Il trono vuoto
Letteratura italiana
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Bello il libro, bellissimo il film
Enrico Olivieri, segretario del maggior partito d'opposizione, credo il partito socialista, dopo una spiacevole contestazione e conseguente crollo di consensi, si allontana senza dare spiegazioni a parte un misero biglietto, lasciando il suo partito nei guai. Unica soluzione sembra al braccio destro del segretario, il fedele Bottini, sostituirlo con il fratello gemello, brillante filosofo e letterato. Il fratello Giovanni detto Ernani, appena uscito da un manicomio, pare la versione migliore del politico avendo dalla sua una affascinante verve luciferina. Mentre Enrico era di una onestà deprimente, un pessimo comunicatore, l'opposto si può dire del fratello gemello. Brillante, colto, usa le parole per dire e non dire lasciando un velo di sottintesi che prendono all'amo l'interlocutore. Il romanzo ripropone il copione di Oltre il giardino, con il novello Chance che invece che citazioni botaniche fa citazioni letterarie e filosofiche acutissime, che spiazzano l'interlocutore.
A Enrico verrà detto da un esperto di comunicazione :
"Lei è uno dei pochi che abbia cercato di praticare una politica anticomunicativa, e così facendo si è sottoposto a un calvario ulteriore: non solo a quello implicito nella sua parabola di potente, anche a quello di chi da potente vuole disfarsi del carisma."
Credo che Andò abbia voluto accostare la figura del grande politico perdente, Enrico Olivieri appunto, a quella di ALdo Moro, che lui definisce il peggiore comunicatore della storia. Pessimo comunicatore perchè onesto, quindi triste, quindi costretto a togliere illusioni alla gente che chiede alla politica nuove illusioni.
"Noi uomini politici di un’epoca post-politica siamo solo capaci di amministrare l’esiguità di un margine talmente stretto da somigliare al nulla. Adeguandosi a questo nulla, la sinistra ha perso la propria anima e ha consegnato il nostro paese alla morte. La nostra politica coincide con la necrologia delle illusioni che muovono il mondo.
La fuga di Enrico nasce dalla presa di coscienza di non avere più nulla da dare, e forse dalla sfiducia anche propria nella politica. Non per niente a fine romanzo dirà a Bottini che nemmeno lui crede in niente avendo affidato il partito a un pazzo.
“Come un estraneo sono comparso / come un estraneo me ne vado. / Scacciatemi pure, o cani che vegliate / non fate ch’io riposi nella pace notturna! /Io ho finito di sognare: / Che ci sto a fare fra coloro che dormono?”
Il libro è bello, ma il film è mille volte più bello. Si vede che Andò è un regista perchè riesce tramite il film a esprimersi al meglio anche attraverso gli sguardi, i sorrisi e i silenzi. Tra l'altro il finale del film è meraviglioso, grazie al sorriso enigmatico del bravissimo Toni Servillo. Il finale del film rimanda alla frase citata da Ernani:
"È la mia questa figura di spalle che se ne va nella pioggia?"