocca alla sua protagonista per veicolare in modo evidente le proprie idee. A questi slogan irritanti si aggiungono le riflessioni nostalgiche di Chiara, indubbiamente utili per inquadrarla in quanto boomer, ma un po' pedanti e ripetitive. Per mio gusto non ho poi apprezzato la motivazione alla base di questo romanzo, nonostante sia gestita meglio rispetto al primo libro; proprio la corrispondenza tra i due mi ha dato la sensazione di una minestrina riscaldata.
Lasciando per un attimo da parte le mie impressioni, ho notato altre problematiche, come i dialoghi: non solo sono molto più presenti rispetto a "Va' dove ti porta il cuore" -rendendo poco credibile la finzione dell'epistolario-, ma si tratta molto spesso di battute artificiose e farcite di retorica, con il risultato di far sembrare i personaggi tutto fuorché spontanei. Non ho trovato per nulla riuscita poi la caratterizzazione di Davide che, a differenza degli altri personaggi, viene descritto in termini tanto idealizzati da renderlo a dir poco inverosimile. Inoltre questo non è un titolo che consiglierei a chi vuole un minimo di trama, perché le svolte in tal senso sono pochissime: ci si limita a seguire le vicende più o meno quotidiane di Chiara e della sua famiglia.
Quindi, per chi sarebbe invece una valida lettura? indubbiamente per i lettori che cercano una prosa sempre curata e ricca di metafore evocative, in questo caso legate soprattutto al mondo della natura. Lo apprezzerà molto anche chi ha un debole per i momenti potenti a livello emotivo, che qui vengono raccontati in modo da rendere decisamente credibile la voce narrante. In generale, è una lettura piacevole e dai toni misurati, che nonostante questa placidità riesce a trasmettere con chiarezza l'affetto profondo ed il legame familiare tra i personaggi.
Personaggi che dimostrano poi delle caratterizzazioni valide e non scontante come ci si potrebbe aspettare, perché più di uno rivela dei tratti imprevedibili. Come voce narrate poi Chiara è nettamente superiore ad Olga, anche soltanto perché cerca attivamente di mostrare empatia nei confronti della sua famiglia e non si limita ad enunciare una scusa dietro l'altra per i suoi errori. Anche se di errori veri e propri è difficile parlare in questa versione parmense della famiglia del Mulino Bianco!